9 luglio 2012, l’urlo di verità scuoterà via D’Amelio e i “palazzi” romani.

Sembrava che non arrivasse mai ed invece eccoci a ridosso del 19 luglio: giorno che gli italiani onesti non dimenticano facilmente, giorno che tutti i palermitani ricordano con amara sofferenza. Quest’anno il 19 luglio è diverso: sono passati vent’anni e si è lontani dalla verità, ma vicini alla resa dei conti. La strage di via D’Amelio, ancora oggi è ammantata da un mistero non tanto velato. Un mistero che rappresenta la “vergogna italiana” per eccellenza. Depistaggi, papelli, pizzini, trattative, Agenda Rossa di Paolo Borsellino, rubata; un mix di “porcate” dolose, con un intermezzo ancor più aberrante e vergognoso, aver elargito con estrema noncuranza degli interessi generali dello Stato, ancorché quelle dei familiari delle vittime delle stragi del 92/93, centinaia di regalie ad personam, non rinnovando il regime del 41/bis a mafiosi di Cosa nostra. Lo Stato, oltre a calarsi le braghe, si è dimenticato che parecchio sangue, oserei dire a fiume, era stato versato da uomini che in forza all’etica e morale, avevano accettato l’estremo sacrificio dimostrando attaccamento al Paese. Inermi cittadini e innocenti bambini, hanno pagato con la vita una “lotta” tra mafiosi, indegni politici e uomini delle istituzioni. Questa è la vera cruda realtà. Dagli anni 80 sino al 93 la legalità in questa Paese è stata congelata, è stato esercitato un potere condiviso tra mafiosi e taluni politici, i cui interessi erano molteplici. E gli Uomini che s’erano messi di traverso a quel scellerato patto, mettendosi al servizio della legalità, hanno pagato con la vita. Lo hanno fatto consapevolmente, restando a fianco della gente onesta, pur sapendo che erano diventati “morti che camminano”. E, ciononostante si sono immolati per far diventare l’Italia, un Paese di uomini liberi da condizionamenti e strapotere mafioso. Ma mentre loro, ligi allo Stato di diritto, altri, ovvero il politici e uomini delle Istituzioni collusi, scavavano un fosso tra l’Italia degli onesti e i mafiosi di Cosa nostra, concedendo a quest’ultimi riconoscimento di controparte. In buona sostanza, con gli atti in epigrafe, lo Stato ha abdicato a Cosa nostra. E le nostre vittime? Uomini, diventati non più Uomini, per volere di chi, vigliaccamente ne ha disconosciuto valenza esistenziale. Si! Politici, vorrei definirvi con una semplice parola, ma per rispetto ai miei colleghi ai carabinieri e ai magistrati morti ammazzati, non la scrivo, Tuttavia, sono certo che in tanti leggeranno nel mio pensiero.

Plaudo e condivido la decisione di Salvatore Borsellino, fratello del magistrato Paolo, ossia che nessun politico debba “profanare” via D’Amelio. Da parte mia aggiungo, in ricordo dei miei rapporti con il dottore Paolo Borsellino, che prenderei volentieri a pedate nel sedere chi inopinatamente si presentasse in via D’Amelio. Via D’Amelio, non appartiene a loro, ma a noi che giorno, dopo giorno, per 365 giorni all’anno, urliamo la richiesta di verità. E, voglio qui ringraziare i magistrati Ingroia e Di Matteo, che ci stanno facendo assaporare un futuro di verità su via D’Amelio. Futuro, ermeticamente chiuso anzitempo da altri che avevano l’obbligo morale di far luce sulla strage ed invero hanno fatto calare la nebbia. Ma, la resa dei conti è vicina, molto vicina. Vent’anni di bugie saranno smascherate e finalmente potremmo urlare verità è stata raggiunta!

La sete di verità la urlerò e la urleremo in tanti in via D’Amelio, per Paolo, Emanuela, Walter, Agostino, Vincenzo e Claudio e che le nostre urla aiutino Ingroia e Di Matteo a scrivere i nomi degli autori e mandati della strage di via D’Amelio.

fonte: http://www.19luglio1992.com/