Bambini poveri che vivono nei paesi ricchi. Italia in fondo alla classifica

Più di 1 bambino su 5 vive in povertà in 40 dei Paesi più ricchi del mondo

Secondo gli ultimi dati del “Report Card 18: Bambini poveri che vivono nei paesi ricchi” (Child poverty in the midst of wealth) – l’ultima della serie che monitora il benessere dei bambini nei paesi dell’OCSE e dell’Ue,  pubblicati oggi dall’Unicef Innocenti – Global Office of Research and Foresight, «Alcuni dei Paesi più ricchi del mondo hanno registrato forti aumenti della povertà minorile tra il 2014 e il 2021».

La “Report Card 18:” riprende l’analisi della Report Card 12 sull’effetto della recessione del 2008-10 sulla povertà minorile, pubblicata nel 2014, esamina i progressi compiuti nell’ultimo decennio e considera ciò che ancora deve essere fatto per ottenere risultati per i bambini.

Per la sua analisi La Report Card 18 utilizza misure monetarie e non monetarie (privazione materiale). La misura principale del rapporto è la povertà relativa legata al reddito, ovvero la percentuale di persone che guadagnano meno del 60% del reddito medio. La povertà non monetaria misura l’accesso a beni e servizi essenziali.

Il report rileva che «La Polonia e la Slovenia stanno ottenendo i migliori risultati nell’affrontare la povertà minorile, seguite dalla Lettonia e dalla Repubblica di Corea. Al contrario, alcuni dei Paesi più ricchi analizzati nel rapporto sono indietro, quasi in coda alla classifica dei Paesi».

Il rapporto presenta il quadro più aggiornato e comparabile sulla povertà che colpisce i bambini nei Paesi dell’OCSE e dell’Ue e analizza le politiche di sostegno al reddito dei governi per le famiglie con bambini, rivelando che «Nonostante la diminuzione complessiva della povertà di quasi l’8% in 40 Paesi tra il 2014 e il 2021, alla fine del 2021 c’erano ancora oltre 69 milioni di bambini che vivevano in famiglie che guadagnavano meno del 60% del reddito medio nazionale».

L’Italia è addirittura in fondo alla classifica della povertà monetaria dei bambini nei Paesi ricchi: L’Italia è al 34esimo posto su 39 Paesi nella classifica della povertà monetaria dei bambini nei Paesi ricchi. Si colloca al 33esimo posto per quanto riguarda la povertà minorile in termini di reddito più recente e al 25esimo posto per quanto riguarda la variazione della povertà minorile tra il 2012-14 e il 2019-21. Più di 1 bambino su 4 (25,5%) vive in condizioni di povertà relativa legata al reddito (media tra il 2019 e il 2021). il rapporto denuncia che «L’Italia ha compiuto pochi progressi verso l’eliminazione della povertà minorile – la diminuzione è stata inferiore all’1% (più precisamente, 0,8%). La povertà in Italia è spesso di natura persistente. Nel 2021, è stato stimato che il 17,5% di tutti i bambini ha vissuto in condizioni di povertà anche nei 2 anni precedenti. Questo dato è preoccupante perché periodi più lunghi di povertà hanno un impatto ancora più negativo sui bambini. I bambini che vivono in famiglie monoparentali hanno un rischio di essere poveri (33,5%) doppio rispetto a quelli che vivono in famiglie con due genitori (15,8%)».

Per quanto riguarda la povertà non monetaria, «Tra il 2015 e il 2021, l’Italia ha ridotto la percentuale di bambini che vivono in condizioni di grave privazione materiale dal 15,8% al 7,1%. Si tratta di un miglioramento impressionante, ma c’è ancora molto spazio per i progressi (ad esempio, in Finlandia, lo stesso tasso è dello 0,7%). Le cattive condizioni abitative rimangono un problema in Italia e riguardano il 18,1% dei bambini. Muffa, umidità e marciume nelle abitazioni rappresentano un rischio significativo per la salute dei bambini».

In Italia la spesa per gli assegni familiari e per i figli a carico è leggermente aumentata (dal 7,4% all’8,5%), ma rimane inferiore alla media del 10,2% osservata nei Paesi della Report Card. Il report spiega che «Per le famiglie con bambini sono disponibili diverse prestazioni in denaro non contributive. Una combinazione di indennità di alloggio, prestazioni familiari e altre prestazioni sociali fornisce un reddito pari al 47,1% del salario medio nazionale a una famiglia vulnerabile (due figli e nessun reddito da lavoro).  La generosità delle prestazioni per le famiglie più povere è aumentata notevolmente nell’ultimo decennio. Nel 2021, se non ci fossero stati trasferimenti monetari, la povertà minorile in Italia avrebbe raggiunto il 35,9%. Ciò dimostra quanto siano importanti le prestazioni in denaro per i bambini: hanno portato al di sopra della soglia di povertà quasi il 30% dei bambini che sarebbero stati sotto la soglia di povertà senza i trasferimenti.  Si noti che le recenti riforme delle prestazioni in denaro per le famiglie (in particolare l’introduzione nel 2022 dell’Assegno Unico e Universale ai Figli) non si riflettono nei dati sulla spesa pubblica per la protezione sociale e sull’efficacia della protezione sociale nella riduzione della povertà».

Queste cifre si riferiscono rispettivamente ai dati del 2019 e del 2021. Il dato sull’adeguatezza delle prestazioni (e il confronto tra l’adeguatezza delle prestazioni nel 2012 e nel 2022), invece, si basa sui dati del 2022 e mostra già l’effetto della riforma.

Bo Viktor Nylund, direttore dell’Unicef Innocenti – Global Office of Research and Foresight ricorda che «L’impatto della povertà sui bambini è persistente e dannoso. Per la maggior parte dei bambini significa che potrebbero crescere senza cibo nutriente, vestiti, materiale scolastico o un posto caldo da chiamare casa. Impedisce ai bambini di godere dei propri diritti e può portare a un cattivo stato di salute fisica e mentale».

Le conseguenze della povertà possono durare tutta la vita. I bambini che vivono in condizioni di povertà hanno minori possibilità di completare la scuola e da adulti percepiscono salari più bassi. In alcuni Paesi, secondo il rapporto, «Una persona nata in un’area svantaggiata rischia di vivere da otto a nove anni in meno rispetto a una persona nata in un’area ricca».

Il rapporto evidenzia anche enormi disuguaglianze nel rischio di povertà: «In 38 Paesi con dati disponibili, i bambini che vivono in una famiglia monoparentale hanno una probabilità oltre tre volte maggiore di vivere in povertà rispetto agli altri bambini. Anche i bambini con disabilità e quelli provenienti da minoranze etniche/razziali hanno un rischio superiore alla media».

Dal 2012 al 2019 la crescita economica in questo gruppo di Paesi è stata stabile, dando l’opportunità di riprendersi dagli impatti della recessione del 2008-10. Ma il rapporto avverte che «uttavia, mentre alcuni Paesi in questo periodo hanno ridotto la povertà minorile, alcuni dei Paesi più ricchi hanno registrato i maggiori passi indietro».Paesi con livelli simili di reddito nazionale, come la Slovenia e la Spagna, hanno registrato forti differenze nei tassi di povertà minorile, rispettivamente del 10% e del 28%.

L’Unicef fa notare che «Le condizioni di vita dei bambini possono essere migliorate indipendentemente dalla ricchezza di un Paese. Ad esempio, Polonia, Slovenia, Lettonia e Lituania – che non sono tra i Paesi più ricchi dell’OCSE e dell’UE – hanno ottenuto importanti riduzioni della povertà minorile, -38% in Polonia e -31% negli altri Paesi. Al contempo, cinque Paesi a più alto reddito – Regno Unito (+20%) e Francia, Islanda, Norvegia e Svizzera (tutti intorno al +10%) – hanno registrato i maggiori aumenti del numero di bambini che vivono in famiglie con difficoltà economiche dal 2014».

Per eradicare la povertà minorile, la Report Card invita i Governi e le parti interessate a: «Espandere la protezione sociale per i bambini, anche con assegni familiari e per i figli a carico per integrare il reddito familiare. Garantire a tutti i bambini l’accesso a servizi di base di qualità, come l’assistenza all’infanzia e l’istruzione gratuita, che sono essenziali per il loro benessere. Creare opportunità di lavoro con retribuzioni adeguate e politiche favorevoli alla famiglia, come il congedo parentale retribuito, per sostenere i genitori e le persone che si prendono cura dei bambini nel conciliare lavoro e responsabilità di cura. Garantire misure adatte alle esigenze specifiche dei gruppi minoritari e delle famiglie con un solo capofamiglia, per facilitare l’accesso alla protezione sociale, ai servizi fondamentali e al lavoro dignitoso, e ridurre le disuguaglianze».

Nylund conclude: «I sussidi in denaro hanno un effetto immediato nell’alleviare la povertà. I decisori politici possono sostenere le famiglie dando priorità e aumentando la spesa per gli assegni familiari e per i figli a carico. Si può imparare molto dai successi di altri Paesi. Il modo in cui utilizzeremo quanto appreso determinerà l’efficacia con cui potremo garantire il benessere dei bambini oggi e in futuro».

fonte: greenreport.it