A chi servono gli OGM?

Tutte due le risposte sono sbagliate, perché, a parte una papaya coltivata nelle Hawaii, le specie di piante geneticamente in commercio sono solo 4 (mais, soia, cotone e colza), tutte resistenti a insetti o a diserbanti o a entrambi, e invece di ridurre la fame nel mondo indirettamente la aumentano. Quando dico questo, se nella platea c’è un sostenitore degli OGM, mi attacca usando un dato che sembra contraddire quello che io ho detto.

Un successo limitato

È infatti vero che, nonostante siano le sole piante OGM prodotte in venti anni, soia, mais, cotone, colza resistenti a insetti e diserbanti erano coltivati nel 2009 in ben 134 milioni di ettari. Di questi, 64 erano negli Stati Uniti, 21,4 in Brasile, 21,3 in Argentina, 8,4 in India, 8,2 in Canada, i Paesi che, insieme a Cina, Paraguay e Sud Africa, superavano il milione di ettari di produzione. Gran parte della superficie coltivata ad OGM era costituita da soia resistente a diserbanti e a insetti, seguita da mais, mentre le altre due piante (cotone e colza) hanno avuto successo solo in ambiti circoscritti. I dati della produzione per ettaro di mais e soia reperibili nel sito dello USDA (il Dipartimento agricoltura degli Stati Uniti) mostrano un aumento di produzione costante dal 1977 al 2007, ma sempre con la stessa velocità, nonostante che le piante OGM siano state immesse sul mercato solo nel 1996. L’aumento di produzione, quindi, non è dovuto all‘introduzione degli OGM (perché altrimenti si sarebbe avuto un balzo nella produzione da quell’anno in poi), ma al miglioramento delle tecniche di coltivazione e al lavoro dei miglioratori genetici “tradizionali” che selezionano i “genitori” delle piante da modificare.

Diserbanti e insetticidi

L’uso degli OGM non ha nemmeno ridotto la quantità di diserbanti e insetticidi consumati: le piante resistenti sono state costruite proprio per poter consentire trattamenti di diserbo fino alla raccolta. Per quanto riguarda la resistenza agli insetti, inizialmente si è ridotto l’uso di insetticidi, ma poi le cose sono cambiate in peggio. Innanzitutto la presenza delle piante modificate per acquisire capacità insetticida ha provocato la selezione di insetti resistenti della specie combattuta. L’eliminazione degli insetti della specie colpita, inoltre, ha avvantaggiato altre specie prima non competitive, contro le quali si sono dovuti usare altri insetticidi in quantità maggiore di prima. Infine, l’eccessiva erogazione di diserbanti ai quali le piante OGM possono resistere, ha favorito la selezione di piante infestanti resistenti. L’unico vantaggio economico viene dalla diminuzione della manodopera utilizzata per il diserbo, il che non è necessariamente positivo.

Per il profitto delle grandi imprese

Ma allora, se gli OGM non servono a nessuno, come mai sono coltivati su superfici così estese? La risposta è facile: ci guadagnano le grandi imprese che controllano, di fatto, gran parte della filiera alimentare. Si tratta di imprese originariamente chimiche, che, a partire dagli anni ’90, hanno assorbito altre imprese farmaceutiche e sementiere,  che controllano il mercato dei fertilizzanti, degli antiparassitari e anche quello, cruciale, della distribuzione dei semi. Queste imprese  trattano da pari a pari con gli Stati nazionali e con l’Unione europea, fanno una propaganda aggressiva sui vantaggi delle piante geneticamente modificate (PGM), si infiltrano negli organismi di controllo pubblici e condizionano le politiche agricole. Così, le tre sorelle hanno concluso accordi con Paesi in via di sviluppo, hanno comprato terre, togliendole ai contadini anche con la forza, e sostituendone le piccole aziende con imprese di oltre 100.000 ettari in cui coltivano OGM che vengono venduti nel Nord del mondo. Poiché le PGM sono brevettate dalle multinazionali le imprese agricole devono pagare le royalties e ogni anno comprare nuovi semi. Le multinazionali spendono moltissimo in pubblicità che influenza l’andamento delle borse. I guadagni, quindi, non vengono più dalla vendita diretta dei prodotti, ma dai brevetti, dalla pubblicità, dallo sfruttamento di ogni notizia positiva per le imprese che determinano importanti guadagni in borsa. In un mercato ormai per niente libero e essenzialmente finanziario, conta molto di più il fatto che si sappia che un nuovo Paese ha ammesso gli OGM rispetto alla reale utilità di questi prodotti.

Fonte:valorealimentare.it