Porre un limite alle ambizioni

di Federico Frascarelli – Megachip

Dopo vent’anni dal primo vertice mondiale che si tenne sempre qui a Rio risulta evidente il fatto che anche questa volta le governance mondiali non troveranno nessun accordo su cosa fare e come operare per trovare una soluzione ai problemi di gravissima natura che sta attraversando la terra e la popolazione mondiale: crisi ambientale, crisi del sistema economico, crisi finanziaria, cirrosi sociale, crisi energetica.

La parola d’ordine oggi più che mai è il limite. Indicatore inevitabile di separazione fra epoche distinte determinanti di quello che era possibile un tempo da quello che oggi non lo è più.

Le ambizioni delle generazioni umane dell’eta industriale e post industriale hanno assistito a cambiamenti di portata straordinaria ed eccezionale. La grande avanzata di quei paesi che vent’anni fa erano il sud del mondo e contavano molto marginalmente al primo vertice di rio sullo sviluppo sostenibile oggi sono la realtà che invece ha gli stessi obbiettivi dell’occidente e che difficilmente abbasserà le proprie aspirazioni di crescita.

Una fetta significativa dell’umanità, circa 4 miliardi di persone fra cinesi, indiani e brasiliani si sta avvicinando al mercato dei consumi di massa facili come li abbiamo conosciuti noi. Cambiano gli attori, cambiano i numeri ma non cambia lo scenario, il teatro di riferimento la terra, sempre la stessa, che ogni anno, nel suo insieme non è in grado di rigenerare le risorse naturali che l’uomo consuma. Il deficit ecologico è palese ed evidente, un limite di cui l’elite governativa mondiale non vuole evidentemente tener conto.

Il mantra è spietatamente chiaro. Soldi, solo, unicamente ed esclusivamente. È evidente dunque che l’unica proposizione che avrà una certa risonanza a Rio, al summit governativo è determinata dall’interesse del grande capitale ed ha un nome ed un cognome: green economy.

L’epoca geologica in cui viviamo è stata battezzata da Eugene F. Stoermer, come antropocene, per via dei grandi mutamenti che la terra ha subito nel corso di pochi anni per mano dell’uomo, paragonabili solamente a impatti naturali che di anni ne ha impiegati a migliaia. Dobbiamo ricorrere a noi stessi per recuperare i danni recati all’ambiente e tentare di evitare gli sconvolgimenti climatici di cui saremo responsabili e di cui le generazioni future ci imputeranno di esserne stata la causa nonché la maledizione.

Di fronte al limite ecologico, di fronte alla crisi economica, alla crisi del debito pubblico, alla pazzia totale che regna incontrastata, unica cosa a godere del diritto di sovranità popolare perché non saprei come altro chiamarlo, l’atteggiamento di noi comuni mortali nei confronti del potere dominante, possiamo fare poche cose: o continuare a subire varie modalità di sfruttamento che puntano a monetizzare l’ambiente o ribellarsi e riappropriassi della politica ormai completamente piegata alle lobby internazionali e alle grandi multinazionali.

È difficile a dirsi ma i nostri stili vita dovranno per forza cambiare; continuare a mentire, prima di tutto a noi stessi, in maniera cosi platealmente clamorosa e portare avanti qualcosa che non è fisicamente piu possibile equivale a mettere una croce sul nostro futuro. Niente sarà possibile senza un cambiamento prima che mai, di tipo culturale, di costume e di mentalità. La contaminazione sempre più ampia di culture alternative in grado di autopropagarsi fra la gente e di moltiplicarsi è la nostra principale speranza.

Oggi inizia il forum mondiale dei popoli per la giustizia ambientale e sociale dove i movimenti e la società civile si riuniranno per discutere e portare avanti un modello alternativo che i governi non fanno e non hanno interesse nel portare avanti.

Fonte:Megachip