CONTRO IL PIZZO, NEL NOME DI LIBERO GRASSI

Oggi 29 agosto 2013 ricorre il ventiduesimo anniversario della morte di Libero Grassi. Il 29 agosto del 1991 alle 7.45 di un’assonnata mattina di fine estate palermitana fu barbaramente ucciso sotto l’uscio di casa l’imprenditore tessile che fu fra i primi a denunciare pubblicamente il suo “No” al pizzo. Tra i possibili mandanti di quel delitto uomini di Cosa nostra come Totò Riina, Bernardo Provenzano, Pietro Aglieri e la “famiglia” dei Madonia.
Si era rifiutato di pagare il pizzo, Libero. E con grande clamore mediatico, sul Giornale Di Sicilia ed alla trasmissione televisivaSamarcanda di Michele Santoro, aveva detto di non volere altra “protezione” che non fosse quella della polizia e che non avrebbe avuto intenzione di soggiogare alle richieste estorsive che gli venivano ripetutamente sottoposte. Incredibilmente però, le associazioni di categoria non gradirono quelle sue pubbliche dichiarazioni  e  lo isolarono nella sua denuncia contro la mafia. Qualche giorno dopo, il 29 agosto 1991, mentre Libero Grassi si dirigeva sul posto di lavoro, un commando di fuoco gli sparò 5 pallottole che lo lasciarono esanime sul marciapiede. Dalla sua morte un manifesto affisso annualmente dalla famiglia recita “Il 29 agosto 1991 qui è stato assassinato Libero Grassi, imprenditore, uomo coraggioso, ucciso dalla mafia e dall’omertà dell’associazione industriali, dall’indifferenza dei partiti, dall’assenza dello Stato”. Il sacrificio di Libero Grassi, molti anni dopo, è stato il faro che ha illuminato la “rivolta” dei giovani siciliani contro il pizzo, al fianco degli imprenditori che denunciano e che decidono di dire pubblicamente”No” al racket, dei consumatori che scelgono di sostenere queste imprese, mettendo in campo un consumo critico che crea una rete contro mafie e illegalità. Abbiamo sentito, a 22 anni dalla morte di di Libero Grassi, il presidente di Addipizzo, il movimento  impegnato oggi a Palermo e in Sicilia in questo percorso.

Cos’è cambiato a Palermo, 22 anni dopo la morte di Libero Grassi?
Il dato più significativo è certamente la nascita di Addiopizzo, una rete di commercianti “pizzo free” e di “consumatori critici” che dal 2004 danno sostegno all’antiracket attraverso un meccanismo semplice: pagare chi non paga e denunciare chi ti fa richiesta di pizzo. Un’idea elementare che scombussola i piani del quieto vivere e delle consolidate abitudini a “mettersi apposto”. Un modo di guardare al commercio ed all’imprenditoria con sguardo libero da ogni condizionamento e che “sconzajuoco” (ndr: scombinare il gioco), come titola la spiaggia a Capaci gestita dai ragazzi dell’associazione, che con caparbio impegno civico s’impegnano insieme ad 800 imprenditori alla liberazione di questa terra bella e disgraziata.

Libero oggi non sarebbe più solo ed isolato. Rispetto a quei tragici anni sono mutate le condizioni e vi è un’acquisita sensibilità civica.
Tanti commercianti, probabilmente, si unirebbero a quel gesto di cittadinanza responsabile ripetendo in coro quella frase da lui pronunciata qualche giorno prima di essere ucciso. “Se paghiamo i 50 milioni torneranno poi alla carica chiedendoci altri soldi, una retta mensile, saremo destinati a chiudere bottega in poco tempo”.

Cosa manca allora per sradicare  il fenomeno estorsivo, a Palermo come nel resto del Paese?
La via per la liberazione dal fenomeno del pizzo è ancora lunga e tortuosa. Ci sono però delle crepe nel muro dell’omertà, della connivenza e della sonnolente accettazione che fa intendere il racket come un costo necessario e da pagare per avere tranquillità e per godere di servizi connessi (recupero crediti, gestione di vertenze sindacali e della concorrenza).
La soluzione –   sottolinea in chiusura Marannano, passa anche attraverso un’assunzione corale di responsabilità da parte di tutti: cittadini, istituzioni, il mondo dell’impresa, l’associazionismo e financo la politica. Si, proprio la politica. Quella con la P maiuscola a cui anche Libero Grassi aveva fatto riferimento sottolineando l’importanza della qualità del consenso elettorale che è figlio del buon esempio e di corretti modelli di comportamento coerenti con la lotta alla mafia ed alla corruzione. Ad una cattiva raccolta di voti – aveva detto richiamandosi al reticolo delle complicità –  corrisponde una cattiva democrazia. Anche per questo, Addipizzo  insieme a Libero Futuro ed il FAI,stanno “esportando” fuori da Palermo questi percorsi collettivi, in altri contesti difficili come le  province di Trapani, Agrigento, Catania e Messina.
Quello di Libero Grassi, portato avanti nell’impegno della rete di associazioni antiracket, è un insegnamento più che mai attuale, mentre in Parlamento ci si interroga sulla necessità della modifica del 416 ter sul reato di scambio elettorale politico-mafioso e la cronaca nazionale, purtroppo, racconta ancora di casi di condanne di deputati, senatori, consiglieri ed amministratori locali per reati di corruzione. Soggetti pubblici che, privando la collettività di risorse di tutti, dimostrano profonda immoralità e che dovrebbero, invece, avere l’onestà e l’integrità morale di Libero Grassi, imprenditore e cittadino sconzajuoco (colui che scombina/fa saltare/turba le regole di un gioco, ndr)

L’intervista ai ragazzi di Addiopizzo a cura di Umberto di Maggio pubblicata su Libera Informazione

fonte: www.libera.it