Prima volta papale: a sorpresa, Bergoglio scomunica i mafiosi

Di Luca Kocci,

 

Papa Fran­ce­sco sco­mu­nica pub­bli­ca­mente ‘ndran­ghe­ti­sti e mafiosi. Le parole sono state pro­nun­ciate ieri pome­rig­gio da Ber­go­glio – in visita pasto­rale in Cala­bria, a Cas­sano allo Jonio, la pic­cola dio­cesi gui­data dal neo­se­gre­ta­rio della Cei, mons. Galan­tino – durante la messa all’aperto cele­brata nella piana di Sibari. «La ‘ndran­gheta è ado­ra­zione del male e disprezzo del bene comune», è un male che «va com­bat­tuto e allon­ta­nato», ha detto il pon­te­fice, secondo il quale anche la Chiesa «deve sem­pre di più spen­dersi per­ché il bene possa pre­va­lere». Quindi la sco­mu­nica: «Coloro che nella loro vita seguono que­sta strada di male, come sono i mafiosi, non sono in comu­nione con Dio: sono sco­mu­ni­cati».
È la prima volta che un Papa pro­nun­cia la parola «sco­mu­nica» rivol­gen­dosi ai mafiosi. Non lo ave­vano fatto né Woj­tyla nella Valle dei Tem­pli di Agri­gento né Ratzin­ger. Si è trat­tato di un “fuori pro­gramma”, poi­ché nei testi uffi­ciali «sotto embargo» distri­buiti poco prima della cele­bra­zione quel pas­sag­gio non c’era. È stato aggiunto suc­ces­si­va­mente dallo stesso Ber­go­glio.
Le parole non bastano e non risol­vono la lunga sto­ria di silenzi, omis­sioni e rela­zioni ambi­gue fra Chiesa e mafie. Per restare in Cala­bria, per esem­pio, nell’ottobre del 2009, Cate­rina Con­dello e Daniele Ionetti, figli di due rite­nuti fra i più impor­tanti espo­nenti dei clan reg­gini, hanno cele­brato il loro matri­mo­nio nella cat­te­drale di Reg­gio Cala­bria con tanto di bene­di­zione papale su per­ga­mena fir­mata da papa Ratzin­ger. Oppure i legami stretti, e di antica data, della ‘ndran­gheta con il san­tua­rio della Madonna di Polsi a San Luca in Aspro­monte, spesso luogo di riu­nione dei capi-mafia. E nello scorso aprile la sto­rica pro­ces­sione dell’Affruntata di Sant’Onofrio è stata annul­lata dal vescovo dopo che il Comi­tato per l’ordine e la sicu­rezza aveva deciso che le sta­tue sareb­bero state por­tate da volon­tari della Pro­te­zione civile per evi­tare infil­tra­zioni mafiose (ma va ricor­dato anche l’impegno anti­ma­fia di alcuni vescovi e soprat­tutto di molti par­roci spesso oggetto di minacce e inti­mi­da­zioni).
Tut­ta­via le parole hanno un valore sim­bo­lico impor­tante, soprat­tutto in un con­te­sto sociale e cul­tu­rale in cui i padrini gui­dano le pro­ces­sioni e rice­vono tal­volta bene­di­zioni eccle­sia­sti­che. E quindi, messe in fila, la bea­ti­fi­ca­zione di don Puglisi “mar­tire di mafia” lo scorso anno, la par­te­ci­pa­zione di Ber­go­glio alla veglia per le vit­time delle mafie pro­mossa a marzo da Libera di don Ciotti e ora la «sco­mu­nica» degli ‘ndran­ghe­ti­sti offrono stru­menti per mar­care le distanze. Anche se silenzi, omis­sioni e col­lu­sioni non ces­se­ranno per mira­colo.
Durante la visita, Ber­go­glio ha incon­trato i dete­nuti del car­cere di Castro­vil­lari, fra cui il padre di Cocò Cam­po­longo, il bam­bino di tre anni ucciso in un rego­la­mento di conti tra clan a Cas­sano allo Jonio insieme al nonno ed alla sua com­pa­gna. Ed è tor­nato a par­lare dei pro­blemi dei peni­ten­ziari: il «rispetto dei diritti fon­da­men­tali» dei dete­nuti e la neces­sità di «un impe­gno con­creto delle isti­tu­zioni per un effet­tivo rein­se­ri­mento nella società». «Quando que­sta fina­lità viene tra­scu­rata – ha detto il papa –, la pena degrada a uno stru­mento di sola puni­zione e ritor­sione sociale, dan­noso per l’individuo e per la società».

Fonte:IlManifesto