Omicidio Manca: giudici incompetenti

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di Giorgio Bongiovanni – 22 agosto 2013

Con tutto il rispetto che si può avere per la Procura di Viterbo, per il Gip Salvatore Fanti, per il procuratore capo Alberto Pazienti ed il sostituto procuratore Renzo Petroselli, titolare delle indagini, l’accoglimento della richiesta di archiviazione per i cinque indagati siciliani di Barcellona Pozzo di Gotto (Ugo Manca, cugino di Attilio, Angelo Porcino, già detenuto perché sospettato di appartenere al clan dei “Barcellonesi” e i compaesani Renzo Mondello, Salvatore Fugazzotto e Andrea Pirri) per la morte di Attilio Manca è una notizia che getta scandalo sulla magistratura italiana. 
E’ evidente che la Procura di Viterbo, non essendo dotata della Dda (Direzione distrettuale antimafia), non aveva le giuste competenze per occuparsi di un caso, tanto intricato quanto delicato, in cui non mancano elementi di prova che accostano il delitto ad una matrice mafiosa.

Secondo il Gip il giovane urologo è morto per droga, anche se resta assolutamente un mistero come abbia fatto ad iniettarsi la dose sul braccio sinistro, lui che era mancino. Sempre per il Gip a consegnargli la droga sarebbe stata Monica Mileti, unica rinviata a giudizio per un omicidio ormai prescritto, pertanto è corretto dire che il caso Manca, allo stato attuale, resta un caso senza verità con tanti buchi neri. Alla luce di ciò il Procuratore generale di Viterbo avrebbe dovuto avocare a sé le indagini sul caso e chiedere alla Procura Nazionale Antimafia l’applicazione ad un pm competente nelle indagini antimafia in modo da organizzare delle indagini più approfondite ed adeguate su un eventuale delitto mafioso. Sì perché gli elementi che riconducono ad una tale ipotesi non sono pochi. C’è da capire chi sia quella persona che Attilio Manca ha curato a Marsiglia, quando disse ai familiari che vi era andato per assistere a un intervento chirurgico. Può davvero essere una coincidenza che in quei giorni, per farsi eseguire un’operazione alla prostata, era andato sotto falso nome a Marsiglia Bernardo Provenzano? Aspetti che non possono essere lasciati senza verifica così come va approfondito il perché della mancata rilevazione delle impronte digitali dalle due siringhe trovate con il tappo inserito nella casa dell’urologo il giorno del ritrovamento del corpo.
 Quesiti che, pur in attesa di conoscere le motivazioni della decisione di archiviazione, restano apertissimi e che dimostrano come possa essere tutt’altro che improbabile la pista mafiosa. 
Per chiarire ogni dubbio è quindi necessario che il caso venga riaperto e pertanto sarebbe opportuno che la Procura Nazionale Antimafia lo prenda in mano assegnandolo ad una Procura competente. Solo quando verranno analizzati tutti i fatti e chiariti tutti i misteri in maniera approfondita (al contrario di quanto è stato fatto fino ad oggi) si potrà davvero dire che il caso Manca è chiuso. Fino ad allora saremo di fronte ad un ulteriore caso di verità sepolta. Uno schiaffo alla dignità della famiglia Manca e di tutti coloro che, come noi, chiedono giustizia.

Fonte:Antimafiaduemila