Preti pedofili, la marcia delle vittime. Altre quattro denunce a Trento. "Io bimbo sordo violentato sotto l'altare"

Un’altra pagina nera della pedofilia nella Chiesa. Il nuovo caso emerge dal passato di quattro trentini, ora cinquantenni, che hanno denunciato gli abusi sessuali all’Istituto per sordi de Tschiderer di Trento, fra gli anni Sessanta e Settanta. Le loro storie riemergono dai cupi tormenti di quegli anni e l’accusa è stata sottoscritta con nomi e cognomi. I reati sono cancellati dal tempo, tuttavia si portano dentro il dramma di quegli anni. In quell’istituto che avrebbe dovuto rappresentare il loro inserimento nella vita sociale e il loro futuro, intitolato al beato Giovanni Nepomuceno de Tschiderer.

CHE QUALCOSA di strano succedesse in quell’istituto dietro la Curia trentina lo sapevano in molti. “C’era un andirivieni di soldati dall’ufficio del direttore, don L.D., a volte anche cinque o sei per volta e stavano dentro per ore”. Non sono solo i ragazzi che ricordano quegli episodi, pure le persone che lavoravano lì lo confermano. La caserma era poco distante e i militari, tutti ventenni, venivano in divisa e prima di uscire dall’istituto ricevevano un compenso. Sarebbe stata anche presentata una denuncia al Tribunale di Trento per i comportamenti del direttore, forse da un militare, ricorda un sordo, che ha preso visione del fascicolo processuale. La Procura di Trento avrebbe infatti condotto le indagini, ma non avrebbe riscontrato reati e la denuncia fu poi archiviata. Ma non era solo il direttore che molestava i ragazzini. Flavio ricorda: “Ho frequentato l’istituto sordomuti di Trento dal 1966 al 1973. Il pomeriggio, durante la scuola, don A.S. mi toccava il culo, tutto il corpo a me e al mio compagno. Quasi tutti i giorni, io avevo sei anni”. I racconti sono abbastanza simili: abusi e violenze di vario genere da tre preti su circa cinque presenti in quegli anni, tra il ’60 e ’70. Allora l’istituto trentino era frequentato da circa 40 ragazzi, c’erano poi quattro assistenti, cinque preti, un maestro e una maestra. I ragazzini erano spesso figli di gente povera e per loro avere un figlio sordo era un ulteriore aggravio di una vita già difficile. L’istituto rappresentava per queste famiglie la speranza che il loro figlio riuscisse a imparare a farsi capire e a trovare un lavoro. Era quello che desiderava la famiglia di Sergio, diventato sordo a tre anni: “Io avevo quattro anni la prima volta che entrai all’istituto. Le difficoltà erano enormi e fra noi bambini cercavamo di farci capire con le mani, con i segni”. Ma anche per lui arriva l’orco: “In prima elementare don A.S. mi toccava il pisello. Tutti i giorni, anche quando facevo la doccia, ogni sabato, don G.B. veniva da me e da altri bambini. Questo è successo fino agli otto anni. Ho visto spesso i militari andare nell’uf ficio del direttore. Sono uscito dall’istituto nel 1979 e ho avuto problemi psicologici e difficoltà di rapporti con le donne. Il mio primo rapporto è stato a 23 anni con una prostituta”.

I RAGAZZINI dor mivano nell’istituto e nelle loro camere arrivavano di notte alcuni preti, che s’infilavano fra le lenzuola. Anche nel letto di Renzo: “Don L.D. è venuto nel mio letto, mi sono spaventato e non sono più riuscito a dormire”. Tolta la tonaca, i preti a volte accontentavano le loro perverse voglie con palpeggiamenti, ma a volte non si fermavano. Non c’e ra n o luoghi sacri da rispettare. Paolo racconta quello che gli succedeva durante la confessione. “Dopo tre o quattro anni ho preso la Prima Comunione e sono andato a confessarmi da don A.S., mi sono inginocchiato e lui è venuto quasi sopra di me. Io recitavo le preghiere e lui mi toccava e pretendeva che lo toccassi e gli facessi altre cose. È successo ogni settimana, quando andavo a confessarmi, per tre anni”. Uomini che ora, a distanza di molti anni e dopo lunghe sofferenze, hanno trovato il coraggio di ritrovarsi e raccontare gli abusi subiti in un istituto che pensavano fosse la loro speranza e la loro salvezza. E a Verona ieri hanno marciato in centinaia contro gli abusi sessuali su ragazzini sordi all’istituto Provolo, accaduti circa trent’anni fa. Slogan e manifesti, soprattutto contro il vescovo di Verona, Giuseppe Zenti, che finora non ha fatto nulla contro i preti colpevoli degli abusi, benché la commissione presieduta dall’ex magistrato Mario Sannite abbia accertato le violenze e i preti abbiano confessato. Nel corteo anche gli onorevoli Maurizio Turco e Maria Antonietta Coscioni che presenteranno due iniziative: la richiesta al Parlamento di istituire una commissione d’inchiesta sugli abusi nella Chiesa e alla Cei di promuovere una commissione indipendente per l’apertura degli archivi diocesani, com’è accaduto negli Stati Uniti, in Irlanda e in Belgio.

 


 

“IO, BIMBO SORDO VIOLENTATO SOTTO L’ALTARE ” Nuova denuncia a Verona Stavolta è l’istituto religioso Gresner

di Paolo Tessadri da il Fatto quotidiano del 30/06

Per troppi anni ha taciuto, mentre la rabbia gli esplodeva dentro. Ora ha trovato il coraggio di parlare, anche con l’aiuto della madre: “Per quasi una decina di anni ho subito le violenze di tre sacerdoti, ma soprattutto di un giovane prete. Hanno cominciato che avevo tre anni e gli abusi sono proseguiti fino a 12 anni, quando lasciai l’istituto”. Giuseppe Consiglio ha 22 anni e i fatti risalirebbero a dieci anni fa, all’istituto religioso Fortunata Gresner di Verona. Proprio di fronte all’istituto Provolo, teatro di orchi seriali, dove sessanta ex allievi sordi hanno denunciato le violenze di una ventina di preti, avvenute per t re n t ’anni, fino al 1984. Al Gresner, invece, gli abusi sessuali sarebbero proseguiti fino al Duemila. Non ci sarebbe, dunque, prescrizione per reati così recenti. Giuseppe, sordo, si fidava: mai avrebbe immaginato di diventare vittima dentro le mura di uno dei simboli della carità della Chiesa. In un istituto specializzato per rendere migliore la vita a bambini sordi, gestito dalle suore della Compagnia di Maria per l’educazione delle sordomute, sull’esempio dell’Istituto Provolo. Poi, negli anni, diventato istituto misto e ora centro di formazione professionale. Ma come al Provolo il dramma dei bambini sordi, e ancora più indifesi di un qualsiasi bambino, si è consumato sotto l’altare. In quell’istituto ci andava per le funzioni religiose anche quel giovane sacerdote, che allora aveva circa 25 anni, e lì sono cominciate le violenze, all’insaputa delle suore, sospetta Giuseppe.

GIUSEPPE sa che da domani potrebbe essere additato in pubblico come il ragazzo abusato, ma prende coraggio e trova la forza di raccontare. “Quando avevo tre anni la mia famiglia si spostò dalla Calabria a Verona. Io sono nato sordo e giù non c’erano istituti specializzati”. Ha, infatti, riconoscenza verso l’istituto, “perché a scuola ho cominciato a parlare ”. Ma è proprio nel luogo più sacro, tra le mura della Chiesa del Pianto, davanti al crocifisso, che sono cominciate le violenze. “Mi toccavano nelle parti più intime, piangevo anche tre volte la settimana, ma loro non si fermavano. Lo facevano anche quando andavo a confessarmi, in una stanza, quando eravamo faccia a faccia”. Niente e nessuno fermava soprattutto un giovane sacerdote, non c’era pietà per quel bimbo che aveva l’età per andare alla scuola materna. Non ricorda più il nome di quel prete, lo ha rimosso a forza dalla mente. Ma le cicatrici di quei torbidi momenti sono rimaste su quel dramma vissuto a lungo e taciuto per troppo tempo: “C’erano tre preti, due giovani e uno più anziano”. Giuseppe avrebbe avuto le attenzioni e gli abusi da tutti e tre, ma uno era il più cattivo, quello “giovane, attorno ai 25 anni, che aveva la pelle chiara, magro, alto di statura. Con lui andavamo solo per la messa e la confessione. Lui non dormiva all’istituto Gresner, ma al P rovo l o ”. Giuseppe ne parla con sollievo, per non aver dovuto subire il tormento anche di notte. Ricorda anche l’aspetto dell’anziano prete, “con gli occhiali e quasi calvo. Io sono rimasto per un certo periodo completamente solo a Verona, perché mia madre andò in Calabria a prendere i miei fratelli. In quel periodo non parlavo e non riuscivo a capire e il prete ci ha obbligati a non parlare. Ci faceva paura, avevo paura che mi succedesse qualcosa di brutto”.

Le violenze non sarebbero state solo sessuali. “Una psicologa mi diceva che mia mamma mi aveva abbandonato, ma non era vero, era andata in Calabria per i miei fratelli”. Giuseppe apre uno squarcio ancora più inquietante, pensa di essere stato “una delle prime vittime” di quel giovane sacerdote, in un crescendo di violenza: “Prima mi toccava solo, poi pretendeva sempre di più. Voleva anche che lo baciassi, mi faceva schifo. Ero nervoso, mi allontanavo, ma lui mi teneva fermo, poi mi diceva di non parlare”. Un racconto dell’orrore con altre vittime. “Io sono stato il primo, poi è toccato ad altri, almeno quattro, subire le violenze di quell’uomo. Però continuava ad abusare anche di me, finché sono andato via, a 12 anni”. È più di un sospetto che altri ragazzi sarebbero stati abusati, Giuseppe ne è certo: “A Ferrara del Monte Baldo, nella colonia montana del Gresner, facevamo tra noi ragazzi quello che ci facevano quei tre preti. È allora che abbiamo scoperto il significato della parola omosessuale”. Con qualcuno Giuseppe è ancora in contatto e uno dei ragazzi abusati ha ora gravi problemi di socializzazione: non esce più di casa, non parla con nessuno, evita ogni contatto con le per sone. Ha cercato inutilmente di dimenticare e non ha più voluto fare il chierichetto per non rivangare il passato. Ha pure cancellato la Chiesa dal suo presente. “Non ho parlato con nessuno, mi dicevo che era troppo tardi, anche se con qualcuno volevo confidarmi. Ma mi prendeva lo stomaco, stavo male e se parlo, mi dicevo, che cosa mi succederà? Ero terrorizzato”.

HA RIVELATO il suo insopportabile segreto solo poco tempo fa, quando “ne ho parlato con mamma, perché pensava fossi gay. Si è messa a piangere. Adesso, davanti a voi, mi sento come spogliato” rivela a Giorgio Dalla Bernardina e a Marco Lodi Rizzini, responsabili dell’Associazione Provolo, che in questi anni si è battuta contro la pedofilia e che per oggi ha organizzato una marcia contro gli abusi sessuali avvenuti per trent’anni all’istituto Provolo, fino al 1984. Un evento di risonanza internazionale a cui parteciperanno persone provenienti da Inghilterra, Olanda e Stati Uniti, con l’adesione di importanti organizzazioni internazionali contro la pedofilia. I manifestanti sfileranno fino in piazza Brà, sotto la sede del Comune del sindaco Tosi. Ed è proprio la firma del sindaco leghista che manca al patrocinio della manifestazione, che invece hanno dato Regione e Provincia.

fonte: ilfattoquotidiano