Peppino Impastato e la strada della rivoluzione

di Lorenzo Baldo
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Cinisi (Pa). Con una passione civile travolgente Salvo Vitale, amico e compagno di lotta di Giuseppe Impastato, parla dal balcone di casa Impastato del  percorso da fare nel nome di Peppino: un percorso “difficile” e “di lotta”. Un fiume di gente lo ascolta, c’è Adriano Sofri, ci sono anche alcuni familiari di vittime di mafia, tra questi Vincenzo Agostino e Salvatore Borsellino. Insieme a loro diversi esponenti delle “Scorte civiche” siciliane ed alcuni rappresentanti dei movimenti delle “Agende rosse” di altre regioni d’Italia. Le bandiere “No Muos” spiccano su quelle rosse sorrette dai manifestanti. Così come gli striscioni in difesa di Nino Di Matteo e del pool di Palermo fanno capolino in mezzo al corteo che da Terrasini è giunto fin sotto casa di Felicia Bartolotta.

 

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La mamma di Peppino è scomparsa 10 anni fa ma la responsabilità di portare sulle proprie spalle la sua gravosa “eredità” viene ricordata da Giovanni Impastato che evidenzia ugualmente il grande lavoro a favore della verità svolto dal Centro Impastato in tutti questi anni. Il coraggio e la determinazione di Felicia Bartolotta vibra forte nei giovani che hanno abbracciato questa causa, ma anche nei vecchi militanti che si ostinano a difendere gli ideali di Peppino. Ed è sempre Salvo Vitale a raccontare i paradossi di un’Italia che continua a dare spazio ad un pregiudicato come Silvio Berlusconi (nel suo primo giorno ai servizi sociali) e che permette ad un condannato per mafia come Marcello Dell’Utri di poter fuggire indisturbato in Libano. Dopo aver ricordato le troppe vittime della violenza delle forze dell’ordine l’amico fraterno di Giuseppe Impastato parla di un Paese segnato dalla trattativa Stato-mafia. Un’Italia che si piega anche a trattative Stadio-mafia. Con trattenuta emozione il compagno di tante battaglie di Impastato ricorda la mattina del 9 maggio del 1978. “Agostino mi disse: ‘ammazzaru a Peppino’… in quel momento è come se un coltello mi avesse attraversato il cuore; dissi ai compagni di andare subito alla radio a togliere tutto quello che c’era… se oggi abbiamo ancora i nastri con la voce di Peppino lo dobbiamo al fatto che quel giorno abbiamo nascosto tutto quello che avrebbe potuto eccitare la fervida fantasia dei carabinieri”.

“Anche in quel momento – continua Vitale – ci siamo ritrovati a lottare contro forze dell’ordine alle quali non interessava arrivare alla verità, bensì dare in pasto all’opinione pubblica una soluzione: un estremista di sinistra di nome Peppino Impastato era andato a mettere una bomba sui binari ed era saltato lui stesso sulla sua bomba perché era terrorista o perché era un suicida. Ricordo che andammo sul posto, non ci fecero passare, andammo da Felicia che sembrava stesse vivendo un sogno brutto e dolorosissimo… non dava più retta a nessuno…”. Il racconto dell’amico di Peppino Impastato prosegue mentre la folla lo ascolta assorta. “Ricordo di essere tornato a casa mia (che era vicina a Radio Aut di 100 passi) vidi arrivare una camionetta con dei carabinieri, mi avvicinai, avevano una chiave e aprirono la sede di Radio Aut. A quel punto gli chiesi: ‘ma questa chiave chi ve l’ha data?’. E loro mi risposero: ‘era quella dell’Impastato’. Questo è uno dei misteri che in vita mia non ho mai risolto: come facevano a sapere che quella era la chiave di Radio Aut? Non c’era nessuna targhetta, Peppino la teneva in tasca insieme alle altre. Eppure i carabinieri avevano quella chiave. Ricordo che scesero con una matassa di filo soddisfatti: avevano trovato il filo che Peppino avrebbe usato per collegare la batteria della macchina all’esplosivo… e noi saremmo stati talmente cretini da lasciarlo nella sede della radio… Ricordo poi con tanta amarezza gli interrogatori… furono massacranti…”.

Nelle parole di Salvo Vitale c’è anche la consapevolezza della difficoltà a demolire quella mentalità mafiosa che ancora oggi sopravvive. “Questo è un Paese che ancora stenta a cambiare, un Paese che battiamo palmo a palmo affinché possano esserci segnali di mutamento, che sono lentissimi…”, sottolinea Vitale prima di un’ultima battuta sulla battaglia “No Muos”. “Noi non siamo più padroni del territorio, i padroni sono gli americani che hanno installato queste orribili parabole. Non è stato neanche preso in considerazione che una ditta in odore di mafia stia facendo i lavori all’interno della base americana, né tanto meno il fatto che illustri scienziati hanno affermato che le radiazioni di queste antenne siano assolutamente nocive per la popolazione. Ecco perché questa è una lotta che dobbiamo portare avanti senza lasciare soli i compagni di Niscemi!”.  “Il percorso che ci aspetta nel nome di Peppino è ancora un percorso molto difficile – conclude Salvo Vitale –, è ancora un percorso di lotta, ed è ancora un percorso che per molti versi si chiama rivoluzione, ma se abbiamo il coraggio potremo anche farla!”.