Firenze contro le mafie: la forza del cambiamento

libera-bandiera-web1Di Miriam Cuccu

“Vi prego, non uccidiamoli una seconda volta” grida don Ciotti di fronte a oltre centocinquantamila persone. Centocinquantamila donne, uomini e soprattutto studenti che il 16 marzo hanno colorato le strade di Firenze di bandiere e striscioni. “Non uccidiamoli con il silenzio, con la delega, con la rassegnazione e con l’indifferenza. Non uccidiamoli con la memoria rituale, celebrativa, fine a se stessa” continua il presidente di Libera, e il suo appello viene coperto da trecentomila mani che applaudono. “No a parole irresponsabili. Sono gravi le parole che abbiamo sentito e che purtroppo continuiamo a sentire, come chi dice che i magistrati sono peggio della mafia. Sono parole che offendono, che uccidono”.
Grida don Ciotti, e il suo richiamo non è rimasto inascoltato. Alla Giornata della Memoria e dell’Impegno contro le mafie si sono dati appuntamento associazioni, classi, gruppi scout che con la loro presenza hanno voluto stringersi attorno ai familiari delle (finora conosciute) novecento vittime di mafia. Il 16 marzo Firenze, culla di quel Rinascimento che ha rivoluzionato l’arte e la cultura, oggi è diventata città del rinascimento morale, della speranza di un futuro libero dal compromesso e dall’illegalità. Tutto questo è riflesso negli occhi e nei sorrisi dei ragazzi che hanno riso, ballato, cantato, gridato la loro gioia di essere qui oggi, adesso. Alcuni di loro ci hanno spiegato “quanto sia importante partecipare oggi, perchè più siamo più facciamo capire che siamo convinti dei nostri ideali” per sconfiggere una mafia che non fa così paura “se ci sono giovani come noi che si impegnano e partecipano a queste iniziative, perchè noi siamo il futuro”. E il futuro oggi è rappresentato da migliaia di coloratissime bandiere e striscioni scossi al ritmo delle canzoni di Fiorella Mannoia. “Non siete Stato voi”, “Chi tace muore ogni giorno, chi parla e cammina a testa alta non muore mai”,  “Non cambiare il mondo per vivere ma vivi per cambiare il mondo” sono solo alcuni dei pensieri che i giovani manifestanti hanno voluto scrivere per l’occasione. Presenti oltre a Libera il comitato No Muos e diverse associazioni studentesche e scoutistiche di tutta Italia che hanno percorso, da Fortezza da Basso, quasi quattro chilometri prima di arrivare allo stadio Franchi, dove la folla ha ascoltato in silenzio la lettura dei nomi delle vittime della mafia.
Tra i personaggi saliti sul palco per rendere loro omaggio hanno presenziato Renzi e de Magistris, rispettivamente sindaci di Firenze e Napoli, il segretario Cgil Susanna Camusso, il premio Nobel per la Pace Perez Esquivel, il leader di Rivoluzione civile Antonio Ingroia e il procuratore di Torino Gian Carlo Caselli, che ha concluso tra applausi scroscianti la cerimonia di lettura di coloro che hanno sacrificato la propria vita pur di non abbassare la testa e tacere: “A voi, e a tutti coloro di cui non conosciamo ancora i nomi, la nostra memoria e il nostro impegno”.
ciotti-mannoia-bigNomi gridati, sussurrati, ricordati dai quasi seicento familiari che nella giornata di oggi si sono riuniti ancora una volta per chiedere verità e giustizia. “Il 27 Maggio all’1:04 di venti anni fa Cosa nostra ha organizzato una strage di tipo cileno nel centro della civilissima Firenze” ha asserito Giovanna Maggiani Chelli, presidente dell’Associazione tra i familiari delle vittime di via dei Georgofili, che ha concluso rivolta alla folla: “Sono felice di vedervi così numerosi oggi, ma perchè siete tutti qui solo dopo vent’anni? Dove eravate mentre noi, da soli, eravamo in giro nelle piazze, nelle scuole, nelle aule di tribunale a chiedere giustizia? Se non ci siete rimasti da soli chi vi ha tenuto rintanati?”. E dunque, se sono stati necessari vent’anni per fare sì che la società civile si risvegliasse e si unisse ai familiari delle vittime contro l’atteggiamento omertoso che aleggia su tutti gli omicidi di mafia, che tutto questo non si esaurisca in una sola giornata. Che i semi di giustizia gettati qui oggi continuino a crescere ogni giorno di più. Che non venga mai dimenticato che è l’impegno quotidiano di tutti e l’unione cosciente e solidale tra i cittadini il modo migliore per ricordare chi, pur nella completa solitudine, ha scelto di dire “no” alla mafia.
Una mafia che si comincia a combattere sui banchi di scuola, e sono gli stessi ragazzi a confermarcelo: “E’ necessario cambiare la mentalità, istruire i giovani per fare sì che non entrino nel giro della mafia”. E ancora: “Per sconfiggerla l’unica possibilità è data dall’istruzione, dal trasmettere ai ragazzi che fin dalla tenera età non devono cominciare ad avere una mentalità da mafioso” ci hanno detto in in tanti.
“Non uccidiamoli con la mafiosità – grida ancora don Luigi Ciotti – che può annidarsi in ciascuno di noi. La mafiosità delle coscienze addormentate o addomesticate, perché ci sono tante coscienze addomesticate in questo Paese. La mafiosità che ‘tanto non vi riguarda’, dell’alibi della superficialità. La mafiosità come cattivo odore, di una società dove il diritto conta meno della forza, e la protezione non la si cerca nelle leggi ma nel favore del potente di turno”. E continua rivolto alla folla:  “Voi non vedete questa piazza immensa. Qui c’è veramente la più grande trasversalità del nostro Paese perchè rappresentate luoghi, contesti, espressioni e storie diverse, tutti insieme. Noi dobbiamo unire ciò che la mafia e il mondo dei potenti e dei corrotti vogliono dividere”, non solo con l’indignazione “che si cura restituendo dignità alle persone, al lavoro, alla cultura e alla democrazia” ma “unendo le forze degli onesti per trasformarci in forza di cambiamento”. E rivolgendosi alle istituzioni ha proclamato con forza quanto sia importante conoscere la verità, troppo spesso e troppo a lungo negata alle famiglie: “Diteci la verità! Da questa città, da questo palco, con tutti voi la voce si alza per chiedere… diteci almeno dove li avete sepolti! Ve lo chiedono queste mamme, questi papà, questi figli, diteci almeno questo, perchè noi non abbiamo mai dimenticato…” e al suo appello fa eco quello della vedova Caponnetto, di Vincenzo Agostino, di Nando Dalla Chiesa… di tutti coloro che si sono visti voltare le spalle da uno Stato poco credibile e troppo compromesso, corrotto al midollo da un cancro che vive e prospera da secoli. “E’ da quattrocento anni che parliamo di Camorra, da duecento anni che parliamo di Cosa nostra, e decenni e decenni che parliamo della ‘Ndrangheta e della Sacra Corona Unita. Ma perché? Perché?”.
Sotto il palco la folla abbassa la testa sotto il peso delle tante domande che ancora non trovano una risposta, ma cosciente che per assolvere il cambiamento richiesto oggi è indispensabile essere uniti nell’impegno, nella lotta, nella responsabilità civile.
Fonte:Antimafiaduemila
In foto: don Luigi Ciotti e Fiorella Mannoia (© F. Mannoia)