"C'è qualcosa che non va nel nostro Stato"

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di Francesca Mondin

“C’è qualcosa che non va nel nostro Stato” a dirlo è il direttore della rivista ANTIMAFIADuemila, ospite in studio di Radio Time di Palermo. Durante il programma”Time magazine” Bongiovanni ha elencato una serie di eventi e situazioni politiche, giuridiche e processuali, passate e presenti che fanno concludere con questa triste affermazione.
Ne è dimostrazione l’esistenza stessa del famoso processo Trattativa stato-mafia, che si sta svolgendo a Palermo, e non perchè il processo sia un “accanimento contro la politica” o non “abbia motivo di esistere”, come ad esempio i negazionisti della trattativa vorrebbero far credere, ma perchè ha portato alla luce fatti inquietanti della storia italiana. Uomini delle Istituzioni invece di appoggiare la dura lotta contro la mafia, iniziata dai ministri Scotti e Martelli sotto forte pressione di Giovanni Falcone, hanno deciso di scendere a compromessi con essa: “Dopo la strage di Capaci il ministro Scotti improvvisamente e senza motivazioni logiche o politiche viene sostituito dal ministro Mancino – ha spiegato il giornalista Bongiovanni – Scotti, che domani deporrà al processo Trattativa stato-mafia, ha sempre detto di non sapere il perchè di questa sostituzione presupponendo che c’era la volontà di alleggerire la lotta alla mafia che lui aveva intrapreso. Da qui si evince che purtroppo c’era una trattativa in corso dove lo Stato in ginocchio ha iniziato a trattare con la mafia, con il tentativo non solo di evitare altre stragi ma anche di salvare alcuni politici. Infatti erano 7 gli uomini dello Stato condannati a morte da Cosa Nostra. Il primo è stato Salvo Lima (ucciso nel 12 marzo ’92, ndr), poi doveva cadere Mannino, Andò, Martelli e via via fino al presidente Andreotti.” Ed è in questo quadro di morte che si inserisce anche la strage di Via D’Amelio: “Il giudice Borsellino venuto a sapere della trattativa si mette di mezzo e la ostacola, quindi dopo 57 giorni da Capaci c’è la strage di via D’Amelio. Mai la mafia a distanza di soli due mesi ha ucciso due magistrati. – ha spiegato Bongiovanni facendo una sintesi dei fatti complessi che avvennero in seguito alla strage di Capaci – I pentiti raccontano che Riina accelera la strage e che alcuni capi mafia del calibro di Raffaele Ganci e Salvatore Cancemi, bracci destri di Riina si oppongono. Ma il capo della cupola dice: ‘dobbiamo farlo fuori perchè ci hanno garantito che è un bene per tutta Cosa nostra’.” In seguito, ha raccontato Bongiovanni: “Cancemi (collaboratore di giustizia, ndr) dirà che Riina aveva incontrato personaggi importanti esterni a Cosa Nostra”.
Da sempre c’è qualcosa che non va in Italia. Il senatore Marcello Dell’Utri, condannato definitivamente a sette anni di carcere per mafia il 9 maggio di quest’anno, all’epoca delle stragi in continente (’93 -’94, ndr) fonda con Berlusconi il movimento politico Forza Italia”. Proprio in quel periodo viene meno l’intenzione di fondare un altro partito: Sicilia Libera, il cui capo sarebbe dovuto essere Leoluca Bagarella (cognato di Riina, ndr) mentre “Provenzano, che prende teoricamente il controllo di Cosa Nostra dal momento che Riina è in carcere, dice ‘garantiamo Forza Italia, non c’è bisogno di fare questo partito nostro’”.
Una serie di fatti rendono evidente che la questione della trattativa è molto complessa e delicata, il processo in corso è il risultato di anni di meticoloso lavoro e studio dei magistrati che hanno istituito il processo stesso, ora il titolare è il pm Nino Di Matteo assieme ai colleghi Francesco Del Bene, Roberto Tartaglia e Vittorio Teresi. Un processo molto delicato iniziato da poco, che potrebbe riscrivere la storia del nostro Paese.
Dovrebbe essere interesse di tutti quindi, Stato, cittadini e magistratura agevolare il più possibile la ricerca della verità ed evitare la dispersione del patrimonio conoscitivo raccolto in questi anni dai magistrati titolari delle indagini e del processo. Così come dovrebbe essere interesse primario del Consiglio superiore della magistratura garantire l’autonomia della magistratura dalla politica e quindi salvaguardarla da possibili condizionamenti. E’ questo il concetto ribadito successivamente da Bongiovanni.
bongiovanni-falcone-borsellinoA marzo di quest’anno il Csm ha modificato l’art. 8 della circolare sulle Dda nelle procure.
Partendo dal fatto che un magistrato non può rimanere nella Dda più di 10 anni “perchè secondo il Csm c’è il rischio di accentrare su di sè troppo potere”, con questa modifica sostanzialmente: “Di Matteo, Tartaglia e Del Bene (i primi due sono sostituti procuratori, applicati alla Dda e il terzo uscirà a breve dalla stessa, ndr) rischiano di essere estromessi dalle nuove indagini sulla trattativa. Cioé se nelle indagini entra una nuova persona loro non possono indagare più, deve farlo un altro magistrato che non ha seguito tutto dall’inizio.” Il rischio è chiaro: prescrizione o lettura sbagliata o non precisa dei fatti, data dall’enorme mole di documenti da studiare e capire che senza uno storico diviene molto difficile di quanto già non lo sia. Quindi come mai il Csm, organo di autogoverno dei giudici ha modificato questo articolo complicando l’iter del processo già abbastanza delicato?
“Il Csm, in passato ha compiuto altri errori incredibili, come aver bocciato Giovanni Falcone”.
A rendere ancora più drammatico il quadro c’è l’atteggiamento ambiguo di Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, nonché numero uno del Csm, che da una parte ha dichiarato pubblicamente di voler andare a fondo sulla questione della trattativa e scoprire la verità, dall’altra: “Ha ricevuto diverse telefonate da un imputato del processo mafia-Stato, l’ex ministro Mancino – ha spiegato Bongiovanni in radio – non sappiamo che cosa si sono detti ma di sicuro sappiamo che il presidente non ha chiuso in faccia il telefono all’imputato, ha risposto più volte e dopo ha chiesto la distruzione di queste intercettazioni (disposte dalla procura che teneva sotto controllo Mancino, ndr)”.
Rispondendo alla domanda di uno dei due conduttori della radio, Daniele Valenti, sui negazionisti della trattativa Stato-mafia il direttore di ANTIMAFIADuemila ha concluso: “Considerando che un grande sostenitore del negazionismo è il giurista Giovanni Fiandaca, professore universitario molto intelligente, penso che c’è qualche cosa che non quadra in questo Paese soprattutto in questa sinistra (il Pd per le europee ha appunto candidato Fiandaca, ndr) che è sempre stata il paladino della lotta alla mafia, penso che la sinistra sia diventata la nuova Dc e la Dc con la mafia diciamo che ha sempre pensato che bisognava convivere, per questo negano la trattativa perchè la sinistra era completamente coinvolta, quasi tutti i politici che sono stati salvati erano di centro sinistra.”

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Fonte:Antimafiaduemila