Napolitano e la lettera al Csm con la Procura di Palermo nel mirino


di Aaron Pettinari

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A colpi di “ordini” scritti. Così il Capo dello Stato comunica con il Csm, di cui è presidente, se si parla di giustizia e affini. Lo aveva già fatto in occasione della questione dello scontro interno alla Procura di Milano tra Bruti Liberati e Robledo, che di fatto ha portato al rinvio sulla decisione delle sanzioni disciplinari ai due contendenti, ed ora si è ripetuto in occasione della nomina del nuovo Procuratore capo di Palermo. Un’azione, che al momento, “non s’ha da fare”. 
Nella missiva, inviata dal segretario generale Marra, il capo dello Stato ha richiamato i consiglieri a ricoprire “in via prioritaria” gli incarichi ai vertici degli uffici giudiziari che da più tempo sono rimasti senza titolare e a seguire il criterio cronologico, a maggior ragione ora che i consiglieri stanno lasciando per scadenza del loro mandato, anche per “evitare scelte riferibili a una composizione del Csm diversa da quella del Consiglio che sta per insediarsi”. E nell’elenco stilato manca proprio la Procura di Palermo che, a partire dal prossimo 31 agosto, vedrà l’addio di Francesco Messineo, ormai prossimo alla pensione, il cui ruolo nell’esercizio delle funzioni sarà temporaneamente colmato dal vicario Leonardo Agueci (il procuratore aggiunto più anziano, ndr).

Un fatto grave se si considera che la procura di Palermo è da sempre uno degli uffici più delicati d’Italia non solo in seno al contrasto contro la mafia militare ma anche in virtù delle importantissime indagini che riguardano i livelli più alti, dal settore politico a quello imprenditoriale. 
All’interno del plenum del Csm è subito scoppiata la polemica. Addirittura c’è chi, come il togato di Magistratura Indipendente, Antonello Racanelli, ha parlato di “dimostrazione, ancora una volta, che siamo un Csm sotto tutela: nessuno ha indicato i posti ancora vacanti quando votammo i capi delle Procure di Firenze, Torino e Bari”. E sulla necessità di andare avanti con la nomuna sono anche il togato indipendente Paolo Corder e quello di Unicost Mariano Sciacca.
Il sospetto che si tratti dell’ennesima ingerenza da parte del Presidente della Repubblica in materia di giustizia è più che evidente dopo che ieri non era passata nella Commissione per gli incarichi direttivi la linea di occuparsi sia delle nomine indicate nella lettera di Napolitano sia di quelle successive per le quali le candidature sono già state approvate e motivate, come nel caso di Palermo; con il conseguente mancato invio al ministro della Giustizia delle tre proposte alternative per la procura siciliana già votate, Guido Lo Forte, (oggi procuratore a Messina) con 3 preferenze, Sergio Lari (Procuatore capo a Caltanissetta) con una preferenza e Francesco Lo Voi (Eurojust) con una preferenza.
 Ed inutili appaiono le giustificazioni del vicepresidente del Csm Michele Vietti che ha girato la lettera di Napolitano al presidente della quinta commissione Roberto Rossi. 
In ballo ci sono diversi aspetti e il rischio che dopo questa manovra Lo Forte possa perdere il proprio vantaggio è possibile in virtù dei futuri nuovi equilibri interni al Csm. 
Nel prossimo Consiglio superiore della magistratura, di cui sono stati eletti già i togati perché il Parlamento è in panne sui laici, la sinistra avrebbe un predominio maggiore, garantito dai 7 togati di Area (oggi 6), che sostiene Lari, potrebbe allearsi con i Pd che avrebbero 4 su 8 rappresentanti. E lo stesso crescerebbero le possibilità di Lo Voi che potrebbe essere sostenuto da Mi pronta a passare da 3 a quattro unità. Ma come mai l’intervento di Napolitano, prossimo testimone al processo sulla trattativa Stato-mafia a Palermo, interviene con un’azione tanto anomala solo ora? Forse non gradisce Lo Forte? Forse si tratta di un’azione volta a dare un proprio indirizzo proprio alla luce della richiesta avanzata dalla Procura per l’audizione tra settembre ed ottobre prossimi?
Forse si tratta di una risposta alla dichiarazione resa in via d’Amelio dal sostituto procuratore Antonino Di Matteo (“Non si può assistere in silenzio all’ormai evidente tentativo di trasformare il Magistrato Inquirente in un semplice burocrate inesorabilmente sottoposto alla volontà, quando non anche all’arbitrio, del proprio capo; di quei Dirigenti degli Uffici sempre più spesso nominati da un C.S.M. che rischia di essere schiacciato e condizionato nelle sue scelte di autogoverno dalle pretese correntizie e politiche e da indicazioni sempre più stringenti del suo Presidente”)? Del resto non è la prima volta che Napolitano si inserisce con prepotenza, facendo sentire tutto il proprio “peso  istituzionale”, su questioni inerenti la giustizia e le tempistiche lasciano più di un dubbio. Lo ha già fatto in passato con il conflitto di attribuzione sollevato contro la Procura di Palermo poi risolto con l’eliminazione delle intercettazioni registrate in merito al colloquio tra lo stesso Capo dello Stato e l’allora indagato (oggi imputato) ex senatore Mancino. Ancora prima lo aveva fatto stimolando l’intervento alla Procura generale della Cassazione affinché intervenisse su un mancato coordinamento tra le Procure di Palermo e Caltanissetta (in realtà inesistente, ndr). Ed infine si è ripetuto nell’ultimo anno con i ripetuti tentativi per evitare la deposizione di fronte alla corte d’Assise di Palermo sul contenuto dei colloqui avuti con il consigliere giuridico Loris D’Ambrosio. Questo nuovo intervento contro la Procura di Palermo è davvero l’ultima goccia che fa traboccare il vaso di un Presidente che dovrebbe essere al di sopra delle parti ma che, è più che mai evidente, la propria parte l’ha già scelta da tempo.

Fonte:Antimafiaduemila