Saverio Lodato: "Falcone e Borsellino incompatibili nell'Italia di allora. In quella di oggi lo sono i pm della trattativa"

di AMDuemila
lodato-menti-raffinatissime

“Antonino Caponnetto, regista del pool antimafia di Palermo, nel raccontarmi i suoi anni a Palermo disse che persone come Falcone e Borsellino sono rari doni che ogni tanto Dio si concede di mandare su questa terra per rendere più sopportabile la vita ai comuni mortali. Ma aggiunse anche: il guaio è che lo scopriamo sempre dopo che sono morti.” E riferendosi ai pm Gozzo e Di Matteo, ha detto: “Io credo che questi sono i nostri eroi, che noi però dobbiamo tenere in vita”. Lo ha raccontato il giornalista e scrittore Saverio Lodato nel corso della conferenza “Menti raffinatissime” organizzata in occasione del 22° anniversario della strage di Capaci.
Per decenni, ha proseguito Lodato, “ci hanno raccontato una favoletta” e per decenni “ci abbiamo creduto. Ci hanno raccontato che da una parte c’era la mafia e dall’altra lo Stato, ma non è mai andata così. In Italia c’è stato lo Stato-mafia e la mafia-Stato, e di fronte a questi due non c’era l’antimafia, bensì un pugno di magistrati, poliziotti, carabinieri, giornalisti, politici, imprenditori, gente che lavorava in banca e che alla fine degli anni ’70 e inizio anni ’80 decisero da soli che dovevano contrapporsi alla mafia, non avendo alle spalle lo Stato”.

Lo scrittore che raccolse le dichiarazioni del giudice in un’intervista (è in quell’occasione che Falcone parlò delle ‘menti raffinatissime’) al tempo in cui era giornalista dell’Unità ha dichiarato che Falcone “non era più compatibile nell’Italia di allora. Come poteva quando, dal quarantennio andreottiano al ventennio berlusconiano” si è arrivati “a tre premier presidenti del consiglio nominati da un capo dello Stato che si elegge da solo una seconda volta? Falcone e Borsellino erano incompatibili nell’Italia di allora, e in quella di oggi lo sono i magistrati che indagano sulla trattativa. Ma cosa volevamo, che Napolitano applaudisse sapendo di essere stato scoperto al telefono con un indagato (l’ex ministro Nicola Mancino, ndr) che si è rivolto a lui per risolvere i suoi guai processuali?”. E in riferimento al pm Di Matteo: “Il pubblico ministero italiano non deve indagare su complicità e alte collusioni tra istituzioni e poteri criminali, ma se non ne può fare a meno deve stare zitto e muto… questa è la regola imposta dal Csm”. All’operato di Di Matteo e degli altri magistrati del pool trattativa si contrappongono “bande di garantismo organizzato” alle quali “appartengono tutti, da Napolitano a Dell’Utri, a Matacena, a Scajola”. “Sappiamo – ha proseguito nel corso dell’intervento – le minacce che incombono sui giudici di Palermo: scippare indagini, togliere processo da Palermo o la condanna, una spada di Damocle che pende su di loro”.
E in riferimento a Fiandaca, giurista che insieme allo storico Lupo ha scritto un libro che nega l’esistenza della trattativa, che se proprio ci fu si trattò di un dialogo ‘a fin di bene’, Lodato ha commentato: “Come fa Fiandaca ad essere candidato alle europee con il Partito democratico, che si onora di appartenere al partito di Pio La Torre?”. E Lupo, ha continuato, “è forse l’unico storico al mondo che sostiene che in Sicilia nell’immediato dopoguerra non ci fu alcun accordo tra gli alleati americani e la mafia. Tutti gli storici americani lo sostengono: in America ci fu una commissione d’inchiesta negli anni ’50 da parte del senato americano” che scoprì come “il compito di Lucky Luciano, che era stato mandato in Italia, era quello di stabilire contatti nel territorio di Sicilia con la mafia. Ci dobbiamo meravigliare?” ha concluso.

Fonte:Antimafiaduemila