Tiro al bersaglio

di Giorgio Bongiovanni

31 Ottobre 2011 –

Ieri il procuratore aggiunto Antonio Ingroia ha partecipato al congresso del PDCI e ha dichiarato di sentirsi un “partigiano della Costituzione”.

Come d’abitudine si è scatenata la reazione ormai automatica dei soliti Cicchitto (tessera P2 n° 2232) e Gasparri (neanche una tessera di consolazione per ora) che tra i compitini assegnati loro dal padrone hanno quello di annusare qualsiasi cosa dica il giudice Ingroia e abbaiare subito i loro acuti commenti.

Questa volta però il pm palermitano ha dichiarato chiaramente di avere, con quella frase, lanciato una precisa provocazione affinché si aprisse un dibattito “non certamente su Ingroia” ma su una questione fondamentale di questi tempi: “L’attacco ai principi democratici della nostra Costituzione”.

Inutile dire che si è messa immediatamente in moto la “macchina del fango”. Sta mattina Sallusti nel suo presunto editoriale pubblicato su un presunto quotidiano di informazione “il Giornale” vaneggiava sulla fede comunista del magistrato, ovviamente tagliando a metà il suo discorso e manipolandone il significato, e addirittura ne chiedeva l’immediata espulsione dalla magistratura e proponeva di rileggerne l’intera storia personale, soprattutto, manco a dirlo, riguardo al processo contro Dell’Utri.

Buffonate a parte, quello che invece inquieta, e molto, è quell’enorme fotografia di copertina che mette all’indice Ingroia e lo indica come bersaglio ben preciso da colpirsi qualora la mafia avesse bisogno di qualcosa in cambio di un grosso favore.

Vi ricordate quando Berlusconi venne colpito dalla statuetta del duomo e i vari cani da riporto accusarono Travaglio additandolo come il mandante morale dell’aggressione?

Ecco allo stesso modo, me ne assumo la responsabilità, io credo che se mai dovesse accadere qualcosa al giudice Ingroia (Dio non voglia!), questi signori che lo sbattono in prima pagina, compresi i vari Ferrara che non molto tempo fa aveva fatto la stessa cosa anche con il giudice Di Matteo, dovranno essere accusati di essere i mandanti morali.

Ingroia poi non è solo Ingroia, è in questo momento un simbolo per tutti quei suoi colleghi impegnati in prima linea nella ricerca della verità sulle stragi, sulla trattativa e sulle tresche tra mafia, politica e affarismo che avvelenano il nostro Paese fino alle sue fondamenta.

Quindi di Di Matteo, Scarpinato, Lari, Gozzo, Marino… e tanti altri delle procure di Palermo e Caltanissetta per restare in Sicilia, ma anche i vari Woodcock ecc, insomma di quei magistrati che sono fuori dalle logiche di palazzo e che in assenza di una vera politica con la P maiuscola e di anticorpi al cancro del malaffare, si trovano esposti a minacce e intimidazioni nemmeno velate.

La provocazione di Ingroia ha colpito nel segno, si agitano e scalciano gli ignobili politicanti aggrappati come sanguisughe alla bestia ferita e agonizzante che sbatte gli ultimi colpi di coda, ma siccome è una coda irta di aculei occorre vigilare perché questa non colpisca a morte i giusti.

Se accadrà i responsabili saranno da ricercare nell’entourage politico e mediatico di Silvio Berlusconi e della sua destra fascista, eversiva e mafiosa.

In effetti, se ci pensate bene, è un copione che abbiamo già visto!


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