Luana Ilardo: ”Tra censura e disinformazione Visconti offende la ricerca della verità”

AMDuemila 01 Agosto 2023

“In questi giorni ho avuto modo di leggere quanto detto su Il Foglio dal professore di Diritto Penale di Palermo, Costantino Visconti. Quelle sue considerazioni su chi parla di Stato-mafia e sistemi criminali sono un’offesa alla ricerca della verità, all’intelligenza e alla democrazia di questo Paese”. Con queste parole Luana Ilardo figlia di Luigi Ilardo (l’ex capo mafia della provincia di Caltanissetta e poi infiltrato in Cosa nostra, che portò i carabinieri ad un passo dalla cattura di Provenzano nel 1995, e che fu ucciso il 10 maggio 1996 prima di ufficializzare la sua collaborazione con i magistrati), interviene  sulla vicenda che ha visto protagonista il docente palermitano di una vera e propria censura invitando le scuole a non invitare figure come Saverio Lodato e Nino Di Matteo, a suo modo di vedere colpevoli di infondere nelle nuove generazioni l’idea che lo Stato è marcio.
“Quelle parole – prosegue la Ilardo – sono un dolore e un ulteriore umiliazione per tutte quelle centinaia di persone che ancora oggi a distanza anche di metà secolo chiedono verità e giustizia per i propri cari. Mi stupisce come un professore titolato come lui, possa solo maturare determinati pensieri visto che i dati, oggi più che mai, riguardo le infiltrazioni mafiose in ogni tessuto sociale, economico, amministrativo, politico, di questo paese siano documentati con dati e numeri allarmanti. Chi ha studiato il fenomeno mafioso e delle criminalità organizzate sa bene che le ‘nuove mafie’ hanno cambiato ‘pelle’ che oggi non si avvalgono più di bombe e omicidi eccellenti proprio perché, al contrario di quanto ha affermato lui, in realtà hanno vinto”.
“Sono arrivati esattamente dove volevano – aggiunge – avere il potere, il denaro senza spargimenti di sangue e atti eclatanti, eventi che spesso si sono resi controproducenti, causando le ribellioni della comunità civile, (così come accaduto per le stragi) che hanno inevitabilmente costretto. L’attuazione di massicci interventi di contrasto alle stesse da parte dello Stato. Oggi gli uomini delle criminalità organizzate sono addentrati nelle amministrazioni pubbliche del paese, spesso utilizzando ‘teste di legno’, per arrivare ai loro sporchi interessi di espansione ed egemonia in tutto il territorio italiano. Unico obbiettivo fondamentale; incrementare il loro potere e i proventi economici delle loro organizzazioni”. 
La Ilardo poi entra nel merito delle affermazioni su Di Matteo e Lodato: “Riguardo le ignobili parole spese a discapito del dott. Di Matteo e di Saverio Lodato, e conseguentemente di tutti quei grandi magistrati e uomini di legge che con il loro encomiabile lavoro, ci hanno negli anni donato verità processuali e indissolubili certezze, soprattutto sulla tragica storia di questa seconda Repubblica, credo che non meriti neanche risposta. Penso semplicemente ad una frase emblematica ‘ci vogliono ignoranti perché la cultura ci rende critici, e la critica rende liberi’. Oggi tutti noi dobbiamo tanto, tantissimo a grandi magistrati come il dott. Di Matteo, il dott. Lombardo, il dott. Ardita, il dott. Gratteri, il dott. Ingroia, il dott. Scarpinato e tanti altri, perché hanno avuto il coraggio che in pochi hanno avuto. Hanno scoperto, denunciato e processato segreti indicibili, connivenze, accordi, e compiacenze di soggetti appartenenti allo Stato con le mafie e le criminalità. Senza nessuna paura, senza nessun timore. Non capisco come una persona della sua presunta cultura possa negare quello che sentenze passate in giudicato hanno comprovato e soprattutto non comprendo perché, secondo lui, questo debba essere nascosto ai giovani e al paese. Vorrei ricordargli che senza andare lontano, in quegli stessi giorni in cui veniva pubblicato questo suo incomprensibile articolo, il 19 luglio, data di ricorrenza della strage di via D Amelio, grazie al lavoro di quei magistrati che lui si permette di criticare, oggi abbiamo ed è sempre più chiaro e palese che non fu quella una strage organizzata da soli villani mafiosi, ma bensì con compartecipazione di ‘soggetti esterni’ riconducibili al famoso ‘quarto e quinto livello’. Ulteriore dato incontrovertibile è la sparizione della famosa agenda rossa che non venne estratta dall’auto in fiamme da un mafioso ma bensì da un carabiniere”. 
Quindi conclude: “Io credo che il dott. Visconti prima di pronunciare certe affermazioni, si dovrebbe ricordare che lui, evidentemente, ha avuto la fortuna di non perdere mai nessuno dei suoi cari in questo sporco e nefasto gioco, ma dovrebbe altrettanto ricordare che non tutti sono stati fortunati come lui. Negare, e smettere di cercare la vera verità, sarebbe uccidere ancora una volta tutti quei grandi uomini, ed eroi, che hanno perso la loro vita nel tentativo di sconfiggere davvero la mafia. 
Tutti noi abbiamo diritto alla verità e i giovani anche più di noi, perché sono loro il futuro, e la speranza di questo paese. Un paese che vuole e merita qualsiasi tipo di mafia fuori dal suo Stato. Onore ai magistrati che rischiano le loro vite per rappresentare la verità sempre e per sempre. 
Non a caso qualcuno più grande di me disse: ‘In Italia ogni strage, ogni omicidio eccellente in questo paese diventa mistero’. Noi siamo stanchi dei misteri, e vogliamo, pretendiamo la verità e la giustizia per i nostri cari”.

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La rubrica di Saverio Lodato