Abbassato il livello protezione ad Antonio Ingroia

“Cosa nostra non dimentica. La mafia è una pantera. Agile, feroce, dalla memoria di elefante”. A dire queste parole altri non era che Giovanni Falcone, nel maggio 1992, nella sua ultima intervista per l’inserto napoletano di cultura di Repubblica. “Corleone non dimentica” lo ha ricordato poco meno di un anno fa anche Totò Riina, parlando al suo compagno di passeggiate Alberto Lorusso. Allora si riferiva al sostituto procuratore di Palermo Antonino Di Matteo ma nella lista dei “nemici” di Cosa nostra figurano anche altri nomi di magistrati che hanno condotto o conducono ancora oggi importanti inchieste in prima linea.

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Ritorno alla strategia della tensione? Protezione anche per Ciancimino!

Come è noto nella lettera anonima giunta recentemente alla procura di Palermo, oltre alle minacce esplicite a Nino Di Matteo e a quelle striscianti rivolte ad un magistrato che lavora a Caltanissetta (probabilmente individuato nella persona di Nico Gozzo), vi sono quelle dirette a Massimo Ciancimino. Il testimone chiave della trattativa Stato-mafia finisce così nel mirino di quella che è stata definita una sorta di nuova strategia della tensione. Su Massimo Ciancimino sono stati gettati fiumi di inchiostro nel bene e nel male. Al di là degli errori commessi resta il fatto che grazie a lui si è innescato un meccanismo giudiziario dentro il quale sono finiti uomini di Stato, alti esponenti dei Carabinieri, mafiosi e pentiti.

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