Vademecum per il Quirinale: domani udienza "blindata"

di Aaron Pettinari
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Carta, penna e documenti. Saranno solo questi gli “strumenti” ammessi dal Colle per svolgere la testimonianza del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano al processo trattativa Stato-mafia. Pm ed avvocati, il 28 ottobre, dovranno lasciare tutti quegli apparecchi “cellulari, computer e più in generale strumenti di registrazione di quanto avviene nell’udienza” all’ingresso del Quirinale. Le disposizioni quirinalizie non sono contenute nell’ordinanza firmata dal Presidente della Corte d’assise, Alfredo Montalto, ma in una lettera inviata nei giorni scorsi e comunicate venerdì all’udienza al “bunker” di Palermo. L’accesso delle parti nella residenza presidenziale dovrà avvenire “inderogabilmente” in un orario compreso tra le 9.15 e le 9.40 del giorno indicato. Ai pm, per ovvie ragioni di sicurezza, sarà consentito l’accesso da un ingresso riservato ma senza l’accompagnamento delle rispettive scorte in quanto, in base all’ordinanza del 9 ottobre scorso, “L’immunità della sede esclude l’accesso delle forze dell’ordine con la conseguenza che non sarebbe possibile né ordinare l’accompagnamento con la scorta degli imputati detenuti, né più in generale assicurare l’ordine dell’udienza come avviene nelle aule di giustizia preposte”. Accesso vietato quindi agli addetti alla sicurezza del procuratore facente funzioni Leonardo Agueci, dell’aggiunto Vittorio Teresi e dei pm Nino Di MatteoRoberto Tartaglia, e Francesco Del Bene. La sicurezza all’interno del Quirinale sarà infatti garantita dai corazzieri che si occupano già di garantire quella del Presidente della Repubblica.

“Parental control” quirinalizio
Il divieto d’accesso al Colle si estende, come annunciato, agli imputati e, clamorosamente, ai giornalisti. Contro il “parental control” imposto dal Quirinale si sono espressi in una nota congiunta il presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, Enzo Iacopino, e il presidente dell’Ordine di Sicilia, Riccardo Arena, che hanno dichiarato di “prendere atto con notevole perplessità della decisione, peraltro non comunicata espressamente, con note ufficiali, della Presidenza della Repubblica di non consentire né l’ingresso dei giornalisti al Quirinale, né di realizzare un collegamento in video o in audio con una sala anche esterna al palazzo, così come era stato chiesto per assicurare un’informazione completa riguardo all’udienza del 28 ottobre”. L’Ordine dei giornalisti fa notare che “anche la Corte d’assise aveva dato il proprio nulla osta ai cronisti, in considerazione del fatto che l’udienza in sé non è segreta. L’impossibilità di raccontare ‘senza filtri’ l’audizione del Capo dello Stato su temi così delicati rappresenta ora un notevole vulnus alla libertà di stampa e al diritto di tutti di conoscere che cosa realmente avverrà di fronte ai giudici, creando pericolosi ostacoli nel rispetto della verità sostanziale dei fatti e rendendo concreta la possibilità che, volontariamente o involontariamente, la testimonianza del presidente sia oggetto di manipolazioni o fraintendimenti”. Assente, almeno per ora, un commento sul gravissimo colpo dato al diritto d’informazione da parte dell’Unci o dall’Fnsi.

L’udienza ha inizio
La testimonianza del Capo dello Stato avrà luogo, in base a quanto riferito, attorno alle ore 10. Ovviamente tra i presenti all’udienza vi sarà la corte d’Assise che celebra il dibattimento, composta dal presidente Alfredo Montalto, dal giudice a latere Stefania Brambille e da otto giudici popolari: sei titolari e due supplenti. Oltre alla corte sarà presente la cancelliera, Valeria Bergamini, che avrà il compito di “chiamare” il processo e predisporre eventuali verbalizzazioni. Ovviamente saranno presenti tutti i pm, anche se a fare le domande saranno soltanto l’aggiunto Teresi ed il sostituto Di Matteo. Per quanto riguarda le sette parti civili ed i dieci imputati, dopo il no della Corte alla presenza di quest’ultimi, all’udienza che si terrà nell’abitazione presidenziale potranno entrare solo gli avvocati di fiducia o i sostituti processuali. Per il “Centro studi Pio La Torre” ci sarà l’avvocato Ettore Barcellona, per l’ex capo della Polizia, Gianni De Gennaro, Franco Coppi, per la Presidenza del Consiglio dei Ministri e la Presidenza della Regione siciliana l’avvocatura dello Stato, per il Comune di Palermo l’avvocato Giovanni Airò Farulla, per l’associazione Libera l’avvocato Vincenza Rando, per l’associazione vittime della strage dei Georgofili l’avvocato Danilo Ammannato. Accanto a loro i legali degli imputati, gli avvocati Basilio Milio, Enzo Musco, Francesco Romito e Giuseppe Saccone per i generali dei carabinieri Antonio Subranni e Mario Mori e per l’ex ufficiale del Ros Giuseppe De Donno; per Marcello Dell’Utri saranno presenti i legali Giuseppe Di Peri e Pietro Federico; per l’ex ministro Nicola Mancino, Massimo Krog e Nicoletta Piergentili Piromallo; per i boss Totò Riina e Leoluca Bagarella l’avvocato Luca Cianferoni, mentre per il capomafia Antonino Cinà il difensore Giovanni Di Benedetto e Federica Folli. Il pentito Giovanni Brusca sarà rappresentato dall’avvocato Manfredo Fiormonti, mentre Massimo Ciancimino da Francesca Russo e Roberto D’Agostino. A registrare l’udienza per la verbalizzazione integrale sarà un tecnico Quirinale e non, come di consueto, il perito della corte mentre non è certa la presenza del segretario generale del Quirinale, Donato Marra, già teste dell’accusa, escusso lo scorso luglio.

Le domande al Presidente
La testimonianza di Napolitano, salvo revoche della disponibilità dell’ultimo momento, verterà in particolare sul contenuto di una lettera che l’ex consigliere giuridico del Colle Loris D’Ambrosio scrisse a Napolitano rappresentandogli dubbi e timori su episodi accaduti tra il 1989 e il 1993. Tuttavia, dopo l’acquisizione delle note riservate del Sismi, datate 29 luglio e 20 agosto 1993, sull’allarme attentati nei confronti di Napolitano e Giovanni Spadolini (Presidenti di Camera e Senato all’epoca, ndr) il capitolato di prova potrebbe estendersi sui fatti di quegli anni. Non solo. I pm hanno anche acquisito il documento del Sisde del 20 agosto ’93, successivo quindi all’allarme lanciato dal servizio militare e firmato dall’allora direttore Domenico Salazar, in cui viene ribadita la preoccupazione per il rischio attentati. “I mafiosi – è scritto nella relazione dei Servizi segreti –  ormai certi di dover trascorrere il resto della loro vita scontando durissime pene detentive, non più annullabili in Cassazione e in un regime carcerario rigido, ben diverso da quello a cui erano abituati fino a qualche tempo fa, avrebbero raggiunto la convinzione che solo dal caos istituzionale (generato dalla ribellione della società civile esasperata dal terrore degli attentati, possibilmente, domata da successivi eventi golpisti) sia possibile ricavare nuove forme di trattativa miranti ad ottenere forti sconti di pena nell’ambito di una più vasta e generale pacificazione sociale necessaria all’instaurazione del nuovo ordine costituzionale”. Nell’udienza di domani, i pm di Palermo chiederanno a Napolitano se è mai venuto a conoscenza dell’informativa. Ma sull’ammissibilità di tutte le domande, l’ultima parola spetterà sempre al presidente della corte Montalto.

Tratto da: loraquotidiano.it

DOSSIER Processo trattativa Stato-mafia