Stato-mafia: Gioacchino La Barbera e quella trattativa parallela

Palermo. In una terra che vive di segnali l’udienza di oggi al processo sulla trattativa Stato-mafia inizia proprio con un segnale preciso: quello di uno Stato che pretende rispetto. Anche da parte del più efferato boss di Cosa Nostra i cui proclami di morte sono da alcuni giorni sotto gli occhi di tutti. E’ lo stesso presidente della Corte di Assise a rivolgersi a Totò Riina. Nel collegarsi in videoconferenza con la saletta del carcere di Opera (Mi) Alfredo Montalto nota che il capo di Cosa Nostra ha un cappello in testa. Il magistrato gli ricorda che quella saletta rappresenta di fatto un’aula di giustizia e che quindi, in segno di rispetto, il cappello deve essere tolto. Riina esegue senza battere ciglio.

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Borsellino Quater, Candura racconta il depistaggio

Tutte ebbe inizio i primi giorni del settembre 1992. Salvatore Candura, ladro d’auto, venne arrestato con Luciano e Roberto Valenti per rapina e violenza sessuale. Pochi giorni dopo l’arresto cominciò a parlare del furto della Fiat 126, utilizzata come autobomba per l’attentato di via D’Amelio, “commesso su incarico di Vincenzo Scarantino che gli aveva promesso un compenso di 500.000 lire” dando di fatto vita al colossale depistaggio sulla strage. U

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“Non dimenticate il sacrificio di Nino e Ida. Insieme nessuno ci può piegare”

Ventiquattro anni fa a Villagrazia di Carini un gruppo di sicari in motocicletta sparò contro l’agente di Polizia Antonino Agostino e sua moglie Ida Castelluccio, incinta di pochi mesi. Nino, così conosciuto da tutti, era all’apparenza un semplice poliziotto della Questura di Palermo. In realtà insieme all’agente Emanuele Piazza lavorava sotto copertura in alcune operazioni dei servizi di sicurezza

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