Il boss e le minacce

Ripetere per l’ennesima volta che viviamo in uno strano paese è ancora troppo poco. Una sorta di grande eufemismo adatto a orecchie timorose e disabituate all’asprezza del nostro presente e a quello che vediamo ogni giorno intorno agli ultimi arresti di mafiosi (come l’imprenditore calabrese Pasquale Capano, ma residente a Roma, che ha lasciato scritto nel suo computer sequestrato dagli inquirenti durante il suo arresto che “la ‘ndrangheta, in cui è stato iniziato con regolare cerimonia segreta, è una scelta di vita, non solo un’opportunità di affari”)

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In ricordo di Giuseppe Fava

Non ebbi modo di conoscere Giuseppe Fava. Ma il suo libro, “I Siciliani”, rappresentò per me, che iniziavo a intraprendere l’attività giornalistica, un testo guida che lessi e rilessi più volte, affascinato dalla capacità di una denuncia sociale e politica che andava di pari passo con l’alto profilo letterario presente in ogni pagina. Quel libro, andrebbe riletto. Non si era ancora scatenata l’escalation di sangue, l’aggressione agli uomini simbolo (magistrati, poliziotti, carabinieri, giornalisti, uomini politici e imprenditori), che per la prima volta, dopo oltre un secolo, rompevano con omertà e convivenza.

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