Ior: la banca del Vaticano al servizio di Mammona

di Giorgio Bongiovanni e Miriam Cuccu – 2 luglio 2013

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E’ una bufera implacabile quella che imperversa su Città del Vaticano e che va a scuotere le fondamenta stesse dell’Istituto per le Opere di Religione. Ad appena quattro giorni dall’annuncio di Papa Francesco sull’istituzione di una Commissione per fare pulizia nello Ior sono arrivate le dimissioni del direttore generale della banca del Vaticano Paolo Cipriani e del suo vice Marco Tulli, subito accolte dal board dello Ior e dal Consiglio cardinalizio di sorveglianza. Dimissioni opportunamente avanzate, dietro sollecitazione del Papa, in vista di un inevitabile licenziamento che li avrebbe comunque tagliati fuori dalla scena. Dal 2010 la Procura di Roma aveva avviato un’inchiesta per sospetta violazione delle norme antiriciclaggio, nello specifico per una movimentazione di 23 milioni di euro verso il Credito Artigiano, spartiti tra a J. P. Morgan Frankfurt e la Banca del Fucino, nella quale sarebbero coinvolti proprio i vertici dello Ior.
Nominato per assumere momentaneamente le funzioni di direttore generale il presidente Ernst von Freyberg in collaborazione con Rolando Marranci, che copre il ruolo di vice direttore, e Antonio Montaresi nella nuova posizione di chief risk officer (entrambi appartenenti alla società esterna Promontory e dallo scorso febbraio collaboratori personali di Von Freyberg). Si tratta, ad ogni modo, di una situazione di stallo in quanto è già stato avviato “un procedimento di selezione al fine di nominare un nuovo direttore generale e un vice direttore nel prossimo futuro”.

“Dal 2010 lo Ior e la sua direzione — ha commentato il presidente von Freyberg — hanno lavorato seriamente per portare le strutture e i procedimenti in linea con gli standard internazionali di lotta al riciclaggio di denaro. Sebbene siamo grati per i risultati conseguiti, oggi è chiaro che abbiamo bisogno di una nuova direzione per accelerare il ritmo di questo processo di trasformazione”. Finora, in realtà, il direttivo dello Ior non si è mai opposto alla sempre più massiccia speculazione finanziaria, con la fondamentale complicità dei vertici ecclesiastici.
Coinvolto nell’inchiesta dello Ior anche monsignor Nunzio Scarano, ex contabile dell’Amministrazione per il Patrimonio della Sede Apostolica e accusato di corruzione nei confronti di Giovanni Zito, agente dei servizi segreti italiani, per il trasferimento in Italia di 20 milioni di euro provenienti dal conto svizzero del broker Giovanni Carenzio (secondo Scarano, Carenzio avrebbe ricevuto da diverse persone contanti da investire per un totale di circa 70-80 milioni di euro). Tutti e tre sono stati arrestati venerdì scorso. In base alle intercettazioni effettuate dalla Guardia di Finanza, Scarano sarebbe molto legato agli ex direttore e vice direttore dello Ior. In alcune conversazioni avrebbe parlato loro in tono confidenziale di trasferimenti di contanti sul suo conto Ior. Richieste probabilmente non del tutto trasparenti dato che hanno contribuito all’ormai inevitabile rassegnazione delle dimissioni di Tulli e Cipriani.
Monsignor Scarano, interrogato dal gip Barbara Callari, ha ammesso il suo coinvolgimento nel trasferimento dei 20 milioni di euro per conto degli armatori Paolo e Cesare D’Amico, nonché di aver ricompensato l’agente Zito con una parcella di 400 mila euro. Il tutto, sostiene l’ex contabile dell’Acsa, assolutamente in buona fede solo per fare “un favore ai D’Amico” e per paura nei confronti dell’ex agente segreto, al quale avrebbe dato il denaro solo dietro ripetute minacce.
I dettagli di questi torbidi traffici sono ancora tutti da chiarire, soprattutto a seguito degli imminenti interrogatori di Zito e Carenzio . Nel frattempo i D’Amico hanno fatto sapere di essere totalmente estranei alla vicenda.
Nelle intercettazioni telefoniche sono citati anche nomi di altri personaggi che sarebbero coinvolti nelle losche attività bancarie di Scarano, come il direttore della gendarmeria vaticana Domenico Giani e il colonnello Costanzo Alessandrini, che si sarebbero messi a consapevolmente a disposizione del monsignore.
La lista degli indagati è lunga, e comprende nomi come quello di don Evaldo Biasini, detto “don bancomat” coinvolto nell’inchiesta riguardante gli appalti dei Grandi Eventi, o il dentista Roberto Letta che, con la complicità di Massimiliano Marcianò, occultava i suoi guadagni trasferendoli a un certo don Luigi Noli sotto forma di donazioni esentasse.
Sono solo alcune delle dinamiche che ruotano attorno all’Istituto per le Opere Religiose, che svela uno scenario nel quale depositi religiosi messi a disposizione di clienti laici con la fedine penale sporca e le norme anti-riciclaggio vengono sistematicamente violate.
Tutto ciò non sembra andare a genio a Papa Francesco: “Lo Ior è necessario, ma fino a un certo punto” ha ricordato il nuovo Pontefice nel corso di una messa. La riforma della curia romana e di molti dei suoi vertici sembra essere considerata una pericolosa minaccia da chi invece mette a disposizione i conti correnti dello Ior per chi ha bisogno di un oasi sicura dove poter depositare guadagni di dubbia provenienza. Mafia compresa.

In foto: la Basilica di San Pietro (in alto)

Fonte:Antimafiaduemila