Bongiovanni a Rai Radio1: “La strage di Capaci non è solo mafia”

Di AMDuemila – 23 maggio 2013 – AUDIO ALL’INTERNO!
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In occasione del XXI anniversario della strage di Capaci e della morte di Falcone, di Francesca Morvillo e degli agenti della scorta Giorgio Bongiovanni, direttore di ANTIMAFIADuemila, interviene al programma ‘Baobab’ trasmesso da Rai radio1.
“Lo stesso Falcone, di cui oggi ricordiamo appunto la scomparsa insieme alla moglie e agli agenti della scorta, diceva all’indomani del fallito attentato all’Addaura che non si trattava più solo di mafia. C’erano infatti ‘menti raffinatissime’ e personaggi appartenenti a centri occulti di potere che lo volevano assassinare perchè era diventato troppo scomodo. Ora, se quel discorso fu valido per l’attentato all’Addaura, non vedo perchè non possa andare bene anche per la strage di Capaci. Falcone fu quindi in un certo senso profeta di sé stesso, in quanto ci indicò una strada per leggere ciò che accadde a Capaci e per capire che, purtroppo, non è solo mafia”.

Una mafia che da una parte si è trasformata in “un fenomeno nazionale e internazionale, soprattutto a causa del monopolio del traffico di cocaina detenuto da ‘Ndrangheta e Cosa nostra” che grazie ai miliardi di cui dispone “può corrompere personaggi potenti appartenenti alle banche e alle istituzioni” ma che dall’altra continua a perdere consenso nella società. “Quando il mafioso vede manifestazioni come quella di oggi a Palermo, che provocano una perdita di consenso, cerca in tutti i modi di riconquistarlo. Purtroppo in questa città, al di là di questi giorni importantissimi, dove più che festeggiare è essenziale celebrare, ricordare e fare memoria, per necessità e bisogno spesso il cittadino ricorre più al mafioso e meno allo Stato, perchè ancora oggi può dargli qualche soddisfazione. Onestamente però la mafia militare sta perdendo consenso. Ma c’è un’altra mafia, quella dei colletti bianchi, che è ancora potente”.
E lo Stato come reagisce di fronte al dilagare del fenomeno mafioso? “Oggi non vediamo uno Stato forte, ma uno Stato che cerca in qualche modo di contenere il fenomeno, e non di annientarlo. Un gravissimo segno è ad esempio il fatto che a Castelvetrano c’è ancora un latitante che sta per battere il record di Totò Riina: si chiama Matteo Messina Denaro. E in un paesino di cinquemila abitanti lo Stato italiano, che in Sicilia dispone di diecimila funzionari tra carabinieri, polizia, Guardia di Finanza e reparti speciali, non riesce a catturarlo. È impossibile accettare che un capomafia, latitante da ventiquattro anni e condannato per strage non venga catturato. Sebbene ci siano molti componenti delle forze dell’ordine, nella Squadra Mobile di Palermo e Trapani, solo una ventina di persone viene impiegata nella sua ricerca quando ci sono tutti i mezzi, i soldi, le capacità e la tecnologia per poterlo arrestare. Noi non vogliamo avere l’impressione che questo Stato ancora non voglia eliminare la mafia, e ce lo deve dimostrare”.
C’è però un importante fatto che segna una svolta nella storia del nostro Paese: “Il 27 maggio si aprirà un processo mai accaduto nella storia, dove i boss di Cosa nostra verranno processati insieme a pezzi dello Stato per quella famosa trattativa mafia – Stato. I giudici valuteranno se i ministri e gli ex ministri erano veramente complici dei mafiosi, ma si tratta comunque di un segnale importante, perchè finalmente quei centri occulti di potere di cui parlava Falcone potranno essere smascherati, anche se lentamente, dalla magistratura e dallo Stato, quello Stato forte e vero”.

In foto: il direttore Giorgio Bongiovanni

Fonte:Antimafiaduemila