Nicola Gratteri: ”Al potere per oltre un secolo e mezzo è servita la mafia”

Il procuratore capo di Catanzaro presenta il libro ‘Fuori dai confini. La ‘Ndrangheta nel mondo’

Se noi oggi nel 2023 siamo qui di domenica a parlare di ‘Ndrangheta vuol dire che al potere, nel corso di oltre un secolo e mezzo, è servita la mafia”.
“Io posso parlarvi del terremoto del 1908 a Reggio Calabria, di tutti i terremoti venuti dopo, e le mafie sono sempre presenti dove c’è da gestire denaro al potere”.
Sono state queste le parole del Procuratore della Repubblica di Catanzaro Nicola Gratteri, presente domenica scorsa a Jesi presso l’Hotel Federico II per presentare l’ultimo libro scritto a quattro mani con il professore e criminologo Antonino Nicaso.
A introdurre l’incontro il presidente dell’Associazione ‘Vis à Vis’ mentre della moderazione si è occupato il giornalista della Rai Andrea Taffi.
Tra il pubblico presenti anche il vice questore vicario di Ancona Davide Garra e il tenente colonnello Vergine Emanuele.
Perché la ’Ndrangheta oggi è sicuramente la mafia più ricca che ci sia?” ha chiesto Gratteri. “La caratteristica principale – ha detto – è il vincolo di sangue: due o tre famiglie patriarcali formano una organizzazione”: “Stiamo parlando di famiglie. I Nirta di San Luca erano criminali già alla fine dell’ottocento. Pensiamo a Pelle, Gambazza, Morabito e i De Stefano sono famiglie storiche”. “Il vincolo di sangue rende la ’Ndrangheta forte e credibile anche sul piano internazionale. Pensate oggi la ’Ndrangheta è in grado di comprare la cocaina nella foresta amazzonica a mille euro al chilo con un principio attivo del 98-99%. Vuol dire che da un chilo poi faccio quattro chili”. “Le altre mafie la comprano a milleottocento euro al chilo. Non vi sto dicendo questo per dirvi che la ’Ndrangheta guadagna di più, non è questo il senso in quello che vi sto dicendo: il senso è la credibilità che agli occhi dei cartelli sudamericani, colombiani e peruviani acquisisce”.

“E poi c’è un’altra cosa importantissima. Nel 1970 è stata creata la Santa che è la prima dote della società maggiore e consente ad uno ’ndranghetista (inizialmente erano solo 33 poi si è allargato questo numero perché c’erano molte richieste) di far parte anche di logge massoniche deviate, quindi aveva una doppia affiliazione”.
“Partecipare a logge massoniche deviate cosa vuol dire? Poter rapportarsi con il mondo delle professioni, rapportarsi con gli uomini delle istituzioni. Addirittura alcuni collaboratori di giustizia ci hanno parlato che all’orecchio del gran maestro c’erano anche dei magistrati”.
Durante la conferenza si è parlato anche alla presenza delle mafie, in particolare della ’Ndrangheta, nel territorio marchigiano.
“La prima cosa che bisogna capire è questa: le mafie non vengono qui per sparare, non vengono qui per fare azioni violente, sono qui per vedere prodotti, sono qui per vedere servizi. Sono qui per vendere cocaina”, ha sottolineato Gratteri aggiungendo che “se così è, siccome la droga non la danno gratis, chi viene a vendere droga incassa e i soldi che incassa non li riporta in Calabria”.
“I più grandi cartelli colombiani non vogliono essere pagati in Sud America, e solo il nove percento della cocaina che viene venduta i soldi rientrano in sud America, tutto il resto viene reinvestito in Europa. La ‘Ndrangheta in Calabria non sa che farsene dei soldi, perché in Calabria non li può spendere: è una zona povera, molte costruzioni sono a metà e viaggiare con macchine di lusso vuol dire attirare l’attenzione delle forze dell’ordine”.
“Quindi lo ‘ndranghetista non discute sul prezzo, il suo problema è portare alla luce del sole i soldi, non arricchirsi, è già ricco”
ed è in grado di “gestire pacchetti di voti” e di spostarli “tranquillamente a destra o a sinistra. Perché le mafie non hanno ideologie: le mafie puntano su quello che possono pensare a essere il cavallo vincente”.
E poi ancora, il tema caldo delle intercettazioni: “Ho sentito tante cose. Tante cose da inesperti, veramente di gente che non ha mai affrontato o portato avanti 10 indagini per 416 bis contemporaneamente”.
“Si è detto che le intercettazioni costano assai: sapete quanto costa un telefono sotto controllo? Tre euro al giorno. Si è detto che centosettanta milioni di euro l’anno di intercettazioni sono assai. Però non si dice quanti milioni di euro ogni anno le forze dell’ordine sequestrano”.
“Quindi con le intercettazioni si fanno le indagini e si arriva poi a sequestrare”.
“Poi si è detto che i mafiosi non parlano al telefono, non è vero che non parlano al telefono. Io ogni giorno sento mafiosi parlare al telefono”
non solo con i soliti noti ma anche con “un illustre sconosciuto. E per me è oro: un mafioso che parla con un illustre sconosciuto”.
“Quindi se io non sono in grado di fare queste analisi, non ho capito di cosa stiamo parlando. Poi siamo stati rassicurati che non saranno toccati le intercettazioni che riguardano le mafie e il terrorismo”
e “scusate corruzione, concussione e peculato? Vorrei una risposta”.


“Sono quella tipologia di reato che stanno gomito a gomito con certa mafia e con certa politica”,
ha ribadito il magistrato.
“Mentre noi parliamo da almeno sette o otto anni le mafie sono state in grado, attraverso degli hacker, di costruire delle piattaforme nuove, di costruirsi un altro WhatsApp, un altro Telegram e di parlare tra di loro e noi non li ascoltiamo. Quindi altro che tagliare le intercettazioni qui bisogna assumere ingegneri informatici, qui bisogna assumere hacker in grado di bucare queste comunicazioni”.
“Quindi capite il gap che dobbiamo recuperare? E qui stiamo ancora a discutere se centosettanta milioni di euro sono assai per le intercettazioni? E cosa ci manca? Andiamo ancora a fare l’appostamento con il maresciallo? Ma per fare cosa? Se i reati si commettono attraverso il telefono noi dobbiamo avere gli strumenti per poter intercettare il telefono”.
Sento ancora gente che ha potere sopra le nostre teste che dice che ‘bisogna tornare alle indagini di una volta’.
Ma in questi decenni dove sei stato?”.
“Quali sono le indagini di una volta?”.
Ora cosa dovresti andare a vedere? Se al contadino gli hanno rubato la capra?
Ma qui stiamo parlando di milioni di euro che si spostano da una parte all’altra del mondo. Qui stiamo parlando di riciclaggio sofisticato e di comunicazioni che vanno sopra le nostre teste. E qui c’è gente che comanda e non sa dove si accende un computer, questo è il dramma”.

“Mafie sempre più forti e narcotrafficanti sempre più ricchi”


Riportiamo qui di seguito l’intervista del procuratore Gratteri ai microfoni di ANTIMAFIADuemila

Procuratore l’anno scorso è stato ucciso il magistrato Marcello Pecci e recentemente un altro magistrato, Leonardo Palacios. Un commento per queste morti di colleghi che come lei rischiano la vita ogni giorno.
“È un continuo. Nel senso che ci sono paesi ad alta densità corruttiva oltre che criminale. Il narcotraffico interessa somme enormi di denaro, milioni e milioni di euro e quindi chi si sovrappone rischia tantissimo. Pecci era un integralista, un grande investigatore. Purtroppo ha pagato una superficialità in un momento di felicità in cui stava coronando il sogno della sua vita, il matrimonio. E purtroppo ha pagato con la vita l’aver indicato involontariamente il posto dove si trovava. Le mafie sono sempre più forti e più potenti e i narcotrafficanti più ricchi. Quindi dove non riescono a corrompere uccidono.


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Recentemente la Dea ha, per la prima volta nella storia, indagato quattro aziende cinesi con l’accusa di aver passato i precursori per fabbricare la droga sintetica ai cartelli messicani. Alla luce di questo qual’è la sua analisi in merito al traffico di droga?
“La storia dei precursori chimici è una storia antica. Perché la cocaina si produce proprio trattando la polpa delle foglie attraverso diversi passaggi chimici e molte volte sono coinvolte delle multinazionali che fanno arrivare in Sud America (in paesi non direttamente coinvolti nella produzione di cocaina) milioni di chili di precursori che poi arrivano in Colombia, Bolivia e Perù.
Quindi è una storia antica che va perseguita esattamente come il traffico di droga, perché senza i precursori chimici non si può produrre la droga così come viene consumata oggi nel mondo occidentale. È un lavoro serio da fare ma spesso ci si imbatte in multinazionali che sono anche finanziatori di campagne elettorali di Presidenti della Repubblica”.Si riuscirà un giorno a debellare il traffico di droga?
“No, penso che l’unico modo sarebbe quello di intervenire sui paesi produttori cioè Colombia, Bolivia e Perù. Noi avremo bisogno di un organismo internazionale come l’Onu ma molto più forte rispetto a come è ora. Oggi l’Onu è un organismo debole, il mondo è governato e comandato da non più di cinque paesi, tutti gli altri sono quasi delle comparse. E quindi sul piano internazionale l’Onu dovrebbe intervenire con i caschi blu nella foresta amazzonica e trattare direttamente con i cocaleros, i produttori delle piante di coca, e dire a questi produttori e contadini: ‘tu che produci coca quanto guadagni? Cento. E se produci caffè quanto guadagni? Quaranta. Allora io resto qui, controllo che tu produci caffè e ti do il mancato guadagno rispetto alla produzione di cocaina’. Ma questo purtroppo è una utopia perché gli stati come Colombia, Bolivia e Perù non accetteranno che l’Onu vada sul loro territorio a gestire la conversiPotereone delle culture. In anni passati è stato fatto questo lavoro: l’Onu ha mandato dei soldi in questi paesi per la conversione delle culture ma questi soldi non sono arrivati ai contadini e quindi i contadini hanno ricominciato a piantare piante di coca”.Foto © ACFBARTICOLI CORRELATI

fonte: antimafiaduemila.com

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