Dell'Utri, “vicino a tutte le famiglie di Cosa Nostra”

di Lorenzo Baldo e Monica Centofante – 3 ottobre 2012

dellutri-marcello-web

Dopo la guerra di mafia dei primi anni Ottanta che aveva portato i corleonesi di Riina al comando di Cosa Nostra, l’ala dei perdenti avrebbe progettato l’omicidio di Vittorio Mangano al fine di salvaguardare i propri affari sull’asse Milano – Palermo. Più precisamente i grandi investimenti del denaro proveniente dal traffico internazionale di stupefacenti nella costruzione di Milano 1 e Milano 2.

Realizzati grazie alla complicità di Marcello Dell’Utri, un “cucchiaio per tutte le pentole”, “vicino a tutte le famiglie di Cosa Nostra, anche se in modo particolare era vicino alla nostra”.
Le accuse del collaboratore di giustizia Gaetano Grado fanno capolino al nuovo processo d’appello contro il senatore Marcello Dell’Utri, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa.
Nel corso dell’udienza di questa mattina, la prima dopo la pausa estiva, il procuratore generale Luigi Patronaggio ha chiesto alla corte presieduta da Gaetano Loforte di riaprire il dibattimento per ascoltare lo stesso Grado, ex uomo d’onore della famiglia di Santa Maria Di Gesù, fratello di Antonino Grado ucciso nel corso della guerra di mafia e vicinissimo ai boss Bontade e Teresi oltre che a Vittorio Mangano, al quale era legato da un rapporto di amicizia personale.
Interrogato dalla Pna e poi dalla Dda di Palermo nell’agosto scorso, Grado aveva parlato di attività di riciclaggio effettuate dalla mafia negli anni Settanta a Milano con la complicità di Marcello Dell’Utri. Un lucroso affare gestito dai boss Bontade e Teresi che a Mangano, lo “stalliere” di Arcore, affidavano il denaro contante da portare a Milano nel doppio fondo della sua auto. Poi, quando arrivò la guerra dei primi anni Ottanta e i due capimafia furono uccisi, Mangano saltò sul carro dei vincitori e fu a questo punto, ha proseguito Grado, che anche per salvare gli investimenti del fratello Antonino su Milano 1 e Milano 2 si pensò di uccidere il Mangano, così da non permettere a Riina di approvvigionarsi di quel canale di riciclaggio.
Un progetto ambizioso per l’ala dei perdenti, in difficoltà sia economica che militare, che pensarono di chiedere aiuto alla camorra napoletana siglando un patto con il killer partenopeo Bruno Rossi, che ha già confermato la versione del pentito (anche se il progetto non andò mai in porto): gli scappati siciliani avrebbero effettuato degli omicidi a Napoli e i camorristi avrebbero ricambiato il favore a Palermo.
In risposta alle domande dei magistrati e approfondendo il tema del passaggio non solo di Mangano, ma anche di Dell’Utri, alla fazione vincente dei corleonesi Grado ha inoltre affermato con certezza che lo stesso passaggio sarebbe avvenuto. E che Dell’Utri avrebbe continuato a riciclare denaro e a svolgere rapporti di cerniera tra Cosa Nostra e gli investimenti milanesi, in particolare di Silvio Berlusconi.
Un momento importante, ha sottolineato in aula il Pg Patronaggio, perché servirebbe a provare, così come richiesto dalla Corte di Cassazione che ha annullato con rinvio la sentenza di secondo grado che aveva condannato l’imputato a 7 anni di reclusione, che i rapporti tra il senatore e Cosa Nostra erano proseguiti tra il 1978 e il 1982 – quando Dell’Utri lasciò Berlusconi per andare a lavorare presso l’imprenditore Rapisarda – e anche oltre, negli anni Ottanta.
Questa mattina la difesa del senatore si è opposta all’audizione del pentito e del collaboratore napoletano Rossi, e la decisione della Corte in merito alla richiesta del Pg arriverà solo alla prossima udienza, dopo le osservazioni della difesa, che si è riservata il tempo necessario per leggere i verbali presentati dall’accusa. Processo rinviato, quindi, al 17 ottobre quando sarà ascoltato in aula il banchiere in pensione Giovanni Scilabra. Il suo interrogatorio era previsto per oggi, ma il teste non si è presentato opponendo il legittimo impedimento per problemi di salute. Richiesta respinta dalla Corte che ha già disposto l’accompagnamento coattivo.
Era stato il pg Luigi Patronaggio, nel corso della prima udienza del nuovo processo d’appello, a chiedere che fosse ascoltato Scilabra. Che nel 1987 avrebbe ricevuto la visita di Vito Ciancimino e Marcello Dell’Utri, i quali gli avrebbero chiesto, senza riuscire ad ottenerli, “20 miliardi delle vecchie lire in prestito per le aziende di Silvio Berlusconi”. L’incontro risalirebbe al 1986, quando Scilabra era direttore generale della Banca Popolare di Palermo del conte Arturo Cassina, alias “il re degli appalti stradali”. Per il pg Patronaggio il suo racconto proverebbe i rapporti tra Dell’Utri e don Vito, sempre negati dall’imputato.

Fonte:Antimafiaduemila