L’80% dei rifiuti inerti viene avviato a riciclo, ma solo metà torna davvero sul mercato

Anpar e Nadeco: «Se non se ne incentiva l’impiego, anche nelle opere Pnrr, si rischia di bloccare l’intera filiera delle costruzioni»

di
Luca Aterini

Con 78,7 mln t/a i rifiuti da costruzione e demolizione rappresentano il flusso in assoluto maggioritario dei rifiuti generati annualmente nel nostro Paese, anche se la loro gestione sembra molto virtuosa: secondo i dati Ispra ben l’80,1% viene riciclato, ben oltre la soglia minima del 70% richiesta dall’Ue.

Da tempo però Legambiente denuncia che tale dato «indica solamente che questi rifiuti sono passati, e quindi sono stati registrati, in un apposito impianto. Si tratta quindi di materiali recuperati ma poi stoccati senza alcun reimpiego effettivo». Una realtà messa oggi in luce anche dalle aziende di settore.

Nell’ambito di un convegno promosso oggi a Roma da Anpar (Associazione nazionale produttori di aggregati riciclati) e Nadeco (Associazione nazionale demolizione ed economia circolare per le costruzioni), è emerso infatti che solo «poco più della metà dei rifiuti riciclati oggi viene effettivamente utilizzato, il resto è inutilizzato nei piazzali di molti impianti, ormai saturi».

Un dato particolarmente evidente nelle aree del centro Italia in cui si sta affrontando la complessa ricostruzione post terremoto, e che rappresenta il più grande cantiere d’Europa.

«Oggi non è possibile parlare di sostenibilità delle opere se nella progettazione e realizzazione si prescinde dall’uso prioritario degli aggregati riciclati – spiega Paolo Barberi, presidente Anpar – Tale uso infatti consente di evitare che si facciano nuove ferite sul territorio attraverso l’uso di materiali inerti provenienti da attività estrattive e contemporaneamente permette di riciclare significativi quantitativi di rifiuti che altrimenti finirebbero in discarica».

La causa principale di questo stallo sta nella «diffidenza ancora diffusa da parte delle stazioni appaltanti pubbliche» verso i materiali riciclati, nonostante possano essere utilmente re-impiegati soprattutto nei lavori stradali, in quelli ferroviari e portuali o aereoportuali; lo stesso Pnrr prevede risorse per incentivare l’impiego di aggregati riciclati al posto di materie prime vergini, in primis per la realizzazione degli strati di fondazione e per i sottofondi o rilevati stradali.

«Per questo – aggiunge Barberi – chiediamo al Governo di dettare linee guida destinate alle maggiori stazioni appaltanti pubbliche beneficiarie dei fondi del Pnrr (in particolare il gruppo Ferrovie) che incentivino l’utilizzo di questi materiali attraverso l’adozione di nuovo capitolati di appalto».

Paradossalmente, ad oggi molti impianti di riciclo sono invece ormai saturi avendo raggiunto i limiti di stoccaggio di questi materiali; il rischio è quello di far saltare non soltanto l’economia circolare, ma l’intera filiera.

«Se non si incentiva l’impiego di questi prodott, anche nella realizzazione delle opere previste dal Pnrr, si rischia di bloccare l’intera filiera delle costruzioni», evidenziano nel merito le associazioni. Una volta che saranno impossibili i conferimenti dei materiali provenienti dalle demolizioni, infatti, lo stallo sarà totale.

Intanto il settore attende possibili benefici, nei prossimi mesi, dal nuovo Regolamento (Dm 152/22) sull’End of waste di questi rifiuti. Anche in questo caso si tratta di un provvedimento dalla storia molto travagliata; pubblicato in Gazzetta ufficiale un anno fa dopo una lunghissima attesa, nella prima versione il decreto rischiava di essere una cura peggiore del male.

«Le nostre associazioni hanno fatto molto – dichiara nel merito Giuseppe Panseri, presidente Nadeco –  impegnandosi per due anni in un colloquio con i tecnici e le istituzioni, per sottolineare le criticità del decreto per com’è stato proposto inizialmente, e per individuare insieme soluzioni atte a preservare la possibilità di reimmettere nel ciclo produttivo la maggior quantità possibile di aggregati recuperati operando, così, una vera economia circolare. Siamo felici di aver trovato nel Governo un ascoltatore attento e aperto ai suggerimenti: importanti traguardi sono già stati raggiunti, ma possiamo e dobbiamo lavorare e migliorare ancora».

Nel merito filtra ottimismo dalla viceministra all’Ambiente, Vannia Gava: «Il decreto giunge all’esito di una lunga fase di ascolto degli stakeholder e di monitoraggio delle criticità. Le nuove disposizioni allargano il campo di applicazione delle norme e semplificano gli adempimenti in capo agli operatori nell’ottica di un più ampio e migliore utilizzo dell’aggregato, sempre salvaguardando le esigenze ambientali e di tutela della salute».

fonte: greenreport.it