Pedopornografia: “infettati” 1100 siti insospettabili

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Millecento siti on line di insospettabili aziende (un centinaio solo in Italia), “infettati” a loro insaputa con materiale pedopornografico messo in vendita attraverso i link inviati con normali tecniche di spamming. E’ la scoperta fatta dalla Polizia postale e delle comunicazioni che, con l’aiuto di Europol ha ripulito i server distribuiti in 30 paesi e ricostruito l’intera, avanzatissima filiera tecnologica di “web masquerating”.

Le indagini, coordinate dalla procura di Venezia (“Venice carnival” il nome dell’operazione), sono partite all’inizio del 2009 dalla segnalazione di una nonna che, navigando sulla rete in cerca di un regalo per i suoi nipotini, aveva cliccato sull’indirizzo di un negozio virtuale ritrovandosi su un sito web di abusi sessuali su minori.

In un primo momento i sospetti si erano concentrati su un server italiano ma ben presto gli investigatori hanno capito di avere a che fare con un gruppo criminale, con ogni probabilità originario dell’Est europeo, che violava con malware (software creati con il solo scopo di causare danni al computer su cui viene eseguito) i siti di aziende “innocenti” in modo da reindirizzare verso siti pedopornografici gli utenti. “A finire nel mirino degli hacker – ha spiegato il vice questore aggiunto Elvira D’Amato, responsabile del Centro nazionale per il contrasto alla pedopornografia sulla rete – sono finite per lo più aziende di piccole e medie dimensioni, come beauty farm, agriturismi e palestre, prive di un’adeguata protezione informatica: una volta avvertiti, i rispettivi gestori hanno collaborato attivamente con noi alla ripulitura dei server”.

L’inchiesta, affidata al sostituto procuratore Carlo Nordio, è tuttora in corso e promette importanti sviluppi: l’obiettivo, non facile, è quello di ricostruire i flussi finanziari del denaro usato dai pedofili per acquistare, per lo più con carta di credito, fotografie e filmati che la polizia non esita a definire “raccapriccianti”: sono centinaia le transazioni intercettate, decine gli acquirenti denunciati. Tra le ipotesi investigative, quella che il gruppo criminale abbia prodotto in proprio il materiale relativo agli abusi sui minori, materiale successivamente commercializzato attraverso i siti “infettati”.

“E’ importante che un’operazione così vasta, dai confini extranazionali – ha ammesso D’Amato – sia nata proprio dalle segnalazioni degli internauti. Il loro aiuto integra il nostro monitoraggio quotidiano della rete e ci aiuta a scoprire in tempo reale tutti gli espedienti criminali del web sommerso: perché se la repressione è importante, la prevenzione lo è ancora di più. E il nostro primo obiettivo resta quello di impedire che cittadini del tutto ignari possano imbattersi in contenuti hard, prenderne visione o addirittura scaricarli senza volerlo e senza nemmeno saperlo”.

Fonte: sky.it