Cambiamento climatico, diritti umani e giustizia sociale. L’impatto del clima non è equo

Le popolazioni vulnerabili si troveranno ad affrontare le grandi sfide causate dalle malattie causate dal clima

Chief Albert Naquin walks with a remnant of his tribe of Biloxi-Chitimacha Choctaw Indians along the Isle de Jean Charles community road, which has eroded to a single lane.

Il cambiamento climatico sta già avendo un impatto notevole sull’ambiente e sulla salute globale. In tutto il mondo gli eventi meteorologici estremi, l’aumento delle temperature, la siccità e l’innalzamento del livello del mare stanno  negativamente influenzando la nostra capacità di produrre cibo, di accedere all’acqua potabile  e lavorare in sicurezza all’aperto. Presto in alcune zone, la trasformazione sarà così drastica e devastante che le popolazioni locali saranno costrette a spostati e a trovare nuove case, diventando rifugiati ambientali.

Secondo lo studio “Climate Change, Human Rights, and Social Justice” pubblicato nel 2015 su Annals of Global Health, da Barry  Levy, della Tufts University School of Medicine, e Jonathan Patz, del Global Health Institute dell’università del Wisconsin–Madison, e rilanciato ora da Elsevier Health Science, «Le conseguenze sull’ambiente e sulla salute dei cambiamenti climatici, che colpiscono in modo sproporzionato i Paesi a basso reddito e le persone povere nei Paesi ad alto reddito, influenzano profondamente i diritti umani e la giustizia sociale. Le conseguenze ambientali includono l’aumento della temperatura, l’eccesso di precipitazioni in alcune zone e di siccità in altre, eventi meteorologici estremi, e l’aumento del livello del mare. Queste conseguenze incidono  negativamente sulla produzione agricola, l’accesso all’acqua potabile e la produttività dei lavoratori, e, inondando la terra o rendendola inabitabile e incoltivabile, costringeranno molte persone a diventare rifugiati ambientali».

Levy e Patz  aggiungono che «Gli effetti negativi sulla salute causati dai cambiamenti climatici includono i disturbi legati al caldo, le malattie trasmesse da vettori, le malattie di origine alimentare e idrica, i disturbi respiratori e allergici, la malnutrizione, la violenza collettiva e problemi di salute mentale».

Secondo i due ricercatori statunitensi, «Queste conseguenze ambientali e sanitarie minacciano i diritti civili e politici e i diritti economici, sociali e culturali, compresi i diritti alla vita, l’accesso al cibo sicuro e all’acqua, la salute, la sicurezza, l’alloggio e la cultura. A livello nazionale o locale, le persone che sono più vulnerabili alle conseguenze ambientali e sanitarie avverse del cambiamento climatico sono i poveri, i membri di gruppi minoritari, le donne, i bambini, gli anziani, le persone con malattie croniche e disabilità, coloro che risiedono nelle zone con una elevata prevalenza di malattie legate al clima e i lavoratori esposti al caldo estremo o a un aumento della variabilità del tempo. A livello globale, c’è molta ingiustizia, con i Paesi a basso reddito, che producono meno gas serra che sono più influenzati negativamente dai cambiamenti climatici rispetto ai Paesi ad alto reddito, che producono sostanzialmente una maggiore quantità di gas serra che sono ancora meno subito colpiti. Inoltre, i Paesi a basso reddito hanno una capacità molto minore di adattarsi ai cambiamenti climatici rispetto ai Paesi ad alto reddito». Nel 2004, Usa,  Canada e Australia si sono avvicinati 6 tonnellate di gas serra pro capite, mentre le emissioni di gas serra pro capite nei Paesi a basso reddito erano solo 0,6 tonnellate.

Lo studio conclude che «Le misure di adattamento e di mitigazione per affrontare i cambiamenti climatici, necessarie per proteggere la società umana, devono essere progettate per proteggere i diritti umani, promuovere la giustizia sociale ed evitare di creare nuovi problemi o aggravare i problemi esistenti delle popolazioni vulnerabili».

Su Elsevier Health Science Barry  sottolinea che «Con l’aumento della temperatura globale, le economie dei Paesi ricchi continuano a prosperare, ma la crescita economica dei Paesi poveri è gravemente compromessa. Se continuiamo lungo la strada del ‘business as usual’ di concentrazioni crescenti di anidride carbonica e cambiamento climatico rapido, le conseguenze per la crescita economica nei Paesi poveri saranno sostanziali, con il tasso medio di crescita annuo dei Paesi poveri che passerà dal 3,2% al 2,6%».

Le popolazioni vulnerabili si troveranno ad affrontare le grandi sfide causate dalle malattie causate dal clima e già oggi malaria, febbre della Rift Valley, encefalite trasmessa dalle zecche, virus del Nilo occidentale e ora la Zika,  si stanno diffondendo a causa del cambiamento climatico.

Patz dice che le donne s ne subiranno le maggiori conseguenze: «Ci sono molti modi in cui il cambiamento climatico colpisce in modo sproporzionato le donne, comprese e soprattutto ragazze adolescenti dei Paesi a basso reddito. Entrate, generalmente le donne e le ragazze adolescenti si assumono la responsabilità primaria della raccolta di acqua, cibo e carburante per le loro famiglie. La siccità indotta dal cambiamento climatico rende questo lavoro molto più difficile».

Visto che i cambiamenti climatici colpiscono in modo sproporzionato gruppi già vulnerabili, i ricercatori avvertono che bisogna essere cauti quando si tratta di gestire gli effetti del cambiamento climatico: «Le organizzazioni internazionali e governi a livello nazionale, statale/provinciale e locale dovrebbero garantire che i diritti umani vengano considerati come sviluppo e nell’attuazione di misure di mitigazione e adattamento –  fa notare Levy – Le organizzazioni non governative e umanitarie devono ritenere i governi responsabili della protezione e della promozione di questi diritti umani».

Elsevier Health Science è convinta che alla Conferenza delle Parti Unfccc di Parigi  siano stati fatti positivi passi avanti, in particlare con la decisione di istituire un fondo di 100 miliardi di dollari per pagare sia lo sviluppo energetico che i danni già sostenuti dalle nazioni più Povere. Patz, che ha partecipato alla COP21 di Parigi, evidenzia che «L’accordo, che ha incluso il concetto di “danni”, mostra chiaramente un riconoscimento dello squilibrio tra Paesi industrializzati che hanno causato il cambiamento climatico e quei Paesi che già sopportano il peso degli impatti climatici estremi».

Ora è il momento di affrontare questi problemi e di approvare piani di azione adeguati.  Nel nuovo numero di  Annals of Global Health, “Climate Change, Global Health, and Human Rights”, Holly Atkinson, direttore del programma dei diritti dell’uomo, all’Arnhold Institute for Global Health dell’Icahn School of Medicine della Mount Sinai University, spiega che  «In molti luoghi in tutto il mondo, nei quali si verificano sconvolgimenti, come cnsdeguenza i sistemi sanitari pubblici sono crollati. Per esempio, abbiamo assistito alla rinascita della polio,  una malattia antica quasi debellata nel 2012. Nonostante le prove, molte persone rimangono sostanzialmente disinformate riguardo al legame tra il cambiamento climatico e la salute globale».

Problemi di salute pubblica derivanti dai cambiamenti climatici continuano ad aumentare, e tuttavia, sono lenti a reagire. Dato che le popolazioni più vulnerabili che sostengono  la maggior parte dei danni, Annals of Global Health sollecita «Un’azione rapida e decisa per proteggere i poveri, le donne, i bambini, gli anziani e le altre popolazioni vulnerabili dalle conseguenze per la salute dei cambiamenti climatici, ora e in futuro».

Patz  conclude: «La crisi climatica globale minaccia la maggior parte delle persone e dei loro diritti umani. Le conseguenze negative dei cambiamenti climatici peggioreranno. Affrontare il cambiamento climatico è una priorità per la salute e dei diritti umani e l’azione non può essere ritardata. Le misure di mitigazione e di adattamento devono essere eque, rispettando, proteggendo e promuovendo i diritti umani».

fonte: greenreport.it