La riforma della giustizia secondo Ingroia

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Da anni si parla di crisi della giustizia e di necessaria riforma della giustizia. Vero. E` vero che la giustizia in Italia funziona poco e male. Ne sanno qualcosa i cittadini-utenti che ci hanno a che fare. Sia i cittadini che si ritengono vittime di ingiustizia e perciò si rivolgono alla magistratura per avere giustizia in sede penale, civile o amministrativa. Sia i cittadini che, come suol dirsi, incappano nelle maglie della giustizia quali imputati, e quindi presunti innocenti fino a sentenza definitiva.

Che quella sentenza definitiva la devono attendere solo dopo anni. Ma se il mondo della legge funziona poco e male, l`altro mondo, quello opposto, il mondo del crimine e dell`illegalità scorazza in lungo e largo per il Paese, e se lo divora, ingoiandosi l`economia, la fiducia e, direi, perfino l`anima. Ormai il Paese ha l`anima corrotta in profondità e non è facile porvi rimedio. Per quanto possa sembrare paradossale, i due scandali ravvicinati dell`Expo e del Mose un effetto positivo l`hanno avuto: nella loro enorme gravità hanno riproposto in maniera dirompente al centro dell`attenzione il fatto che in Italia ci sono una corruzione spaventosa e un malaffare consolidato, pubblico e privato, che si traducono in decine e decine di miliardi dì euro rubati ogni anno alla parte sana e onesta del Paese. Non che la cosa non si sapesse, però, tra assuefazione, rassegnazione e interessi criminali, alla lunga gli italiani hanno finito con il considerare tangenti e ruberie come una sorta di passaggio obbligato nell`assegnazione degli appalti e nella realizzazione delle opere pubbliche. Ora il marciume scoperto dalla magistratura a Milano per l`Expo e a Venezia per il Mose rilancia la necessità di intervenire, dopo che negli ultimi 20 anni non sì è fatto niente o lo si è fatto male.

Da Tangentopoli in poi, infatti, la politica si è limitata a scandalizzarsi di fronte ai casi più eclatanti, a manifestare stupore per gli insospettabili sorpresi con le mani nel sacco, a parlare di mele marce, a gridare indignata per la cifra impressionante – 60 miliardi di euro secondo alcuni, più di 100 miliardi di euro secondo altri – che si ritiene rappresenti la tassa occulta dovuta ogni anno alla corruzione. Ma quando si è trattato di scegliere da che parte stare, la politica ha preferito adottare una strategia difensiva, difendendosi dalla magistratura ed usando spesso come rimedio quello di azzoppare il funzionamento della giustizia. Ed ecco l`effetto devastante della stagione delle leggi ad personam di Berlusconi, che ha ampliato la sfera dell`impunità, rendendo inefficaci le incriminazioni per falso in bilancio, concussione e per tutti i delitti contro la pubblica amministrazione, e poi colpendo al cuore il processo penale, trasformato da una serie di controriforme ad hoc in un pachiderma lentissimo che non produce più né decisioni né sentenze, ma soltanto scandali al momento dell`avvio dell`indagine, e scappatoie finali, per lo più sotto forma di morte del procedimento per intervenuta prescrizione. Una prescrizione resa sempre più celere e sempre più breve, mentre si rendeva il processo penale sempre più lento e sempre più lungo. Il risultato è che oggi non solo manca un quadro normativo efficace, ma addirittura sono state approvate una serie di norme che hanno finito per favorire la corruzione e per garantire una sostanziale impunità a corrotti e corruttori, al punto che tra prescrizione, sospensione condizionale della pena, spacchettamento dei reati di concussione, affidamento in prova ai servizi sociali e altre anomalie, in Italia pochissime sono le condanne o le assoluzioni per corruzione, perché l`esito del processo viene rinviato in eterno fino alla dichiarazione di estinzione del reato per prescrizione.

E così si è continuato e si continua a rubare, da una parte, e dall`altra parte il senso di giustizia dei cittadini viene sempre più mortificato, abbassando sempre il livello di fiducia verso lo Stato. Una sfiducia generalizzata ed internazionale ormai, viste le tante, tantissime condanne che l`Italia ha collezionato in sede europea proprio a causa dei tempi lunghissimi, eterni della giustizia italiana, che con un abile gioco di prestigio e con una costante opera di disinformazione si cerca di scaricare sulle spalle di una magistratura presentata come fannullona e politicizzata, mentre la responsabilità non può essere che caricata sulle spalle di chi la porta tutta per intera, e cioè la classe politica italiana, a destra come a sinistra, con pochissime eccezioni.

Se si volesse davvero riformare la giustizia, allora è facile individuare la prima riforma seria da fare. Intervenire sui tempi della giustizia. Semplificare il processo penale, spesso appesantito da inutili orpelli procedurali. Favorire – come si fa negli USA – i procedimenti alternativi come patteggiamento, e giudizio abbreviato, garantendo che il processo penale ordinario arrivi in tempi ragionevoli alla sentenza finale, e che in caso di condanna il colpevole paghi ed in caso di assoluzione l`innocente venga risarcito. E rivedere il meccanismo delle impugnazioni, in modo tale che il processo vada avanti nei gradi di giudizio superiori solo nei casi davvero dubbi, in modo che il condannato in primo grado ed il suo difensore vengano dissuasi dal rinviare con l`impugnazione la sentenza definitiva, sapendo di rischiare altrimenti un aggravamento della pena, invece che un`attenuazione o – addirittura – la prescrizione, come avviene invece in Italia. E riformare profondamente l`istituto della prescrizione, restituendola alla sua funzione originaria. Oggi la prescrizione è una sorta di premio per i più furbi, scappatoia per i colpevoli verso la quale tutti corrono e perciò rallentano il processo. In origine la prescrizione era prevista perché rappresentava la presunzione di interesse dello Stato e dei suoi cittadini per la punizione dei colpevoli, presunzione di disinteresse che maturava quando erano trascorsi anni di inerzia dello Stato, sintomatici del suo disinteresse. Restituiamo allora la prescrizione alla sua ispirazione originaria. Appena il processo viene avviato, lo Stato dimostra di voler perseguire i colpevoli e la prescrizione si deve interrompere per sempre, così vanificando ogni speranza di farla franca con escamotage e espedienti dilatori. L`innocente ed il colpevole avrebbero lo stesso interesse a che il processo si definisca presto, non avendo nulla da sperare dallo scorrere del tempo. Ma dubito che si vorrà fare una riforma così semplice e giusta.

E poi per restituire dignità allo Stato ed alla giustizia bisogna colpire l`impunità dei corrotti. L`ultima crociata contro la corruzione l`ha annunciata Matteo Renzi, che però si è limitato a nominare un condottiero, Raffaele Cantone, senza dargli i crociati e le armi, ossia gli uomini, i poteri, le leggi e i mezzi per vincere la guerra. Non basta gridare all`alto tradimento, invocare il Daspo per i politici corrotti o annunciarne la cacciata a calci per imprimere la svolta necessaria. Servono i fatti: bisogna ripristinare il falso in bilancio, bisogna intervenire sulla prescrizione, bisogna introdurre il reato dì autoriciclaggio.

Dice Renzi che serve una rivoluzione culturale, e su questo non si può non essere d`accordo, ma dice anche che il problema non sono le regole bensì i ladri, dimenticando evidentemente che i ladri riescono a rubare molto più facilmente quando mancano regole certe, trascurando che la criminalità, soprattutto quella dei colletti bianchi, ha gioco facile in presenza di debolezze e incertezze normative. I ladri ci sono sempre stati e sempre ci saranno, il punto è impedirgli di rubare e non si può pensare che questo debba essere compito della sola magistratura, delle forze dell`ordine o dell`autorità anticorruzione. La politica deve fare la sua parte e se Renzi vuole davvero proporsi come il cambiamento deve spezzare l`inerzia che ha permesso negli anni all`illegalità di infiltrarsi ovunque, dentro la politica stessa, centrale e locale, ma anche dentro pezzi della magistratura e dentro la Guardia di Finanza. Basta con l`ipocrisia, con le inutili lacrime di coccodrillo, con i proclami a tempo determinato giusto per dare i titoli ai giornali.

Contro questa enorme, trasversale e ingorda illegalità diffusa occorrono leggi serie, capaci di imprimere la svolta, occorre una terapia d`urto. Aggredire i patrimoni dei corrotti così come la legge consente di aggredire quelli della mafia. Confiscare i patrimoni dei corrotti come quelli dei mafiosi, specie se si registra un`ingiustificata sproporzione fra reddito dichiarato e reddito effettivo, ed il corrotto non riesce a dimostrare la legittima provenienza del bene sospetto. Sarebbe un segnale forte di rottura con il passato, la dimostrazione che si vuole finalmente fare sul serio.

Non è più accettabile l`equazione appalti uguale tangenti. Non possiamo permetterci altri Mose o altri Expo. Si sono persi già venti anni, non si dovrebbe perdere un solo giorno in più. Ma è difficile essere ottimisti con la politica di piccolo cabotaggio che il presente ci riserva.

Antonio Ingroia

Tratto da: azione-civile.net