Norme antiriciclaggio: Ior, ecco le carte che inchiodano il Vaticano sulla trasparenza

Altro che trasparenza, altro che collaborazione, altro che volontà di fornire tutte le informzioni a chi indaga. Il Vaticano non ha alcuna intenzione di attuare gli impegni assunti in sede europea per aderire agli standard del Comitato per la valutazione di misure contro il riciclaggio di capitali (MONEYVAL) e non ha alcuna intenzione di permettere alle autorità antiriciclaggio vaticane e italiane di guardare cosa è accaduto nei conti dello IOR prima dell’aprile 2011. A scriverlo nero su bianco sono le due massime autorità in materia dentro le mura leonine: il cardinale Attilio Nicora (ex presidente dell’Apsa, l’Amministrazione del Patrimonio della Sede Apostolica e ora presidente dell’Autorità di Informazione Finanziaria del Vaticano, l’AIF) e il professor Giuseppe Dalla Torre, presidente del Tribunale della Città del Vaticano.

Il Fatto Quotidiano è entrato in possesso di due documenti riservati, da loro redatti, che raccontano qual è, al di là dei comunicati della sala stampa, la vera politica della Santa Sede sul fronte antiriciclaggio. Una politica che nei fatti somiglia a quella di uno dei tanti paradisi fiscali del mondo. Il primo documento è firmato dal presidente del Tribunale Vaticano Giuseppe Dalla Torre del Tempio di Sanguinetto, professore di diritto e magnifico rettore della Lumsa (Libera Università MAria Ss Assunta) oltre che membro del consiglio direttivo dell’AIF. Si tratta di un parere legale richiesto dalla Segreteria di Stato alla massima autorità consultiva in materia giuridica nel Vaticano. In pratica il cardinale Tarcisio Bertone chiedeva a Dalla Torre di stabilire quale fosse la giusta interpretazione da dare alla nuova normativa antiriciclaggio introdotta da Papa Benedetto XVI nel dicembre del 2010 ed entrata in vigore nell’aprile scorso.

Come Il Fatto ha raccontato, nel Vaticano si erano distinte due linee diverse: la prima, sostenuta dal direttore generale dell’AIF, l’avvocato Francesco De Pasquale, puntava a spingere la banca vaticana, lo IOR, a collaborare con le autorità antiriciclaggio interne (AIF) e a fornire tutte le informazioni richieste dalla giustizia italiana, anche sui fatti precedenti all’aprile del 2011. La seconda linea, sostenuta invece dall’avvocato Michele Briamonte dello studio Grande Stevens di Torino, invece sosteneva che l’AIF non avesse quei poteri di ispezione sui movimenti bancari precedenti all’aprile del 2011. Ovviamente la lotta di potere tra AIF e IOR, la disputa tra De Pasquale e Briamonte, aveva un riverbero immediato nei rapporti tra Stati. Solo se avesse vinto la linea “collaborativa” dell’AIF le autorità giudiziarie e bancarie italiane sarebbero state in grado di mettere il naso (tramite il cavallo di Troia dell’AIF) nei segreti dello IOR. Altrimenti le indagini italiane in corso si sarebbero arenate.

Il Fatto aveva pubblicato il 31 gennaio scorso un documento riservato (“Memo Ior-AIF”) dal quale si comprendeva che stava vincendo la linea “non collaborativa” e che il presidente dello IOR e dell’AIF avevano tentato di coinvolgere il Segretario di Stato Tarcisio Bertone e il segretario del Papa, George Gaenswein, per convincere il Governo Vaticano a collaborare con l’autorità giudiziaria italiana. Sul memo si leggeva: “L’AIF (….) ha inoltrato allo Ior alcune richieste di informazioni relative a fondi aperti presso l’Istituto, cui quest’ultimo ha corrisposto, consentendo tra l’altro lo sblocco dei fondi sequestrati dalla Procura di Roma (….) Ultimamente, tuttavia la Direzione dell’Istituto ha ritenuto di riscontrare le richieste dell’Aif – relative ad operazioni sospette o per le quali sono in corso procedimenti giudiziari – fornendo informazioni soltanto su operazioni effettuate dal primo aprile 2011 in avanti”. Quando quel documento rivelato dal Fatto era stato ripubblicato 8 giorni dopo da La7 in tv, la Santa Sede aveva finalmente emanato un comunicato per smentire che il Vaticano non intendesse fornire informazioni bancarie sui movimenti precedenti all’aprile del 2011. “Non emerge la resistenza dello IOR a collaborare in caso di indagini o procedimenti penali su fatti precedenti al primo aprile 2011″.

Il parere di Dalla Torre dimostra il contrario e spiega perché i magistrati della Procura di Roma non stanno ricevendo le informazioni né per via di rogatoria, come raccontato in tv dal pm Luca Tescaroli, né tramite l’AIF, come è successo nel caso dei pm Nello Rossi e Stefano Fava che indagano il presidente dello IOR Ettore Gotti Tedeschi e il direttore generale Cipriani per violazione delle norme in materia di antiriciclaggio. Il parere di Dalla Torre dimostra che si tratta di una scelta voluta. Alla domanda di Bertone, se lo IOR debba rispondere all’AIF anche per le operazioni avvenute prima dell’aprile del 2011, la risposta del presidente del Tribunale è infatti un no tondo: la legge “non permette all’AIF l’accesso alle operazioni e ai rapporti intercorsi prima dell’entrata in vigore della legge”.

fonte:Ilfatto