”Non si tocchi l’indipendenza delle toghe”, gli allarmi di Tescaroli e Di Matteo sulla Riforma

AMDuemila 08 Febbraio 2024

Il Corriere della Sera riprende gli interventi dei due magistrati

Al Senato è in corso un acceso dibattito sulla riforma della Giustizia. Il giornalista del Corriere della SeraFerruccio Pinotti, è voluto tornare sull’argomento sentendo i magistrati Nino Di Matteo (già membro del Csm e oggi in servizio come sostituto procuratore alla Direzione Nazionale Antimafia) e Luca Tescaroli (procuratore aggiunto della Procura di Firenze che collabora al coordinamento della Dda), “due importanti magistrati, da sempre in prima linea nella lotta alla mafia e costretti a vivere sotto stretta scorta da almeno trent’anni”, ricorda nell’articolo. Entrambi non si sono tirati indietro nel tema, il primo con l’intervento al programma Piazzapulita e il secondo con l’articolo scritto per Micromega, manifestando le loro preoccupazioni.
E con il Corriere della Sera Tescaroli ha voluto fare una premessa: “In qualsiasi riforma è necessario attenersi alla Carta costituzionale per garantire un esercizio equilibrato e indipendente dell’operato del giudice e di quello del pubblico ministero. Importante il riferimento all’art 107 comma 3 della Costituzione secondo cui i magistrati si distinguono solo per diversità di funzioni, senza che la Carta effettui riferimenti a carriere separate. Un altro principio fondamentale è poi nell’articolo 104 che fissa come cardine della democrazia il fatto che la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere rappresentando così una garanzia per tutti i cittadini“.
Su Micromega Tescaroli, dopo un excursus storico, ha analizzato le proposte di “riforma” succedutesi di recente, fino a quelle della Cartabia e di Nordio. “È pur vero che l’enorme numero di reati previsti suggerisce l’opportunità di razionalizzare l’esercizio dell’azione penale – scrive il magistrato della Dda fiorentina – tuttavia appare necessario scongiurare i rischi descritti che porterebbero a depotenziare il principio di obbligatorietà, che va difeso con convinzione perché, va ribadito, fonte essenziale della garanzia di indipendenza del pubblico ministero (sentenze della Corte costituzionale 420/1995 e 84/1979) e dell’eguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge. Essi sanno che, essendo il pubblico ministero obbligato a perseguirli, tutti gli indagati, nei cui confronti sono stati acquisiti significativi elementi di prova per qualsiasi reato, saranno condotti dinanzi a una Corte d’Assise o a un Tribunale per essere giudicati, senza distinzione di sesso, di razza, di religione e senza possibilità di influenza sull’esito delle indagini del loro eventuale potere politico o economico”.
Sempre Tescaroli vede in atto “un tentativo di riscrittura dei rapporti tra la magistratura e il potere che la stessa esercita e gli altri poteri dello Stato, che corre il rischio di compromettere l’autonomia e l’indipendenza dell’ordine giudiziario e l’equilibrio dei poteri, secolare principio della nostra democrazia, attraverso multiple leve che agiscono su princìpi cardine dell’attuale disciplina della magistratura: l’obbligatorietà dell’azione penale, la partecipazione politica al governo della magistratura, il principio della separazione dei magistrati solo per funzioni. Leve che agiscono a margine del proposito di assicurare la separazione delle carriere tra giudici e pubblici ministeri, che per essere raggiunta potrebbe nutrirsi di differenti concorsi di accesso, di distinti Consigli superiori separati (con immutata componente laica). Il marcato e significativo intervento della componente politica crea i presupposti concreti per incidere sull’indipendenza e sull’autonomia“.
Da par suo anche il magistrato Nino Di Matteo (autore con Saverio Lodato di Il colpo di spugna per “Fuori scena”) interpellato dal Corriere della Sera ha ribadito: “Le riforme succedutesi con legge ordinaria negli ultimi anni ed ancor più i progetti di riforma costituzionale che riguardano la separazione delle carriere e l’abrogazione del principio di obbligatorietà dell’azione penale, la composizione del Csm con il rafforzamento della componente laica di derivazione parlamentare, vanno tutte nella stessa direzione: la compressione della indipendenza della magistratura da parte degli altri poteri dello Stato e la sua trasformazione in ordine collaterale e servente rispetto al potere esecutivo“. Ed infine ha concluso: “Qui non sono in ballo i privilegi della magistratura, ma prerogative costituzionali volte alla tutela del fondamentale principio di eguaglianza di tutti i cittadini innanzi alla legge. A fronte di un pericolo così grave credo che chi, come noi magistrati, ha giurato sulla Costituzione abbia non solo il diritto di intervenire nel dibattito pubblico, ma dovrebbe avvertire il dovere di farlo“.

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fonte: antimafiaduemila.com