Le false promesse del riciclo chimico dei rifiuti di plastica

Il caso degli 11 impianti Usa. Appello all’IPEN Unep: ridurre la produzione di plastica e basta riciclaggio tossico

Beyond Plastics e International Pollutants Elimination Network (IPEN), due organizzazioni impegnate nella lotta all’inquinamento da plastica, hanno pubblicato lo studio “Chemical Recycling: A Dangerous Deception”, che definiscono «Un esame critico della lunga storia di fallimenti del riciclo chimico dei rifiuti di plastica e delle minacce che pone ad ambiente. ambiente, salute umana e giustizia ambientale». Il rapporto, finanziato dalla campagna Beyond Petrochemicals, arriva a pochi giorni dalla terza sessione dell’Intergovernmental Negotiating Committee (INC-3)  che si terrà dal 13 al 19 novembre al quartier generale dell’United Nations environment programme (Unep) di Nairobi, in Kenya, e che dovrebbe sviluppare un accordo globale giuridicamente contro l’inquinamento da plastica, compreso quello marino.

Secondo l’Unep,  meno del 10% dei 7 miliardi di tonnellate di rifiuti di plastica prodotte dagli esseri umani sono state riciclate e i dati disponibili dell’Environmental Protection Agency (EPA) dimostrano che mentre gli Usa nel 2018 producevano 35,7 milioni di tonnellate di plastica, ne riciclavano solo 3 milioni di tonnellate, l’’8,7%, sono state riciclate. Altri rapporti, come quello del  2022 di Beyond Plastics , hanno rilevato che il tasso di riciclaggio della plastica negli Usa si ferma addirittura al 5 –  6%.

Beyond Plastics e IPEN ricordano che «Il riciclaggio chimico, o ciò che l’industria della plastica spesso chiama “riciclaggio avanzato”, si riferisce a una serie di tecnologie e processi che tentano di fondere e far bollire i rifiuti di plastica fino a ridurli in gas, sostanze chimiche, oli, catrami e cere, creando inevitabilmente sostanze tossiche. Raramente riesce a trasformare la vecchia plastica in nuova plastica».

Mentre l’industria promuove il riciclaggio chimico come soluzione alla crisi della plastica, il rapporto rileva che «E’ un inganno pericoloso per risolvere il problema dei rifiuti di plastica poiché è inefficiente, ad alta intensità energetica e contribuisce al cambiamento climatico, Solo 11 impianti di riciclaggio chimico sono stati costruiti negli Stati Uniti e, nel loro insieme, trasformano solo una piccola frazione dei rifiuti plastici della nazione (meno dell’1,3%, ndr) per lo più trasformandoli in combustibili». Il rapporto include profili dettagliati di queste 11 impianti, evidenziandone «La mancanza di progressi, i rischi per i lavoratori e le comunità, il contributo al razzismo ambientale e i finanziamenti».

Judith Enck, presidente di Beyond Plastics ed ex amministratrice regionale dell’EPA, sottolinea che «Per molte delle stesse ragioni per cui il riciclaggio tradizionale della plastica è stato un disastroso fallimento, anche il riciclaggio chimico ha fallito per decenni. I rifiuti di plastica sono costosi da raccogliere, smistare e pulire e la loro varietà di prodotti chimici, colori e polimeri diversi rende intrinsecamente troppo difficile trasformarli in nuovi prodotti di plastica. Questo rapporto rivela la verità nascosta dietro la fuorviante campagna di marketing dell’industria della plastica e dei combustibili fossili: il riciclaggio chimico non è una novità, non ha funzionato per decenni e le poche strutture in funzione stanno danneggiando il pianeta e le persone, in particolare quelle delle comunità a basso reddito e delle comunità di colore. Anche se tutti gli 11 impianti Usa funzionassero a pieno regime, gestirebbero meno dell’1,3% dei rifiuti di plastica statunitensi. Il riciclaggio chimico non è altro che un’altra trovata di pubbliche relazioni dell’industria per distrarre l’opinione pubblica e dissuadere i politici dal fare l’unica cosa che può realisticamente frenare la crisi dell’inquinamento da plastica: ridurre la produzione di plastica».

I risultati del rapporto, che include una prefazione di Lewis Freeman, che tra il 1979 e il 2001è stato vicepresidente per gli affari governativi della Society of the Plastics Industry, rivelano che, «Oltre a decenni di fallimenti, il riciclaggio chimico produce grandi quantità di rifiuti pericolosi, rilascia inquinamento atmosferico tossico, minaccia la giustizia ambientale e contribuisce al cambiamento climatico».

Il principale autore del rapporto, Lee Bell, consulente politico scientifico dell’IPEN, ribadisce che «Il riciclaggio chimico ha fallito per decenni, continua a fallire, e non ci sono prove che possa contribuire a risolvere la crisi dell’inquinamento da plastica. Le sostanze chimiche presenti nella plastica la rendono intrinsecamente incompatibile con un’economia circolare. Si utilizza l’energia dei combustibili fossili per riscaldare e sciogliere queste plastiche e depolimerizzarle e poi, petrolchimica alla fine del processo, si crea un combustibile a base che brucerà. E’ un procedimento incredibilmente inefficiente e inquinante e diventa una giostra petrolchimica. Dobbiamo ridurre drasticamente la produzione di plastica e innovare per ottenere materiali più sicuri e privi di sostanze tossiche, non più false promesse industriali».

La pubblicazione del rapporto arriva mentre alcuni Stati Usa stanno adottando leggi che riducono le norme ambientali e di sicurezza per gli impianti di riciclaggio chimico dopo le forti pressioni delle industrie della plastica e petrolchimiche. 24 Stati Usa hanno attualmente adottato politiche di deregulation in questo settore.

Bell sostiene che «In tal modo, i legislatori statali stanno in realtà declassando i controlli normativi sull’industria del riciclaggio chimico, in particolare sul livello di controllo delle emissioni e dei rifiuti pericolosi».

Riconoscendo le potenziali insidie ​​del riciclaggio chimico, in un rapporto pubblicato a luglio, la Commissione per gli stanziamenti della Camera degli Stati Uniti “incoraggia” l’EPA a mantenere la regolamentazione delle tecnologie di riciclaggio chimico come unità di combustione dei rifiuti urbani ai sensi del Clean Air Act.

La Enck  ha detto a Environmental Health News: «Vogliamo che i legislatori statali riconoscano le carenze e non deregolamentino  queste strutture» e, pensando all’INC-3 Unep, ha sottolineato: «Questo è il rapporto perfetto da leggere per i delegati sull’aereo. Attualmente, la bozza del trattato non consente il riciclaggio chimico, ma sappiamo che l’industria chimica e della plastica sta lavorando duramente per cambiare questa situazione».

Una delle autrici del rapporto, Jennifer Congdon, vicedirettrice di Beyond Plastics, denuncia che «Il panorama del riciclaggio chimico negli Stati Uniti è disseminato di fallimenti e inquinamento. Molti impianti statunitensi sono registrati presso la Environmental Protection Agency usa come produttori di rifiuti pericolosi e la maggior parte si trova in comunità di colore, comunità a basso reddito o in entrambe».

Heather McTeer Toney, direttrice esecutiva di Beyond Petrochemicals, aggiunge: «L’inquinamento petrolchimico, con qualsiasi altro nome, è pur sempre inquinamento petrolchimico. Il riciclo chimico non riguarda solo il petrolio; è olio di serpente. Non funziona e di fatto danneggia le comunità che già affrontano l’inquinamento provocato dagli impianti di produzione di plastica e prodotti petrolchimici. Questo rapporto chiarisce che il riciclaggio chimico è solo un nome carino per espandere l’industria petrolchimica. Non possiamo permettere che questa industria la faccia franca con questo inganno».

Il rapporto si conclude con 10 raccomandazioni: 1 Dichiarare una moratoria nazionale sui nuovi impianti di riciclaggio chimico. 2 Richiedere analisi e test approfonditi sulle emissioni tossiche, sui rilasci, sui residui di rifiuti, sulle acque reflue, sui livelli di contaminazione in uscita e sui rischi di incendio ed esplosione degli impianti di riciclaggio chimico esistenti. 3 Negare l’approvazione o il permesso degli impianti di riciclaggio chimico se i rischi derivanti dalle loro emissioni o dai loro prodotti (ad esempio, i carburanti) superano un eccesso di rischio di cancro pubblico di uno su 1 milione. 4 Obbligare test sugli oli e altri prodotti del riciclaggio chimico prima che possano essere utilizzati come carburante o materia prima per la plastica, per prevenire una diffusa contaminazione dei prodotti e l’esposizione umana a rischi tossici inaccettabili. 5 Porre fine a tutti gli incentivi federali, statali e locali per la creazione di impianti di riciclaggio chimico, compresi fondi pubblici, sussidi, agevolazioni fiscali, obbligazioni di investimento, crediti di carbonio, crediti di discarica e altri programmi. 6 Fine dell’ubicazione degli impianti di riciclaggio chimico nelle comunità di giustizia ambientale. 7 Proibire i progetti “plastic-to-fuel”, che ricreano (invece di sostituire) i combustibili fossili che rappresentano pericoli per il clima e l’ambiente. 8 Attuare il principio “chi inquina paga” e garantire che l’industria petrolchimica si faccia carico di tutti i rischi finanziari legati al riciclaggio dei prodotti chimici e alla produzione, utilizzo e smaltimento della plastica. 9 Proibire il riciclaggio chimico sotto qualsiasi forma per conteggiare gli obiettivi di riciclaggio o gli obiettivi di contenuto riciclato in qualsiasi politica o programma pubblico, inclusi ma non limitati ai programmi di responsabilità estesa del produttore (EPR). 10 Proibire l’uso della contabilità del bilancio di massa ad assegnazione gratuita per determinare il contenuto riciclato dei prodotti che incorporano risultati del riciclo chimico.

fonte: greenreport.it