L’eolico offshore galleggiante in Italia può valere 1,3 mln di posti di lavoro, ma è ancora fermo

Ambrosetti: «Può essere la chiave per accelerare la transizione verde, grazie al potenziale energetico e ai limitati impatti ambientali e sociali»

L’Italia ha circa 8.300 km di coste, ma al largo delle sue sponde ci sono appena 10 pale eoliche in esercizio: installate di fronte al porto di Taranto dopo un iter autorizzativo lungo 14 anni, valgono 30 MW. Quanto basta per dare elettricità a 60mila persone.

Ma questa è solo una goccia nell’oceano di energia rinnovabile che il Paese potrebbe ricavare dall’eolico offshore, anche solo concentrandosi sugli impianti floating: ovvero quelli non radicati sul fondale marino ma composti da una struttura galleggiante, attraccata al fondale tramite un sistema di ancoraggio e cavi, in modo da ridurre al minimo l’impatto ambientale.

Diffondere l’impiego di questa tecnologia è l’obiettivo della Floating offshore wind community, un progetto creato da The European House – Ambrosetti insieme a Renantis, BlueFloat Energy, Fincantieri ed Acciaierie d’Italia (ex Ilva), e presentato oggi a Cernobbio.

«L’eolico offshore galleggiante – spiega Valerio De Molli, ad di Ambrosetti – può essere la chiave per accelerare la transizione verde, grazie al potenziale energetico e ai limitati impatti ambientali e sociali, nonché alle ricadute positive sulla filiera industriale italiana».

Basti osservare che il potenziale dell’eolico offshore galleggiante viene stimato, per il nostro Paese, in 207,3 GW: si parla di una potenza in grado di generare elettricità per 540,8 TWh/anno, ovvero 1,7 volte l’intera domanda elettrica nazionale.

Impianti da installare dove? Tra le aree del Paese con maggiore potenzialità di sviluppo di questa tecnologia si evidenziano la Sardegna, la Sicilia e la Puglia.

Eppure in Italia l’obiettivo vigente al 2030 per l’eolico offshore (galleggiante o meno) si ferma ad appena 2,1 GW, quando invece la Germania punta a 30 GW, il Regno Unito a 50 GW e la Cina a 60 GW.

Mantenere un target così piccolo significherebbe rinunciare a quasi tutte le ricadute socioeconomiche che la filiera dell’eolico offshore galleggiante potrebbe garantire: da Ambrosetti stimano infatti che la produzione di settore attiverebbe «alcuni settori chiave per l’Italia, in particolare quello dei prodotti metallici, dei materiali da costruzione, della meccanica avanzata, delle naval-meccanica e delle attrezzature elettriche, per un totale di 255,6 miliardi di Euro (2° Paese in Ue dietro alla Germania) e 1,3 milioni di occupati».

Già oggi il tessuto industriale italiano è dotato di importanti leve per favorire la diffusione dell’eolico galleggiante. Da Ambrosetti sottolineano la presenza di alcuni tra i più importanti impianti di produzione di acciaio dell’Ue, così come una posizione di leadership nella produzione di navi (per installare, rendere operative e mantenere le turbine galleggianti, sono infatti necessarie navi di supporto specifiche).

Tra le infrastrutture da migliorare ci sono invece quelle dei porti: è qui infatti che viene svolta la maggior parte delle attività di assemblaggio, installazione e messa in funzione delle turbine galleggianti, ma al momento in Italia non esistono porti con i requisiti per sviluppare un progetto di eolico offshore di questo tipo e «sono necessari centinaia di milioni di euro per adeguare le attuali infrastrutture».

Come migliorare? «Anzitutto – riassumono da Ambrosetti – manca l’individuazione di un obiettivo ambizioso, che dovrebbe essere pari ad almeno 20 GW al 2050, che incentivi gli investitori nello sviluppo di questi progetti. In Italia manca, inoltre, una pianificazione strategica dello spazio marittimo: coerentemente con l’obiettivo di 20 GW al 2050, essa deve identificare, soprattutto nei mari di Sicilia, Sardegna e Puglia, aree che per numero e dimensioni permettano questi sviluppi. Un’ulteriore sfida è quella di efficientare gli iter autorizzativi – ad oggi, i progetti di eolico offshore richiedono tempistiche lunghe, includendo le attività organizzative legate alla filiera e al sito costruttivo. È inoltre auspicabile definire sistemi incentivanti a livello Paese che permettano uno sviluppo concorrenziale dell’eolico galleggiante, oltre ai necessari interventi per ampliare la capacità di rete a livello Paese».

fonte. greenreport.it