GOVERNO MONTI – IL DITO NELLE PIAGHE

di Ferdinando Imposimato

Una breve analisi sul perche’ e’ caduto il premier ci induce a moderare l’ottimismo. Non e’ stata la inesistente opposizione a fare crollare il regime dopo 17 anni di malgoverno. La causa principale e’ stata nel crollo della borsa e nella perdita del 12 per cento del valore delle azioni di Mediaset. Si dice che l’ex Presidente del Consiglio, in un raro impulso di verita’, abbia esclamato: «il debito delle mie aziende supera il loro valore». E forse questo e’ vero. Forse Berlusconi ha compreso che la sola speranza di salvezza del suo impero economico era in un’altra amministrazione. E ha rassegnato le dimissioni, anche queste ad personam, per salvare se stesso e le sue aziende.
La seconda causa del crollo del Governo e’ stata nel suo abbandono da parte di molti dei mercenari. Di quegli stessi che si erano venduti al tiranno in cambio di qualche favore o prebenda, o della promessa di una ricandidatura. Erano ormai consapevoli che il despota non era in grado di offrire alcunche’.
Resta l’amarezza che il popolo italiano ha subito per ben 17 anni uno sciagurato politico come l’ex presidente del Consiglio, vergogna nazionale e fonte dei nostri guai piu’ gravi, soprattutto per la diffusione della corruzione, nella quale ha saputo coinvolgere anche l’opposizione, e per la paralisi del Parlamento, impegnato al servizio del premier.
Stando cosi’ le cose, la tragedia italiana resta l’assenza di alternanza, cardine della democrazia. Oggi l’opposizione e’ costretta a convivere con i responsabili principali del disastro, con i luogotenenti di Berlusconi. Sembra che l’attitudine a tollerare e apprezzare governanti corrotti e criminali sia una tradizione degli italiani. Lo diceva il padre dell’economia classica oltre due secoli fa: «In paesi dove gravi crimini restano frequentemente impuniti, le azioni piu’ atroci divengono quasi familiari e cessano di suscitare nella gente quell’orrore che tutti provano nei paesi in cui, invece, ha luogo una rigorosa amministrazione della giustizia».
Da BORGIA eBERLUSCONI
A dire queste cose e’ Adam Smith nel suo libro meno conosciuto, la Teoria dei sentimenti morali, che mi fu regalato dall’amico Paolo Sylos Labini. Ma Smith fece qualcosa di piu’, porto’ come esempio dei crimini di governanti impuniti Cesare Borgia e l’Italia del Rinascimento, con parole di una attualita’ sconvolgente: «In Italia pare che durante la maggior parte del secolo sedicesimo gli omicidi, gli assassini e perfino uccisioni a tradimento fossero divenuti quasi familiari ai ceti superiori».
Silvio Belusconi non e’ certamente Cesare Borgia, ma ha un curriculum di malefatte; e tuttavia non e’ crollato per le sue numerose illegalita’, i probabili collegamenti con mafiosi, gli episodi di corruzione di cui e’ accusato, la mancanza di ogni senso morale, i suoi continui attentati alla Costituzione repubblicana con leggi personali, le promesse a giovani fanciulle in cerca di lavoro, l’arroganza e assenza di rispetto per le regole della democrazia parlamentare. No, e’ crollato per il pericolo di default del suo impero economico dovuto alla sua incapacita’ e inaffidabilita’.
Ma il premier e’ caduto anche per la fuga dei mercenari da lui comprati. A questo punto viene in mente cio’ che scrisse Niccolo’ Machiavelli a proposito dei mercenari comprati dal principe: «Le arme con le quali uno principe difende el suo stato o le sono proprie o le sono mercenarie o ausiliarie o miste. Le mercenarie e ausiliarie sono inutile e periculose; e se uno tiene lo stato suo fondato in su l’arme mercenarie, non stara’ mai fermo ne’ sicuro, perche’ le sono disunite, ambiziose, senza disciplina, gagliarde in fra gli amici, in fra nimici vile». Una descrizione di straordinaria attualita’ della categoria dei venduti che ha “tradito” l’ex presidente del Consiglio, dopo avere tradito i partiti in cui furono eletti e gli elettori. E che oggi si sono organizzati in 35 schieramenti pronti ad abbandonare, alla prima occasione propizia, il carro di Mario Monti, per salire su altri carri piu’ convenienti e non per servire il bene comune. Ora fanno parte della maggioranza, mantenendo intatta tutta la loro spregiudicatezza, inaffidabilita’ e disponibilita’ a vendersi al miglior offerente.
Tornando al presidente Monti, esprimiamo la nostra speranza che egli sappia condurre con fermezza in gran tempesta una barca difficile da governare. Condividiamo la sua idea di tassare la ricchezza immobiliare, tralasciando la prima casa e dedicando attenzione ai patrimoni immobiliari, di favorire l’ingresso nel mondo del lavoro di giovani e donne, studiando una tassazione preferenziale per le donne per rendere possibile una conciliazione tra vita familiare e lavoro, la lotta all’evasione fiscale che continua ad essere un fenomeno rilevante, contenere i costi di funzionamento degli organi elettivi e delle societa’ partecipate, che oggi sono una causa fondamentale del dissesto del Paese per lo sperpero del pubblico denaro.

CORRUZIONE, MAFIE
A questo riguardo, ci permettiamo di notare due carenze nel programma di Monti: la lotta alla corruzione e al crimine organizzato, che sono le principali cause della rovina dell’Italia. Certo la guerra alla evasione fiscale e’ importante, ma non basta. Finora la battaglia e’ stata condotta da alcuni magistrati, spesso isolati e vilipesi, rei di avere scoperchiato pentole piene di feccia. Ancora una volta l’acume investigativo dei magistrati napoletani Vincenzo Piscitelli, John Henry Woodcock e Francesco Curcio ha portato alla luce il sistema di tangenti che ruota attorno a Finmeccanica. Lorenzo Borgogni ha cominciato a collaborare con la magistratura napoletana, ammettendo di essere il veicolo degli appetiti dei partiti.
Borgogni sta parlando dei rapporti tra la holding e le sue trecento societa’ controllate, da una parte, e la politica dall’altra. Svelando anche i meccanismi delle nomine imposte dai centri di potere dei partiti e delle correnti. Alcuni membri dei consigli di amministrazione delle societa’ controllate da Fimeccanica sono espressione del Partito delle Liberta’ e della Lega; e poi emergono contributi a giornali e giornalisti, contratti di consulenza e mediazione finanziaria. Sul fronte romano, un ottimo lavoro sta svolgendo in assoluto riserbo il pubblico ministero Paolo Ielo che sta scavando nel settore dei contributi dell’Enav a partiti e a singoli parlamentari. L’inchiesta e’ penetrata su un groviglio di rapporti che intreccia corruzione dei manager pubblici e finanziamento illecito della politica.
Il problema e’ che ancora non e’ stata affrontata di petto la questione centrale del debito pubblico: la corruzione in tutte le sue forme. A questo riguardo la Corte dei Conti ha spesso richiamato l’aspetto fondamentale della dilatazione della spesa, che spesso si presenta in forme non perseguibili per carenza di norme adeguate. Basti pensare che il nostro codice penale risale al 1930 e molte forme di delitti ancora non esistevano.

STRASBURGO DOCET
Dobbiamo ribadire che un rimedio efficace per la lotta contro la corruzione, in ogni sua forma pubblica e privata, sarebbe la convenzione penale di Strasburgo del 1999, approvata dall’Italia ma non ratificata. Nel sito della Camera dei Deputati esistono tre proposte di legge che non sono in via di approvazione, di cui la prima e’ stata presentata il 29 aprile 2008 e prevede la “Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, e della Convenzione civile del Consiglio d’Europa sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 4 novembre 1999”.
La seconda e’ stata presentata il 14 ottobre 2008 ed anche questa, alla data odierna, sembra non essere mai stata trattata. La terza, di analogo tenore, e’ stata presentata il 15 novembre 2010.
Nel sito del Senato e’ rinvenibile un altro disegno di legge, di iniziativa parlamentare, presentato il 26 giugno 2008 e finalizzato alla “Ratifica ed esecuzione della Convenzione penale sulla corruzione, fatta a Strasburgo il 27 gennaio 1999, nonche’ norme di adeguamento dell’ordinamento interno”. Tale disegno, che e’ in corso di esame in commissione, si raccorda alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dalla Assemblea generale dell’Onu il 31 ottobre 2003, firmata e ratificata dallo Stato italiano, non tiene conto della Convenzione penale del Consiglio d’Europa sulla corruzione.
La verita’ e’ che sono tutte finzioni, tutti trucchi per fingere di volere combattere la corruzione, senza ottenere risultati. Si teme che con quella legge sacrosanta, approvata persino dalla Svizzera, le mazzette che continuano ad alimentare in modo abnorme i partiti e le clientele e a pesare sulla intera collettivita’ siano stroncate nettamente, a scapito di tutti i corrotti, i peculatori, i malversatori e i truffatori.
Il punto cruciale e’ che la Convenzione di Strasburgo contiene norme efficaci che puniscono comportamenti corruttivi assai diffusi, come «il traffico di influenza» e «la corruzione privata», che sono causa di enorme sperpero del pubblico denaro ed oggi sfuggono a qualsiasi sanzione penale perche’ sono moralmente riprovevoli, ma penalmente irrilevanti. Al contrario, nel 2010 si e’ ripetuto il negativo fenomeno di norme, inserite in testi aventi oggetti diversi, dirette ad eliminare la responsabilita’ amministrativa-contabile su cui giudica la Corte dei Conti.

LE CRICCHE DEGLI APPALTI
Se il presidente Mario Monti non interviene nel settore della lotta alla corruzione, con la ratifica della Convenzione di Strasburgo, il debito pubblico sara’ destinato a crescere. Monti deve tenere conto anche di quelle opere pubbliche come il Ponte sullo stretto di Messina la cui mancata realizzazione ha provocato la richiesta di un miliardo di euro di danni a favore della Impregilo. E deve approvare anche la legge sugli appalti pubblici, che sono la principale causa della corruzione. Per spezzare il meccanismo degli imbrogli che abbiamo conosciuto per la Terza Corsia dell’autostrada del Sole, della Salerno Reggio Calabria e dell’Alta Velocita’.
La prima fase dell’imbroglio e’ quella della scelta delle societa’ concessionarie, che avviene a trattativa privata. Queste societa’ fungono da semplici intermediarie, non hanno alcuna struttura tecnologica e nessun operaio. Ma drenano una enorme quantita’ di denaro pubblico, garantendo l’esecuzione dell’opera con i soldi dello Stato. Le concessionarie appaltano i lavori a societa’ amiche, anche esse prive di cantieri, che accettano il ribasso apparente del 10%, ma in aggiunta accettano di pagare un 25 per cento sotto banco. Si tratta di miliardi di euro che vengono distribuiti sotto forma di tangenti ai partiti politici, alle correnti, agli amministratori, ai faccendieri e agli intermediari. Poi arriva la fase dei subappalti, in cui viene in evidenza il rapporto illecito tra imprenditori, politici e burocrati, a cui si aggiunge la componente criminale locale. Le imprese del crimine organizzato appaltano i lavori ad altre ditte che, si badi bene, sono quelle che lavorano realmente. A queste ultime va una somma che rappresenta il 10 per cento di quella iniziale.
Sicche’ su 10.000 miliardi, 9.000 finiscono in tangenti a politici e camorristi. E 1.000 miliardi servono a pagare le imprese che lavorano realmente a prezzi ridotti, con operai sottopagati e controllati dal crimine organizzato. Questo sistema e’ stato provato da indagini della Criminalpol, dei Carabinieri e della Guardia di Finanza. All’epoca preparammo un disegno di legge per la moralizzazione degli appalti, che nessuno volle approvare. Era stato studiato da magistrati ordinari, del Consiglio di Stato e della Corte dei Conti, oltre che da esponenti della Polizia Giudiziaria. Forse sarebbe bene che il primo ministro Mario Monti gli desse un’occhiata: potrebbe essere utile per contrastare la corruzione e ridurre il debito pubblico.

Fonte:Lavocedellevoci