La Grande Meretrice

Oggi a Palermo riprende dopo la pausa estiva il processo sulla trattativa mafia-stato, nel corso del quale i pubblici ministeri Di Matteo, Del Bene e Tartaglia coordinati dal procuratore aggiunto Teresi elencano con sconcertante precisione tecnica date, luoghi, intercettazioni telefoniche, testimonianze, fotografie, pedinamenti e quant’altro per provare di fronte alla Corte d’Assise, presieduta dal giudice Alfredo Montalto, che lo Stato ha vigliaccamente e indegnamente trattato con la mafia mentre la stessa uccideva i giudici Falcone, Borsellino e gli agenti delle scorte, ed altre vittime innocenti nelle cosiddette stragi del continente tra il ‘92 e il ’93.

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Ci si salva se si agisce insieme

L’unica decisione che il PD avrebbe dovuto assumere in un momento come questo, e finalmente all’unanimità, sarebbe stata quella di fare silenzio. Ma non un silenzio per modo di dire, quello, per intenderci, di chi non si aspetta altro che l’interlocutore lo stuzzichi pur di riaprire bocca e riprendere a dire la sua. No. Un impenetrabile, autentico silenzio d’ordinanza. Un silenzio responsabile, un silenzio riflessivo, un silenzio di attesa, un silenzio conventuale, magari un silenzio tattico, in attesa di ascoltare le parole degli altri per capire cosa hanno da dire (se ce l’hanno), ma pur sempre silenzio. Invece è prevalso il rumore assordante, l’accavallarsi di voci, come spesso accade, anche se non per volontà di qualcuno in particolare, al capezzale di un morente o di un morente presunto. E questo non giova a nessuno: né all’immagine del Pd, né alle sorti del Paese.

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