Legambiente, solo il 15% delle grandi città rispetta i limiti sull’inquinamento atmosferico

Primo indiziato il traffico veicolare. Zampetti: «Con il Recovery fund incentivare l’utilizzo dei mezzi pubblici, potenziare la rete dello sharing mobility e raddoppiare le piste ciclopedonali»

di
Luca Aterini

L’inverno sta arrivando, e come sempre accade da molti anni a questa parte in Italia si attendono emergenze legate all’inquinamento atmosferico: il mix tra riscaldamento, traffico e l’inversione termica che intrappola le emissioni a livello del suolo porta a un picco di sforamenti nelle concentrazioni di inquinanti che respiriamo, con gravi impatti sulla salute.

Per avere un’idea delle dimensioni del problema, secondo gli ultimi dati raccolti dall’Agenzia europea dell’ambiente l’Italia è il primo Paese in Europa per morti premature da biossido di azoto (NO2) con circa 14.600 vittime all’anno, ha il numero più alto di decessi per ozono (3.000) e il secondo per il particolato fine PM2,5 (58.600). Da soli questi tre inquinanti mietono 76.200 vite all’anno.

Osservando più da vicino la performance di singole città, non stupisce trovare un quadro della situazione desolante. È quello che tratteggia oggi Legambiente nell’edizione speciale di Mal’aria, stilando una “pagella” sulla qualità dell’aria di 97 città italiane sulla base degli ultimi 5 anni – dal 2014 al 2018 – confrontando le concentrazioni medie annue delle polveri sottili (Pm10, Pm2,5) e del biossido di azoto (NO2) con i rispettivi limiti medi annui suggeriti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms): 20µg/mc per il Pm10; 10 µg/mc per il Pm2,5; 40 µg/mc per il NO2. Limiti, quelli della Oms, che comunque sono di gran lunga più stringenti rispetto a quelli della legislazione europea (limite medio annuo 50 µg/mc per il Pm10, 25 µg/mc per il Pm2,5 e 40 µg/mc per il NO2).

Delle 97 città di cui si hanno dati su tutto il quinquennio analizzato (2014 – 2018) solo il 15% circa (ossia 15) raggiungono un voto superiore alla sufficienza: Sassari (voto 9), Macerata (8), Enna, Campobasso, Catanzaro, Grosseto, Nuoro, Verbania e Viterbo (7), L’Aquila, Aosta, Belluno, Bolzano, Gorizia e Trapani (6).

Questo significa che la maggior parte delle città – l’85% del totale – sono sotto la sufficienza e scontano il mancato rispetto negli anni soprattutto del limite suggerito per il Pm2,5 e in molti casi anche per il Pm10. Fanalini di coda le città di Torino, Roma, Palermo, Milano e Como (voto 0) perché nei cinque anni considerati non hanno mai rispettato nemmeno per uno solo dei parametri il limite di tutela della salute previsto dall’Oms.

«L’inquinamento atmosferico nelle città – dichiara Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente – è un fenomeno complesso poiché dipende da diversi fattori: dalle concentrazioni degli inquinanti analizzati alle condizioni meteo climatiche, passando per le caratteristiche urbane, industriali e agricole che caratterizzano ogni singola città e il suo hinterland. Nonostante le procedure di infrazione a carico del nostro Paese, nonostante gli accordi che negli anni sono stati stipulati tra le Regioni e il Ministero dell’Ambiente per ridurre l’inquinamento atmosferico a cominciare dall’area padana, in Italia manca ancora la convinzione di trasformare concretamente il problema in una opportunità. Opportunità che prevede inevitabilmente dei sacrifici e dei cambi di abitudini da parte dei cittadini, ma che potrebbero restituire città più vivibili, efficienti, salutari e a misura di uomo».

Una mancanza di coraggio che emerge chiaramente (anche) dalla cronaca: Legambiente lancia oggi l’allarme alla vigilia del 1 ottobre, data in cui prenderanno il via le misure e le limitazioni antismog previste dall’«Accordo di bacino padano» per cercare di ridurre l’inquinamento atmosferico, ma quattro regioni dell’area padana (Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte e Veneto) hanno preferito rimandare all’anno nuovo il blocco alla circolazione dei mezzi più vecchi e inquinanti Euro4, che sarebbe dovuto scattare domani nelle città sopra i 30 mila abitanti.

Resta il fatto che per aggredire davvero l’inquinamento atmosferico e affrontare in maniera concreta il tema della sfida climatica, servono misure preventive, efficaci, strutturate e durature.

«Servono interventi infrastrutturali da mettere in campo per aumentare la qualità della vita di milioni di pendolari e migliorare la qualità dell’aria, puntando sempre di più – conclude Giorgio Zampetti, direttore generale di Legambiente – su una mobilità sostenibile e dando un’alternativa al trasporto privato. Inoltre serve una politica diversa che non pensi solo ai blocchi del traffico e alle deboli e sporadiche misure anti-smog che sono solo interventi palliativi. Il governo italiano, grazie al Recovery fund, ha un’occasione irripetibile per modernizzare davvero il Paese: riparta dalle città incentivando l’utilizzo dei mezzi pubblici, potenziando la rete dello sharing mobility e raddoppiando le piste ciclopedonali».

fonte: greenreport.it