Mafia, Tescaroli: c’è ancora rischio attentati, dal ’94 ci sono state iniziative di colpire pm

Il pm Firenze al “Festival Trame” parla delle stragi e della riforma della giustizia: “Non si abolisca l’abuso d’ufficio, è anticamera della corruzione”

Io penso che il rischio di attentati sia un rischio che in realtà non è mai venuto meno, perché se si è congelata la campagna stragista nel 1994, poi ci sono state ulteriori iniziative dirette a colpire più magistrati”. Ad affermarlo è il procuratore aggiunto di Firenze Luca Tescaroli, intervenuto ieri sera al “Festival Trame” a Lamezia Terme. Il magistrato ha risposto alle domande della giornalista Floriana Burlon che ha ricordato l’ultimo atto di intimidazione subito da Tescaroli qualche giorno fa. Il procuratore che indaga sui mandanti esterni delle stragi del 1993 ovviamente non ha potuto rispondere rispetto a quest’ultimo episodio sul quale sta indagando la procura di Genova ma ha comunque ricordato che tentativi di assassinare certi magistrati o membri delle forze dell’ordine non sono mancati, come forse si crede, nel corso di questi 30 anni che ci separano dalla fine delle stragi. “In linea di massima le organizzazioni mafiose che ci sono nel nostro paese sono nelle condizioni di realizzare attività stragiste, gli strumenti, i mezzi e gli uomini ci sono per fare questo”, ha affermato Tescaroli. Quindi ha ricordato “che il 2 giugno 1997, c’è stato un progetto di attentato” (il riferimento è all’attentato che Tescaroli stesso sfuggì in Basilicata nei giorni seguenti alle richieste di condanne per il processo sulla strage di Capaci, ndr) e nel 2012 “un altro progetto di attentato”. Secondo il procuratore aggiunto di Firenze “c’è un dato che caratterizza l’agire mafioso, che è quello per cui prima dell’eliminazione di esponenti delle istituzioni, di appartenenti alle forze dell’ordine e magistrati, c’è un’attività di delegittimazione del loro operato”. Tescaroli ha quindi citato “tre casi emblematici” di servitori dello Stato che prima di essere eliminati sono stati sistematicamente delegittimati, quello del colonnello Giuseppe Russo che fu ucciso il 20 giugno 1977, quello del super poliziotto Boris Giuliano, ucciso il 21 luglio 1979 e infine Giovanni Falcone, sul quale, prima dell’attentato all’Addaura (per cui Falcone, come ha ricordato Tescaroli, venne accusato di esserselo realizzato da solo) “vennero diffuse a livello istituzionale delle lettere anonime in cui si scriveva che Falcone ed altri investigatori utilizzavano, come killer di Stato, alcuni collaboratori di giustizia, in particolare Salvatore Contorno, per stanare i corleonesi”.


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L’anello di congiunzione tra mafia e Stato
Nel corso dell’intervista, Tescaroli ha risposto a domande sul centenario rapporto tra mafia e Stato. “Vi sono plurime organizzazioni mafiose, ognuna con una propria identità, che convivono con lo Stato, sono parte integrante della società e sono inserite nelle attività economiche e nelle pubbliche amministrazioni del nostro Paese. E allora bisogna chiederci quali sono le ragioni di questa coesistenza?”, si è chiesto il magistrato. “Una delle possibili risposte è che non c’è una netta linea di demarcazione tra il bene, lo Stato e il male, le mafie. L’esistenza di un anello di collegamento tra le due realtà consente di comprendere come questo contrasto sia particolarmente difficile e impegnativo perché se non c’è una chiara contrapposizione allora lo scontro diventa particolarmente complesso”, ha spiegato. “E allora – ha suggerito Tescaroli – è molto importante direzionare l’azione di contrasto verso questo anello di collegamento. E sono convinto che se si riuscirà a rendere più efficace questa azione probabilmente potrebbe diventare possibile un annichilimento delle strutture mafiose, perché la loro grande pericolosità non deriva solo dal fatto che possono uccidere, estorcere, intimidire, trafficare droga, ma da questa capacità di inserirsi nei gangli del potere politico, economico e amministrativo”, ha detto il procuratore.

Le domande aperte sulle stragi
Altro tema affrontato è il cammino di ricerca della verità sulle stragi di mafia del 1992 e del 1993. “Nell’azione di contrasto, con riferimento allo stragismo, sono stati ottenuti risultati molto importanti che hanno consentito di indebolire fortemente Cosa Nostra”, ha affermato Tescaroli. “Questo significa che lo Stato c’è nelle sue componenti più virtuose e i cittadini devono guardare allo Stato e alla magistratura con fiducia perché si è saputo intervenire efficacemente”. “Tuttavia è anche vero che sono rimasti dei punti oscuri che impongono di continuare a lavorare per verificare se vi siano state convergenze di interessi tra gli esponenti di Cosa Nostra e soggetti appartenenti a realtà diverse che hanno condiviso l’interesse traendo vantaggio dall’agire dei mafiosi”. Quindi Tescaroli ha enumerato i quesiti ancora aperti sul biennio stragista.


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La ragione dell’interruzione della campagna stragista è uno dei quesiti che richiede una risposta. Vi è stato un attacco frontale al cuore dello Stato che ha avuto un cambio di passo nel 1993 quando vi è stato un mutamento del quadro politico e istituzionale”, ha ricordato Tescaroli. “Un altro dato che ancora non ha ottenuto una risposta è la ragione per cui vi è stata un’accelerazione per l’esecuzione della strage di via d’Amelio, avvenuta a 57 giorni dalla strage di Capaci, un’iniziativa delittuosa (quella di Capaci, ndr) che non ha trovato precedenti nella storia plurisecolare di Cosa Nostra”. E ancora. “Perché l’idea di colpire il patrimonio storico-artistico-monumentale della nazione sia germogliato in seno ai vertici di Cosa Nostra a seguito di contatti che l’estremista nero Paolo Bellini ha avuto con Antonino Gioè mentre era in fase di preparazione la strage di Capaci, intorno al marzo 1992?”.

Abuso d’ufficio anticamera della corruzione
Infine si è parlato anche dell’attuale riforma della giustizia promossa dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, di cui è già stato approvato in Parlamento un primo pacchetto che prevede l’abrogazione del reato d’abuso d’ufficio. “Con il massimo rispetto per le iniziative governative – ha premesso Tescaroli – mi limito solo a rappresentare dei dati di fatto”. “Si intende abolire il reato di abuso d’ufficio, incidere sul reato di traffico di influenze, che sono strumenti che consentono di punire condotte che sono rivelatrici di comportamenti corruttivi”, ha ricordato il procuratore aggiunto di Firenze. “L’abuso d’ufficio è l’anticamera della corruzione. Il traffico d’influenze consente di colpire le condotte dove c’è un’attività di intermediazione verso un pubblico ufficiale che viene prezzolato. E’ evidente che, essendo la corruzione uno strumento certamente più vantaggioso per il crimine mafioso, laddove si indietreggia nel contrasto alla corruzione si viene a creare una forma di agevolazione dell’azione del mafioso. La strumentalizzazione dell’ufficio dovrebbe essere punito dall’abuso d’ufficio perché è una condotta propedeutica alla corruzione. L’abuso d’ufficio e il traffico di influenze sono reati che consentono di disvelare la sussistenza della corruzione che è basata su un patto di scambio”.
Se noi eliminiamo l’abuso d’ufficio significa che non si potranno mai più punire coloro che si accordano per pilotare un concorso universitario, per esempio. Sarà più facile far vincere un determinato candidato”.

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fonte: antimafiaduemila.com/home

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