Archiviazione per l’azione disciplinare contro Di Matteo: il Csm rinvia (clamorosamente) la decisione

di Giorgio Bongiovanni e Lorenzo Baldo
di-matteo-csm

Roma. Rinviato. Per la terza volta il Csm ha rinviato la decisione in merito alla richiesta di archiviazione relativa all’azione disciplinare nei confronti del pm Nino Di Matteo. Come è noto il procedimento – avviato dal procuratore generale della Cassazione Gianfranco Ciani il 19 marzo del 2013 – si riferiva ad un’intervista del magistrato rilasciata al quotidiano la Repubblica il 22 giugno 2012. Secondo l’accusa Di Matteo avrebbe rivelato l’esistenza delle telefonate intercettate tra l’ex ministro Nicola Mancino e il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, violando la riservatezza a cui era tenuto. A finire sotto accusa era stato anche il procuratore capo di Palermo Francesco Messineo in quanto, secondo Ciani, non avrebbe denunciato il tutto allo stesso Csm. Di fatto il pm palermitano aveva unicamente risposto alla giornalista senza rivelare alcun segreto relativo alle telefonate tra Mancino e Napolitano di cui peraltro era stato Panorama.it a parlarne per primo.

L’ipocrisia di una richiesta di archiviazione
Il 19 dicembre scorso lo stesso procuratore generale della Cassazione aveva inoltrato un’istanza di archiviazione nei confronti di Nino Di Matteo nella quale, con molta nonchalance, veniva specificato che la notizia delle telefonate Mancino-Napolitano non l’aveva svelata Di Matteo, ma Panorama, in un articolo “presente nella rassegna stampa del Csm del 21.6.2012”. Quindi “con apprezzabile probabilità occorre assumere che la notizia… fosse oggetto di diffusione da parte dei mass media in tempo antecedente a quello dell’intervista incriminata”. Su Di Matteo, inoltre, veniva specificato che quest’ultimo aveva tenuto “un atteggiamento di sostanziale cautela” e “non pare potersi dire consapevole autore di condotte intenzionalmente funzionali a ledere diritti dell’Istituzione Presidenza della Repubblica”, semmai “intenzionato a rappresentare la correttezza procedurale dell’indagine”. Pertanto “la condotta del dr. Di Matteo non si è verosimilmente consumata nei termini illustrati nel capo d’incolpazione, tanto che nessun rimprovero disciplinare si ritiene di poter articolare nei suoi confronti”, né in quelli di Messineo. Un delirio di ipocrisia, partorito proprio da colui che aveva avviato la stessa azione disciplinare.

Il Csm secondo Pilato
Il Consiglio Superiore della Magistratura avrebbe dovuto discutere di questa richiesta di archiviazione lo scorso 6 marzo. Ma da quel momento è iniziato un valzer di rinvii che non ha precedenti. Quello stesso giorno si è avuto il primo stop: la discussione è stata posticipata al 10 marzo. Poi si è arrivati al secondo rinvio: 21 marzo. Infine, la data fissata per la decisione sulla richiesta di archiviazione è slittata al primo aprile. Che sta succedendo? Non è del tutto infondato il sospetto che lo stesso Csm stia prendendo tempo in attesa della decisione della Cassazione, prevista il prossimo 18 aprile, sull’istanza di rimessione (per far spostare da Palermo il processo sulla trattativa) avanzata dai legali degli ex ufficiali del Ros Mori, De Donno e Subranni. Certo è che l’atteggiamento pilatesco di chi è chiamato a rendere giustizia nei confronti di un magistrato condannato a morte da Totò Riina – e finito sotto accusa per un falso storico – si qualifica da sé. Il primo aprile vedremo se si chiuderà finalmente questa pagina vergognosa per la magistratura italiana, o se invece proseguirà questa strategia strisciante degna di uno Stato-mafia.

Fonte:Antimafiaduemila