Alpi, dopo 7.000 anni torna a ritirarsi il ghiacciaio più elevato dell’Alto Adige

Nel ghiaccio i ricercatori hanno trovato anche tracce radioattive in arrivo da Fukushima

ghiacciaio alpi monte ortles

Il ghiacciaio più elevato dell’Alto Adige, quello sul Monte Ortles – a 3.905 m, sulle Alpi orientali – è stato scosso dal suo lungo sonno dai cambiamenti climatici. Il ghiaccio più profondo e antico ha cominciato a muoversi per la prima volta dai tempi dell’Uomo del Similaun (la cui mummia rimase sepolta nel ghiaccio fino all’estate del 1991). Ovvero da 7.000 anni, come documenta uno studio appena pubblicato su ‘The Cryosphere’.

Un team internazionale di glaciologi guidati dall’Università dell’Ohio, col supporto logistico della Provincia Autonoma di Bolzano e la partecipazione diretta di ricercatori dell’Idpa-Cnr, estraendo carote di ghiaccio in loco, ha documentato infatti come il ghiacciaio del Monte Ortles abbia cominciato una fase di accelerazione del movimento che non avrebbe precedenti nel periodo osservato. osservato. Le prove – spiegano dal Cnr – vengono dagli strati più profondi.

Una rapida fusione dei ghiacci che è direttamente connessa con il riscaldamento globale in corso. «I ghiacciai alpini si stanno ritirando velocemente a causa dell’intensa fusione legata al riscaldamento atmosferico – dichiara Paolo Gabrielli, ricercatore presso il Byrd Polar and Climate Research Center dell’Università dell’Ohio e responsabile dello studio – I nostri risultati hanno messo in luce l’azione di un nuovo processo che potrebbe accelerare il flusso dei ghiacciai alpini anche alle quote più elevate, contribuendo a velocizzarne il ritiro. Con le carote di ghiaccio dell’Ortles potremo verificare precisamente come i cambiamenti ambientali in atto a livello regionale interagiscono con quelli climatici a livello globale».

Un’analisi che sta portando a non poche sorprese: tra le informazioni custodite nel ghiaccio i ricercatori hanno identificato ad esempio – sottolineano dal Cnr – il segnale delle deposizioni atmosferiche radioattive derivanti dall’incidente avvenuto presso la centrale nucleare di Fukushima, in Giappone nel marzo 2011, solo pochi mesi prima delle operazioni di perforazione sull’Ortles.

fonte: greenreport.it