Il condannato che vuole riformare i suoi giudici

“La condanna giova o danneggia Berlusconi (foto)?”, questa la domanda che campeggia su alcuni giornali italiani, con tanto di appassionati editoriali. Secondo costoro il cavaliere dimezzato, moderna variante del visconte di Calvino, ora potrebbe giocare la carta del martirio e parlare ai suoi dal “confino” dei domiciliari, magari mentre assiste un gruppo di rifugiati politici libici o kazaki.
In questo modo diventerebbe più forte che mai e spianerebbe gli avversari, interni ed esterni.

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Il pericoloso silenzio sulle minacce ai giudici

Una lettera anonima, che stando alle cronache nessuno (proprio nessuno) può permettersi di sottovalutare, ha sganciato su Palermo tensioni e veleni che richiamano la cupa stagione del 1992. Si prefigura un ritorno al terrorismo stragista e tra gli obiettivi indicati vi sono due magistrati: il pm di Palermo Nino Di Matteo e un collega di Caltanissetta, che le ultime notizie (apprese mentre scrivo) indicano in Nico Gozzo. Avendo lavorato a Palermo, dove avevo chiesto io stesso di essere trasferito subito dopo le stragi del 1992, so bene che cosa significa vivere avendo intorno il limaccioso mondo di quanti temono la rottura di antichi equilibri e perciò non gradiscono che si provi a far luce sui misteriosi e inquietanti rapporti della criminalità mafiosa col mondo della politica e con centri di potere extra-istituzionale.

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