Lavoro: la punizione di Dio

Oggi, mentre camminavo, ho pensato al mercato. Ma non ai mercati classici, quelli pieni di box, mercanzia di ogni tipo, alimenti, pesci e venditori che urlano, cantano, ammiccano e offrono. No, il mercato mio, quello virtuale, quello che in verità non esiste perché altro non è che un insieme di relazioni tra soggetti: il mercato del lavoro. Sarà perché è il mio mestiere, sarà perché al singolare è uno fra i più evocati, camminando mi è venuto in testa. È strano come il mercato del lavoro, contrariamente a quelli declinati al plurale, “i mercati”, non abbia particolari desideri: a oggi non ho sentito mai dire “il mercato del lavoro vuole…” o “il mercato del lavoro ci chiede…” Lui, che dev’essere il fratello povero o sfortunato della altrimenti opulenta famiglia dei mercati, ha piuttosto “necessità di…”, “ha bisogno di…” Credo sia un po’ legato e imbolsito perché da molti anni la cura è sempre la stessa: stretching e iniezioni per aumentarne la flessibilità.

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