Matteo Orfini e la monetina

di Saverio Lodato – 5 giugno 2015
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Ancora con la favola che la “destra” e la “sinistra” non sono la stessa cosa.
Ancora con la favola che le “mele marce” stanno nel cesto insieme alle “mele pulite”.
Ancora con la favola che “chi ruba oggi” non ha fatto altro che prendere il posto del “ladro di ieri”.
Ancora con la favola che il PD corre tempestivamente ai ripari “commissariando” intere federazioni, “sospendendo” gli inquisiti, “ponendo un argine” al sistema del malaffare, della corruzione, della invasività mafiosa, della spartizione di tutto ciò che c’è di spartibile.
Ancora con la favola dei “decaloghi” comportamentali, dei “codici” etici, delle “misure da inasprire”.
Ancora con la favola del “chi sbaglia pagherà e pagherà tutto”.
Ancora con la favola degli “impresentabili” che però, poi, “vengono presentati” alla prima elezione utile.
Ancora con la favola delle “leggi Severino” approvate per poi interpretarle, frantumarle, depotenziarle alla bisogna, nell’interesse di questo o di quello.
Ancora con la favola dei “commissari straordinari” chiamati a far da “guardiani del Tempio” .
Ancora con la favola dei “ringraziamenti” alla magistratura “per il suo lavoro di pulizia” che aiuta la politica.
Invece ci ha colpito, e forse sarà questo ciò che resterà davvero in questa Puntata Seconda della Grande Schifezza, con sede Roma, Capitale dello Stato-Mafia, che uomini di destra e di sinistra avessero trovato l’accordo sulla cifra di “cinquanta centesimi” per ciascun immigrato da conteggiare.
“Cinquanta centesimi”: mezzo caffè.
“Cinquanta centesimi”: la metà di quanto si paga in un vespasiano pubblico per fare i propri bisogni.
“Cinquanta centesimi”: la monetina che i posteggiatori abusivi tirano in testa agli automobilisti sentendosi offesi e disprezzati “per il loro lavoro”.

Direte: una “cifra” da pezzenti; “è cosa e niente”, come diceva Eduardo; monetina vile che certi Pensatori, abituati a ben altri portafogli, considerano la prova del nove che a Roma non si tratta di mafia…
La millenaria parabola cinese del “chicco di riso”, moltiplicato esponenzialmente e all’infinito, sta invece lì a dimostrarci che non basterebbero i raccolti di migliaia di anni per soddisfare quella famelica richiesta.
Non giriamoci attorno, non giochiamo con le parole: è di questa lega che son fatti gli “uomini politici” che poi, intascata la monetina, vanno nei salotti televisivi a far finta di litigare sull’”emergenza” costituita dalle centinaia di migliaia di persone che dai Terzi Mondi si riversano in Europa.
Quelli che, intascata la monetina, vorrebbero colare a picco i barconi dei “trafficanti di esseri umani”, come se non fossero anche loro a sorreggere la bilancia del moderno Schiavismo. E quelli che, intascata la monetina, vorrebbero una “politica dell’accoglienza”.
Fa molta differenza? Perché il cittadino dovrebbe avere un occhio di riguardo per questo o quel colore politico di chi ha già intascato la monetina?
L’altra sera, mentre ci passavano per la testa simili idee forse non proprio “politicamente corrette”, abbiamo assistito alla puntata di 8 e mezzo che Lilli Gruber ha voluto dedicare all’argomento. Eravamo curiosi di ascoltare le parole di Matteo Orfini, presidente del PD e “commissario straordinario” del PD romano. Né avevamo pregiudizi nei suoi confronti, istintivamente considerandola “persona onesta”, come d’altra parte ha riconosciuto nei suoi interventi l’altro duellante della puntata, Salvatore Tramontano, vice direttore de “Il Giornale”. Che la posizione di Orfini non fosse invidiabile, si capisce.
Orfini distingueva. Specificava. Rivendicava il suo lavoro svolto. Affastellava cifre. Cercava di ricucire strappi. Provava a mettere toppe. A volte, contrattaccava.
Poi però è venuta una domanda semplice semplice, di buon senso, una di quelle che forse tutte le persone non addentro agli arcani (?) della politica avrebbero voluto fare.
E’ stata Fiorenza Sarzanini, inviata e cronista giudiziaria del “Corriere della Sera”, a rivolgerla a Matteo Orfini: “Ma Lei non è arrabbiato per quello che è successo?…”.
Sentite la risposta di Orfini: “Io sono furioso per quello che è successo ad alcuni esponenti del mio partito…”.
No, caro Orfini.
Agli esponenti del suo partito “non è successo” proprio niente. Non sono rimasti vittime di nessuno spiacevole incidente, di nessuna disgrazia sul lavoro,  di nessuna tegola cascata in testa per caso.
Molto più semplicemente, rubavano la monetina.
O vorremmo forse dire che ai ladruncoli che si portano via la cassetta delle elemosine nelle Chiese “gli è scappata la mano” a loro insaputa?
Se Lei, alla domanda della Sarzanini, avesse replicato dicendosi “schifato”, l’avremmo applaudita.
Ma converrà che l’ira e la furia, fra gli stati d’animo dell’uomo, sono fra i più passeggeri.
Non è d’accordo?

saverio.lodato@virgilio.it

Foto originale © Giorgio Barbagallo