Mafia, politica, affari e servizi. E’ il nord bellezza!

L’ARTICOLO COMPLETO NEL NUOVO NUMERO GIA’ DISPONIBILE IN PDF!
di Monica Centofante
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Una vera e propria holding mondiale del crimine. Il risultato di un progressivo processo di internazionalizzazione reso possibile da una pericolosa sottovalutazione del fenomeno.
Così la Direzione Nazionale Antimafia descrive l’evoluzione della mafia calabrese in un breve passaggio della relazione semestrale pubblicata pochi giorni fa. Denunciando la presenza di locali di ‘Ndrangheta in tutta Italia, oltre che in numerosi Paesi esteri. Insieme ai mutamenti ontologici dell’organizzazione favoriti ed accelerati da una “nuova generazione di ndranghetisti” in grado di interloquire con altre categorie sociali, “con rappresentanti delle istituzioni, con politici di alto rango, con imprenditori di rilevanza nazionale “. Non soltanto “il frutto esclusivo del clima di intimidazione e della forza intrinseca del consorzio associativo, bensì il risultato di una progettualità strategica di espansione e di occupazione economico-territoriale” che si svolge, oramai, “su un piano assolutamente paritario”.

E’ la sintesi di quanto emerso dalle tante indagini degli ultimi anni, in particolare dall’operazione Crimine, scattata nel luglio del 2010 sull’asse Calabria – Lombardia, la prima di una serie di importanti inchieste che hanno coinvolto il nord del Paese. Confermando quanto da anni denunciano a gran voce investigatori ed esperti del settore.
Le loro grida, soffocate dalle inquietanti tesi negazioniste di rappresentanti della politica e delle istituzioni, trovano oggi conferma nelle carte della magistratura. Ed emblematica è l’operazione condotta dalla Dda di Milano contro il clan Valle – Lampada, espressione territoriale dei potentissimi De Stefano – Condello, della quale trattiamo approfonditamente nel numero in uscita di Antimafia Duemila.
Nelle ordinanze di custodia cautelare firmate dal gip Giuseppe Gennari gli scorsi 30 novembre e 27 gennaio lo spaccato allarmante di una mafia perfettamente inserita nel tessuto legale, economico, politico e sociale della Lombardia. Dove le cosche hanno riproposto lo stesso modus vivendi ed operandi delle terre d’origine e dove gestiscono in autonomia affari milionari e controllo del territorio, senza mai perdere il contatto con la “casa madre”. Forti di una serie di coperture istituzionali provenienti anche da ambienti della magistratura e dei servizi segreti.
Tra gli aspetti più significativi emersi dall’indagine la candidatura diretta di un membro del clan al consiglio comunale di Cologno Monzese e la legittimazione sociale dei boss, tanto che Giulio Lampada, tra i massimi vertici della cosca, aveva ottenuto da Monsignor Tarcisio Bertone la nomina di Cavaliere di San Silvestro, in Vaticano. E, se non fosse intervenuta la magistratura, sarebbe potuto diventare Cavaliere del Lavoro e proprietario di una delle dieci concessionarie – insieme a Lottomatica, Sisal e Snai – autorizzate dai Monopoli di Stato per l’esercizio di apparecchi erogatori di vincite in denaro.
Il confine sempre più sottile tra nord e sud emerge chiaramente dalle carte dell’inchiesta tanto che Milano, sottolineano gli investigatori, rischia sempre più di diventare come Reggio Calabria.

Segue sul n. 68 di ANTIMAFIADuemila

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Fonte:Antimafiaduemila