Roberti: più danni dai reati dei ”colletti bianchi”

di AMDuemila
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Piercamillo Davigo, presidente dell’Anm, le cui dichiarazioni nei giorni scorsi hanno sollevato non poche polemiche, non è solo anzi, “sulla sostanza delle cose i magistrati sono quasi tutti d’accordo” con lui. A dirlo è il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti che intervistato da Marco Travaglio snocciola alcuni dei punti più critici che causano il mal funzionamento della giustizia, senza risparmiare le varie responsabilità in gioco.
A differenza di quanto sostenuto da Renzi riguardo le sentenze che tardano o non arrivano il procuratore nazionale antimafia sottolinea come il problema non siano le sentenze che non arrivano ma piuttosto che queste cadono troppo spesso di prescrizione. Secondo quanto raccontato da Roberti al Fatto Quotidiano tra il 30-40% dei reati infatti cadono in prescrizione, tra questi buona parte di quelli a carico dei così chiamati “colletti bianchi”. Sostenendo il pensiero di Davigo, Roberti spiega come questi reati facciano molti più danni di quelli da strada: “Due effetti collaterali: aumenta il senso di impunità fra i criminali, che si sentono incoraggiati a delinquere per il calcolo costi-benefici (fai molti soldi e non rischi nulla); e cresce la frustrazione degli onesti: è sempre raro che denuncino e testimonino”.
Per risolvere il problema della prescrizione, spiega il procuratore nazionale antimafia, basterebbero alcune semplici norme che però sembrano non arrivare mai. Il primo punto: “La prescrizione decorre dalla scoperta del reato e si blocca alla richiesta di rinvio a giudizio, o al rinvio a giudizio, al massimo alla prima sentenza, poi non se ne parla più”. Il secondo: “Una delle prime cause di prescrizione è la legge che di fatto annulla tutti gli atti dei processi dove cambia un giudice del collegio: un codicillo che salvi gli atti quando cambia il collegio eviterebbe di ripartire da capo, con scarcerazioni per decorrenza termini e prescrizione”. Il terzo: “Nel processo accusatorio, col dibattimento nel contraddittorio delle parti, l’appello-fotocopia del primo grado è un assurdo doppione, un’altra fonte di prescrizione: niente più appello, salvo per il rito abbreviato. Almeno sui punti 1 e 2, basterebbe prendere uno dei ddl presenti in Parlamento e inserirlo nella corsia preferenziale della riforma del processo. A parole, tutti sono d’accordo su questi rimedi, ma poi le leggi non arrivano mai”.
Al momento invece la prescrizione presenta parecchie assurdità che creano non pochi danni: “Prima assurdità: la prescrizione inizia a decorrere non quando il reato e il possibile autore vengono scoperti, ma quando il fatto viene commesso. – racconta Roberti – Cioè molto prima che il pm lo venga a sapere ed eserciti il diritto punitivo dello Stato chiedendo il rinvio a giudizio.” la conseguenza quindi è che “quando il pm chiede il processo, di solito, non c’è più il tempo di portarlo a termine perchè i termini continuano a decorrere fino alla Cassazione.
Il procuratore antimafia nazionale ribatte poi che è vero che “anche tra noi (magistrati, ndr) ci sono corrotti e collusi” dato che “nessuno è immune”, ma “non aspettiamo che un magistrato colluso venga condannato in Cassazione per rimuoverlo. C’è un giudizio etico-deontologico che in politica non esiste: si delega tutto alle sentenze definitive, come se certi fatti non fossero abbastanza gravi e chiari per fare pulizia subito. L’autonomia del politico dal giudiziario passa proprio di qui”. E sul punto la presunzione di innocenza “è un fatto tecnico” che “non impedisce di mandare a casa chi fa cose gravi, anche se non sono reati”. Poi Roberti, parlando dell’inchiesta di Potenza, aggiunge che “tutto è stato fatto nel pieno rispetto della legge vigente”, ovvero “il Gip, nell’udienza-filtro” decide “cosa stralciare e lasciare. E alla luce degli interessi non solo del pm, ma pure dell’indagato”.
Sulla non necessità di riformare le intercettazioni afferma: “La disciplina va benissimo così”, e se un giornalista “racconta intercettazioni depositate, desegretate, non manifestamente irrilevanti per le parti e di interesse pubblico, perchè impedirglielo?”. E ancora: “Penso che i magistrati dirigenti, oltre ovviamente ai rappresentanti dell’Anm, non solo possono, ma devono informare i cittadini”. Fortunatamente, prosegue Roberti, con il Parlamento e il ministro Orlando “c’è un dialogo costante”. Ma, precisa infine, “a parole sono sempre tutti d’accordo. Poi però quelle riforme non arrivano mai”.

Fonte:Antimafiaduemila