Provenzano e la Diaz

di Saverio Lodato – 6 luglio 2012

Molti si sono stupiti che alcuni funzionari di polizia, pesantemente condannati dalla Cassazione per essere risultati coinvolti nella “macelleria messicana” della Diaz, siano gli stessi che negli anni si erano distinti, con onore e con orgoglio, nella cattura di super latitanti mafiosi e nella risoluzione di grandi “gialli” italiani. Ma quanto accadde a Genova nel luglio 2001, non poteva essere giustificato in forza di alcuna “ragion di stato”, sembra dire la sentenza della Cassazione che ha messo la parola fine sotto una vicenda processuale durata undici anni. E che non tutti i colpevoli siano stati condannati, non è buon argomento per sostenere che dovessero essere assolti quegli imputati le cui responsabilità, invece, sono state accertate oltre ogni ragionevole dubbio. Funzionari di polizia di alto livello dovranno così lasciare il lavoro, nonostante siano stati fra gli uomini di punta, in Italia, nella lotta alla mafia. Può dispiacere, ma è giusto che sia così.

Sarebbe stato infatti aberrante che la cattura di un boss come Bernardo Provenzano fosse considerata una sorta di “licenza speciale” per dar vita a quella temporanea “sospensione della democrazia”, che non si era mai vista in un paese occidentale, come osservò a suo tempo Amnesty International,  in riferimento ai fatti di Genova. In altre parole: parlare di mafia e lotta alla mafia, in un caso come questo, significa andare fuori tema. P.S. D’altra parte, nessuno impedisce ai funzionari di polizia condannati, ora che verranno estromessi dal loro corpo di appartenenza, di rivelare i nomi dei superiori che diedero loro gli ordini, o quelli di quegli uomini politici di governo che vollero fare del G8 a Genova una inaudita prova di forza contro i movimenti giovanili. Certo, resterebbero condannati; ma dissiperebbero il velo dell’omertà, contribuendo così a cancellare lo sfregio nell’immagine della polizia italiana agli occhi di un’intera generazione giovanile. E non sarebbe merito di poco conto.     

Fonte:Antimafiaduemila