Marcello dell’Utri: 30 anni al servizio di Cosa Nostra

di Lorenzo Baldo – 18 gennaio 2013

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Palermo. “Avuto riguardo alla gravità dei fatti contestati all’imputato, al grave pregiudizio arrecato all’ordine pubblico, alla vita economica e politica del Paese, alla permanenza del reato, protrattosi per oltre 30 anni, la pena da infliggere all’imputato sarebbe ben più pesante di quella che, per effetto del vigente generale principio del divieto della reformatio in peius anche in sede di rinvio, ci vediamo costretti a chiedere di confermare. Voglia quindi l’On. Corte di Appello, seppure alla luce del percorso argomentativo esplicitato da questo P.G., affermare la penale responsabilità dell’imputato e confermare le pene principali ed accessorie inflitte all’imputato con la sentenza di condanna della Corte di Appello di Palermo del 29 giugno 2010”. Nella seconda parte della sua requisitoria il sostituto procuratore generale Luigi Patronaggio ha chiesto alla Corte presieduta da Raimondo Lo Forti di confermare per Marcello Dell’Utri la condanna a 7 anni di carcere per concorso esterno in associazione mafiosa. “Io non ricordo nessun concorrente esterno con 30 anni di rapporti con Cosa Nostra!” ha esclamato Patronaggio. “La prova che abbiamo offerto in ordine al primo quesito posto dalla Suprema Corte, in riferimento al periodo ‘78/’82 – ha specificato il sostituto procuratore generale nella memoria riassuntiva –, non poteva che essere quella avente ad oggetto la continuità dei rapporti fra l’imputato e il duo Bontade-Teresi, rapporti coltivati con il dichiarato fine di proteggere i familiari e le attività economiche di Silvio Berlusconi, da un lato, e dall’altro, di permettere a Cosa Nostra ragguardevoli guadagni, costituiti dalle ‘regalie’ per la protezione, elargiti generosamente da Silvio Berlusconi nonché di permettere alla stessa organizzazione di rafforzarsi sulla piazza milanese, di intrecciare rapporti con il mondo della finanza e dell’imprenditoria anche al fine di riciclare  e reinvestire gli enormi profitti derivanti dalla imponente attività di traffico internazionale di sostanze stupefacenti che, in quegli anni, quella organizzazione svolgeva fra il Medio Oriente, l’Europa e gli Stati Uniti”. Il pg ha evidenziato come Marcello Dell’Utri nel periodo ‘78/’82 nel quale lavorava per l’imprenditore Filippo Alberto Rapisarda “continuava ad intrattenere rapporti con Teresi e Bontade per affari di vario tipo, anche illeciti, quali quelli legati al reimpiego di capitali mafiosi”.  Allo stesso modo sono stati menzionati i rapporti tra Dell’Utri, Gaetano Cinà e Vittorio Mangano legati da una “comunanza di interessi mafiosi”. Patronaggio ha illustrato come fosse totalmente “errata” la ricostruzione fatta dai giudici della precedente sezione di Appello che circoscriveva la condotta dell’imputato ad un “concorso in estorsione”, addirittura ad una mediazione “lecita” fra la richiesta estorsiva di Cosa Nostra e la “persona offesa Silvio Berlusconi”. A dir poco un ossimoro. Il pg ha ribadito come invece Dell’Utri ha assunto “di propria iniziativa, coscientemente e consapevolmente, una posizione di mediazione di garanzia fra Silvio Berlusconi e Cosa Nostra”. Secondo la ricostruzione di Patronaggio l’imputato “ha permesso a Cosa Nostra, di cui ha condiviso il metodo mafioso e le finalità criminali, di mettere Silvio Berlusconi sotto la protezione e il controllo di Cosa Nostra”. Per quanto riguarda la posizione di “garanzia” il pg ha sottolineato che lo stesso Berlusconi “sapeva” che per ogni problema relativo ai rapporti con Cosa Nostra “poteva fare affidamento all’imputato Dell’Utri come è avvenuto, non solo per le minacce subite nel ’74, ma anche in relazione all’attentato del 1975, con riferimento all’attentato del 1986, alle rinnovate pressioni di Cosa Nostra nel 1988” e, a parere di Patronaggio, anche con riferimento agli attentati alla Standa di Catania del 1990. “Il rapporto tra Dell’Utri e Costa Nostra – ha ribadito il pg – non solo non si è mai interrotto, ma è stato la continuazione dell’adempimento di quello scellerato patto concluso nel ’74 e rinnovato nell’88 ad opera di Salvatore Riina”. Il sostituto procuratore generale ha illustrato minuziosamente come i boss mafiosi Giovanni Battista e Ignazio Pullarà della famiglia di Villagrazia, mandamento di Santa Maria di Gesù (lo stesso di Bontade e Teresi), fossero stati i referenti di Dell’Utri fino al 1986, dopodichè quel ruolo era stato preso da Totò Riina. Che, a partire dalla fine dell’86, “volle prendere in mano quella situazione, anche per finalità ‘politiche’, in relazione alla notoria amicizia che legava Berlusconi al Presidente Craxi”. Per Patronaggio è stato ugualmente provato che Dell’Utri “sollecitando l’amico e coimputato Cinà, riscriveva i termini dell’accordo con Cosa Nostra, facendo pagare qualcosa in più in termini economici all’amico imprenditore ma rilanciando, anche sotto il profilo dello scambio politico-mafioso, un patto ancora più forte con Cosa Nostra”.
Lo stesso Gaetano Cinà nel Natale del 1986 aveva mandato direttamente a Berlusconi una cassata di oltre undici chili, da guinness dei primati, con la scritta “Canale 5”. Di seguito il pg ha rimarcato la gravità dei contatti tra Dell’Utri e Cosa Nostra dopo il 1992. Per Patronaggio al di là dell’assoluzione per la condotta post ’92 (nello specifico dall’accusa di avere stipulato un patto di scambio politico-mafioso con Cosa Nostra) “è pur vero che quei contatti sono indice non solo di un più che trentennale rapporto tra l’imputato e Cosa Nostra ma sono altresì prova che la sua posizione nei confronti di Cosa Nostra – da cui l’imputato non ha mai pubblicamente, neppure sotto un profilo meramente culturale, preso le distanze – non è mai stata quella della vittima”. Il pg ha sottolineato il rapporto tra Dell’Utri e Vittorio Mangano dopo la scarcerazione di quest’ultimo e il suo nuovo ruolo di reggente nella famiglia mafiosa di Porta Nuova su precisa indicazione di Leoluca Bagarella e Giovanni Brusca “con lo specifico mandato di ‘agganciare’ Berlusconi anch’egli nella nuova veste di uomo politico”. “Come ignorare i provati incontri fra l’imputato e Vittorio Mangano alla vigilia delle elezioni del 1994 – si è chiesto Patronaggio –. Ed ancora, come ignorare le pesantissime indicazioni del collaboratore di giustizia Spatuzza Gaspare  circa i rapporti fra l’imputato e i temibilissimi fratelli Graviano alla vigilia del fallito attentato al Foro Italico”.  Sul punto specifico il pg ha riletto le dichiarazioni di Gaspare Spatuzza relative all’incontro di fine ’93 a Campo Felice di Roccella (Pa) con Giuseppe Graviano: “Dissi a Graviano che ci stavamo portando un po’ di morti che non ci appartenevano, ma lui mi disse che era bene che ci portassimo dietro questi morti, così ‘chi si deve muovere si dà una mossa’”. Successivamente Patronaggio ha ripreso ulteriori dichiarazioni di Spatuzza legate al suo incontro a Roma (al bar Doney) del ’94 con Giuseppe Graviano che a suo dire aveva un atteggiamento “gioioso”. “Abbiamo ottenuto quello che volevamo”, avrebbe detto Graviano riferendosi a Berlusconi “e c’era di mezzo un nostro compaesano, Dell’Utri”  (…) “una persona vicinissima a noi”, “qualcosa di più di Berlusconi”. Persone serie – “non come quei quattro crasti dei socialisti” – con le quali “ci siamo messi il Paese nelle mani”. I contatti tra Dell’Utri e mafiosi stragisti come i fratelli Graviano hanno riportato l’attenzione sulla trattativa Stato-mafia che vede lo stesso braccio destro di Berlusconi imputato insieme a boss mafiosi, pentiti, pezzi delle istituzioni ed ex carabinieri del Ros in un procedimento sul quale il gup deve ancora decidere il rinvio a giudizio. “Queste gravissime circostanze – ha sottolineato il pg riferendosi ai contatti post ’92 – non possono essere ignorate, vanno doverosamente valorizzate per provare l’atteggiamento dell’imputato verso Cosa Nostra, esclusa ovviamente ogni valutazione circa la sua accertata innocenza in relazione alla contestazione, ormai definitivamente venuta meno, di avere stipulato un patto politico-mafioso con Cosa Nostra dopo le stragi del ‘92”. Nella sua requisitoria Patronaggio ha successivamente evidenziato che Dell’Utri “ha caldeggiato il provino del calciatore Gaetano D’Agostino nelle giovanili del Milan perché intervennero i boss mafiosi Giuseppe e Filippo Graviano”. A dimostrazione della “continuità” dei rapporti tra l’imputato e Cosa Nostra ben oltre il 1992 il pg ha ripreso alcuni stralci di intercettazioni depositati nei più importanti processi di mafia degli ultimi anni. “Dobbiamo dare aiuto a Dell’Utri… sennò lo fottono… c’è un impegno”, parole intercettate nel ’99 a Carmelo Amato, amico di Gaetano Cinà, accusato di associazione mafiosa, nonché titolare dell’omonima autoscuola frequentata da Bernardo Provenzano durante la sua latitanza. “(Dell’Utri) si è presentato alle Europee (…) hanno preso degli impegni, dopo le Europee che sono salito non si sono visti più con nessuno…” è invece il commento sdegnato del boss Giuseppe Guttadauro intercettato al telefono nel 2001 con Salvatore Aragona. Per quanto riguarda il pericolo della prescrizione Patronaggio è stato alquanto meticoloso specificando che la condotta dell’imputato “fedele alla stipula dell’originario patto di protezione, non ha avuto soluzione di continuità, non ha mai perso i caratteri della permanenza, con la conseguenza che, a tutto concedere, il reato in questione non si prescriverà prima del novembre 2014”. “La fatica e il lavoro vincono su tutto e vengono coronati da successo”, ha concluso il magistrato. La traduzione del motto latino “labor omnia vincit”, che lo stesso Dell’Utri fa stampare sulle sue agende ha dato un tocco di colore alla requisitoria di Patronaggio. I difensori di parte civile, l’avv. Salvatore Modica per il comune di Palermo e l’avv. Filippo Villanova per la Provincia, si sono associati alla richiesta di 7 anni di reclusione. L’udienza è stata rinviata al 4 febbraio per l’avvio delle arringhe difensive.

Fonte:Antimafiaduemila