“La mafia non lascia tempo” raccontato ai ragazzi

di Francesca Mondin
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Venerdì mattina i ragazzi del liceo artistico “Umberto Preziotti” – “Osvaldo Licini” e dell’Istituto ITCG Galilei di Fermo hanno incontrato la scrittrice Anna Vinci e la caporedattrice della rivista ANTIMAFIADuemila Anna Petrozzi e hanno potuto ascoltare Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo Borsellino, collegato in diretta per l’occasione. Tema dell’incontro: la storia del collaboratore di giustizia Gaspare Mutolo, ex soldato di mafia e autista del capo di Cosa Nostra Totò Riina, raccontata da Anna Vinci nel libro “La mafia non lascia tempo” Rizzoli editore.
Attraverso l’esperienza di vita di questo uomo, vissuto per 20 anni in un mondo al contrario dove l’errore è punito con la morte, dove l’omicidio è giustificato in nome dell’ordine e dell’onore, le relatrici, hanno accompagnato i ragazzi in un percorso che svela quanto questa realtà sia molto più vicina di quello che comunemente si pensa. “Vi dovete rendere conto che tutti noi dobbiamo fare i conti col male e la violenza che c’è nel mondo- sostiene l’autrice – il peccato peggiore è quello dell’indifferenza. La verità è una parola pesantissima, voi potete fare molto, avete la responsabilità di non sminuire il significato delle parole.

”Ricordate sempre la frase ‘collusi con la mafia’, se sei colluso con la mafia anche se non sei responsabile dell’omicidio hai il 3 % di responsabilità”. L’importanza di confrontare le parole con i fatti non è un percorso facile spiega la caporedattrice di ANTIMAFIADuemila, “la verità è una ricerca lenta, il nostro stato non rappresenta l’autorevolezza che Mutolo percepiva in Falcone e Borsellino, ma ci sono tante persone che la rappresentano, bisogna cercarle e conoscerle, se vi date da fare la verità la troverete”.
Ne è un esempio Salvatore Borsellino, fondatore del movimento Agende Rosse di cui fanno parte molti giovani, che da quando è saltato in aria suo fratello, assieme ai ragazzi della scorta, non si arrende e continua a lottare. “Spesso si parla di ricordare, di memoria, io non voglio portare la memoria di Paolo ma voglio lottare per lui e quindi cercare quella verità e quella giustizia che in troppe stragi purtroppo ancora non è venuta alla luce”. “Oggi vengono isolati i magistrati che ricercano la verità sulla trattativa stato-mafia, Di Matteo, Tartaglia, Del Bene e Teresi – continua Salvatore – si trovano nella stessa situazione di Falcone e Borsellino, noi oggi dobbiamo lottare soprattutto per loro, Paolo è morto e non ha bisogno di protezione, è più vivo di prima perché i suoi mille pezzi sono entrati in molti di noi”.
“Ciascuno di noi deve capire come nel suo ambiente può combattere la mafia – spiega ai ragazzi il fratello di Paolo, rispondendo alla domanda di un ragazzo seduto in sala – innanzitutto bisogna conoscere ed informarsi anche se siamo in un paese dove i giornalisti liberi sono pochissimi purtroppo. Ma attraverso la rete le informazioni le potere trovare. Dovete partecipare attivamente, io ho commesso errori come quello di abbandonare la mia terra, non è servito a nulla, tutto quello da cui credevo di essere scappato me lo ritrovo qui, sotto casa a Milano.
Oggi la mafia è globalizzata, c’è ovunque, non andate via da questo paese, è vostro e ve lo dovete riprendere, io posso mettere a disposizione vostra i miei errori perchè voi non li ripetiate.”

Anna Vinci leggendo alcuni pezzi del suo libro spiega ai ragazzi cos’è la mafia scavando in profondità, andando a toccare l’uomo intimamente facendo perno su concetti universali e umani: “La mafia è un mondo chiuso, claustrofobico, dove manca lo sguardo dell’altro, se tu non ti confronti come fai a capire che cosa stai vivendo”. Mondo che, nel caso di Mutolo, ha cominciato a incrinarsi quando “la moglie, in seguito all’uccisione del figlio di un boss gli dice ‘ma siete impazziti che cosa state facendo?’, la maternità – spiega la scrittrice – ha la forza di rompere l’omertà, perché questa donna si mette dalla parte dell’altro, diventa prima madre e poi moglie”.
Ora Mutolo è riuscito ad abbattere definitivamente quel sistema chiuso in cui era entrato da ragazzo attirato dall’autorità di Riina, per il quale ha ucciso altri uomini. Ha riconosciuto in Falcone e Borsellino degli uomini veri che lo potevano proteggere, ha deciso di collaborare con la giustizia e come racconta Salvatore “è stato il primo, tra i collaboratori di giustizia a parlare dei rapporti tra mafia e politica, tra mafia e istituzione”. Alla fine del libro lo stesso Mutolo afferma che da ventidue anni è un uomo per bene ed è felice.
Questo dimostra che le cose, con l’impegno e lo sforzo, possono cambiare. “La fatica non deve essere un ostacolo ma uno sprone, nessuno di noi può permettersi di essere pessimista – conclude Anna Petrozzi – dal momento che Paolo Borsellino poche ore prima di essere ammazzato da un autobomba scrisse una lettera ad una professoressa in cui diceva ‘io sono ottimista’ ”.

Fonte:Antimafiaduemila