Un miliardo di persone senza acqua potabile

Alla vigilia della presentazione del quarto rapporto mondiale delle Nazioni Unite sull’acqua (domani, lunedì 12) e del World Water Day (il 22 marzo) Unicef e Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) hanno appena annunciato che uno degli Obiettivi del Millennio è stato raggiunto: dimezzare entro il 2015 il numero di persone senza accesso all’acqua potabile. Il rapporto «Progress on Drinking Water and Sanitation» afferma che già alla fine del 2010 l’89% della popolazione mondiale, circa 6,1 miliardi di persone, hanno avuto accesso a fonti migliorate di acqua potabile. Uno degli Obiettivi del Millennio approvati dall’Onu nel 2000 fissava il dimezzamento alla percentuale dell’88% della popolazione. Un secondo (non raggiunto) Obiettivo era correlato al parallelo dimezzamento delle persone senza adeguato accesso ai servizi igienico-sanitari. Bisognava arrivare al 75% entro il 2015, siamo al 63%, la proiezione è che si arrivi massimo al 67%.
Anche da questi dati emerge un quadro di crescente rischio e incertezza sulla disponibilità di acqua per i vari usi attuali. Il quarto United Nations World Water Development Report (Wwdr4) appunto intitolato a «Managing Water under Uncertainly and Risk» verrà presentato in anteprima domani pomeriggio a Marsiglia. Sono ben tre volumi, a differenza delle edizioni 2003, 2006 e 2009 in volume unico. Avevo studiato i precedenti, ho già scorso questi, vi sono dati, analisi, proposte, scenari sui quali ci sarà da meditare e agire a lungo. Teniamolo sott’occhio e cerchiamo di capire bene il contesto.
Le statistiche citate confermano sofferenze e dolori: quasi un miliardo di persone resta senza facile sicuro accesso ad acqua potabile (tanto più che la percentuale riguarda una popolazione in crescita demografica, pur più lenta del previsto), 2,5 miliardi non ha ancora accesso a servizi igienico sanitari, oltre 1,1 miliardi defeca all’aperto. In secondo luogo si tratta pur sempre di una media: vi è grande disparità fra regioni e paesi (oltre il 40% della popolazione che non ha accesso all’acqua potabile vive nell’Africa sub-sahariana), vi è grande disparità fra città e campagna (950 milioni del 1100 che defecano all’aperto vive in aree rurali, 626 in India). Gli eventi connessi ai cambiamenti climatici antropici globali, in terzo luogo, rendono più gravi e diffusi i fenomeni di scarsità d’acqua, soprattutto nelle aree già con minori precipitazioni medie, le aree secche (drylands), aggravando fame e povertà, inducendo migrazioni e conflitti. E, infine, sull’acqua gli Obiettivi e i rapporti dell’Onu scontano una certa subalternità al privato, alle grandi multinazionali. Come i precedenti anche il Wwdr4 viene diffuso dall’Onu all’interno del World Water Forum (il sesto Wwf), che non è un appuntamento Onu ma un processo pubblico-privato (molto discutibile, come sappiamo) «egemone» sul sistema Onu. A Marsiglia molte forze sociali, il sindacato e vari soggetti anche istituzionali contesteranno il Wwf, ribadiranno lotte e progetti contro la privatizzazione dell’acqua. In prima fila ci sarà il movimento italiano, che, anche con il successo referendario, ha raggiunto diffusa fama e meritato consenso internazionale.
Per svolgere un efficace ruolo «antiliberista» (ecologista e libertario) a livello internazionale molto ruota intorno all’idea di beni comuni e diritti della Terra. L’acqua è il «principio» della vita, il nesso originario, inestricabile ed evolutivo, tra vivente e non-vivente e tra vivente umano e vivente non-umano. Quasi tutti i conflitti in corso hanno stretta connessione con il controllo delle risorse idriche. Tutti i cambiamenti climatici provocano sconvolgimenti nei cicli idrologici. La stessa drammatica crisi economica ha conseguenze di emergenza immediata per chi soffre sete, fame, povertà. Ogni oggetto, ogni servizio, ogni bene può essere calcolato in termini di acqua utilizzata, inquinata, trasferita per produrlo.
L’Onu si è già dotata di un coordinamento sull’acqua, Un-Water, sempre più positivo ed efficace. Prima il Wwdr lo preparava solo l’Unesco, ormai è l’intero sistema Onu a presentarlo. Un-Water dovrebbe diventare una vera autorità, autonoma dal processo Wwf, sganciando la presentazione del Report Onu dal Wwf. Serve ora (ma a Rio+20 non se ne parla!) una Autorità Pubblica Mondiale per l’acqua e serve un piano globale delle Nazioni Unite che vada oltre il pur positivo ruolo di coordinamento avviato dalla Un-Water: acqua minima vitale da garantire a tutti, impegni vincolanti contro la sete, proprietà pubblica basata sul diritto umano e sul bene comune, principi pubblici di qualità gestione e controllo, attenzione agli equilibri delle specie e degli ecosistemi. In ogni bacino idrografico, goccia a goccia.
* coordinatore forum nazionale SeL Beni Comuni

Fonte:Ilmanifesto