L'accendino di Giovanni Falcone

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di Giorgio Bongiovanni

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha accettato l’invito di Maria Falcone a presenziare il 23 maggio, davanti agli studenti all’aula bunker del Tribunale di Palermo, in occasione del ricordo della strage di Capaci. Accanto al Capo dello Stato con tutta probabilità ci sarà anche Piero Grasso, presidente del Senato ed ex procuratore capo di Palermo.
Il presidente Grasso ha in tasca l’accendino di Giovanni Falcone. Grasso, legato al magistrato ucciso dalla mafia, da un legame di amicizia, fu anche giudice a latere al maxiprocesso contro Cosa nostra, istruito dal pool antimafia di Falcone e Borsellino. Lo stesso Falcone, in seguito, lo volle al Ministero degli Affari Penali a Roma come uno dei suoi più stretti collaboratori. Prima di essere assassinato, il Giudice smise di fumare e regalò a Grasso il suo accendino, pregandolo di restituirglielo qualora avesse ricominciato. Da quel giorno, tutti i giorni, il presidente del Senato porta nella tasca della giacca l’accendino di Falcone, personale simbolo in ricordo dell’amico ucciso.

Magari Grasso, il prossimo 23 maggio all’aula bunker dell’Ucciardone, toccando l’accendino nella sua tasca, potrebbe essere spinto a spiegare al giovane pubblico ciò che anni prima disse parlando delle stragi di mafia. Nel libro “La mafia invisibile” (Editore Mondadori, 2001) scritto insieme a Saverio Lodato, Grasso sostenne che “Cosa Nostra, molto spesso, è stata lo Stato. E ha sempre avuto la tendenza ad avere uomini delle istituzioni che potessero via via farla partecipare al sistema di potere”, una mafia che cerca di “infiltrarsi e convivere, piuttosto che contrapporsi frontalmente allo Stato e alla società” e che è stata il braccio armato di un sistema di potere politico e istituzionale. Grasso, anni dopo, descrisse la trattativa come un “meccanismo di ricatto nei confronti dello Stato” che ha causato la morte di Falcone, aggiungendo che “l’accelerazione probabile della strage di Borsellino può allora essere servita a riattivare, ad accelerare la trattativa con i rappresentanti delle istituzioni”, un accordo che “ha salvato la vita a molti ministri”. Proprio per le indagini sul dialogo mafia-Stato lo stesso Grasso, all’epoca Procuratore nazionale antimafia, ricevette forti pressioni da parte dell’allora Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, e dell’ex ministro Nicola Mancino, imputato al processo trattativa per falsa testimonianza, per avocare a sé le indagini o intervenire sui pubblici ministeri di Palermo. Pressioni alle quali, fortunatamente, oppose un secco “no”.

Tornando alle commemorazioni del 23 maggio, la speranza è che Grasso, davanti ai numerosi studenti non ancora nati quando saltò in aria l’autostrada di Capaci, e che chiedono di sapere cosa accadde davvero, spieghi loro la verità sui secolari rapporti tra mafia e Stato, una storia fondata sul dialogo a tavolino ben prima delle stragi degli anni Novanta.
Quest’anno il 23 maggio ‘92 verrà anche ricordato, per la prima volta da dieci anni, senza le navi della legalità, a causa degli esigui fondi del Ministero dell’Istruzione, e Maria Falcone resterà “orfana” di migliaia di quei ragazzi finora presenti in via Nortarbartolo per commemorare l’uccisione del fratello. Recentemente Saverio Lodato, scrittore e giornalista, sul nostro giornale ha richiamato la sorella del giudice Falcone: “Cosa pensa la Signora Maria Falcone dei progetti di attentato contro Nino Di Matteo? A saperlo!”. Maria Falcone non ha finora risposto alle sue sollecitazioni. Forse pronuncerà le fatidiche parole proprio all’aula bunker, di fronte all’autorevole presenza del presidente Mattarella? Magari persino il nostro Capo dello Stato, ricordando il sacrificio di Giovanni Falcone, Francesca Morvillo, Vito Schifani, Rocco Dicillo, Antonio Montinaro, coglierà l’occasione per lanciare un forte appello contro la mafia e i soggetti esterni, personaggi potenti che si annidano anche nelle istituzioni e che vogliono a tutti i costi la morte del pm Di Matteo e di altri magistrati dalla schiena dritta…
Saremo testimoni che quanto auspichiamo verrà detto dalle autorità? Speriamo che l’accendino di Falcone nella tasca di Pietro Grasso faccia, quel giorno, da “bacchetta magica”.

In foto: il giudice Giovanni Falcone, a sinistra, e l’attuale Presidente del Senato Pietro Grasso, a destra, in uno scatto d’archivio (foto originale © Shobha)