Primo vescovo Usa che rischia il carcere per omissione in un caso di pedofilia

Il livello della tensione fra i vari gradi dell’amministrazione civile statunitense e la Chiesa cattolica si sta alzando, mentre si moltiplica il numero di fronti di conflitto. Per la prima volta un vescovo, si tratta di Robert Finn, e la diocesi cattolica di Kansas City-St. Joseph sono state incriminate dal tribunale della Jackson County con l’accusa di cattiva gestione di un caso di abusi. Le accuse nascono da una controversia di lunga data relativa a un sacerdote, Shawn Ratigan, accusato di detenzione di materiale porno-pedofilo dalla Clay County, e dal tribunale federale. Jean Peters Baker, procuratore della Jackson County, ha voluto sottolineare l’unicità dell’iniziativa: “E’ un’accusa significativa – ha dichiarato – un’accusa di questo genere non è mai stata elevata finora a mia conoscenza”.

La diocesi ha dichiarato che i suoi legali hanno già presentato una dichiarazione di “non colpevolezza”; e lo stesso ha fatto, secondo Gerald Handley e J.R. Hobbs, che lo difendono, il presule. “Il vescovo Finn nega qualsiasi comportamento criminale, e ha cooperato a tutti i livelli per l’applicazione della legge con il Grand Jury, l’ufficio del procuratore e la commissione Graves – ha dichiarato l’avvocato Handley -. Proseguiremo nei nostri sforzi per risolvere questa questione”.  

Il nodo della questione è relativo ai tempi dell’inchiesta. P. Thomas Reese, un gesuita molto noto e spesso critico dell’establishment ecclesiastico ha sottolineato la novità dell’accusa. “Per un vescovo essere incriminato è assolutamente straordinario. E’una prima ovlta. E in termini di Chiesa cattolica è un gesto straordinario, che da il segnale di come i tempi siano cambiati. Né la gente, né il governo sono disposti a tollerare qualsiasi atteggiamento che possa ricordare una copertura”.

Jean Peters Baker ha affermato con enfasi che la mossa giudiziaria è il risultato di un’inchiesta condotta dal Gran Jury. “Ho fatto del mio meglio – ha dichiarato la donna – per far sì che questo sia un processo giusto. Questo non ha nulla a che fare, assolutamente nulla, con la fede cattolica. Riguarda solo lo svolgimento dei fatti, e la protezione dei bambini”.

Il vescovo e la diocesi, secondo l’accusa, avevano una ragione credibile di pensare che Ratigan potesse essere pericoloso per i bambini, ma fra il 16 dicembre 2010 e l’11 maggio 2011 non hanno fatto nessuna denuncia alle autorità. Una prova della loro preoccupazione riguardo al comportamento di Ratigan con i bambini erano i loro sospetti, e la scoperta nel dicembre 2010 di centinaia di foto di bambini sul computer portatile di Ratigan, comprese alcune di natura certamente indicative di un interesse malato. Il vescovo e la diocesi dovevano avere peroccupazioni, riguardo a Ratigan, perché dopo la scoperta delle immagini gli è stato proibito di avere contatti con minori. Un funzionario della diocesi l’11 maggio 2011 ha sporto denuncia alle autorità civili.

Non sembra, a un esame dei fatti che ci sia stata volontà di copertura; tutt’al più la necessità di verificare sospetti e accuse particolarmente gravi, e lesive dell’immagine e della vita dell’accusato. Ma una legge dello Stato impone a tutti, senza distinzione, di denunciare possibili abusi su minori, se c’è un sospetto.

Il Grand Jury non ha rivolto accuse verso monsignor Robert Murphy, il vicario generale della diocesi e secondo in comando, che ha gestito la maggior parte dell’attività diocesana nei confronti del caso Ratigan. Come il vescovo, Murphy ha cooperato con le autorità che investigano sul caso, ed è apparso almeno due volte davanti al Grand Jury. L’accusa dunque rivolta alla diocesi è quella di aver saputo per cinque mesi dell’esistenza di fotografie sospette di ragazzine sul computer di Ratigan, e di non aver sporto immediatamente denuncia alla polizia. Nel maggio 2010 un responsabile di un scuola cattolica ha denunciato alla diocesi quello che gli sembrava un comportamento inappropriato di Ratigan con gli allievi. I superiori hanno ordinato a Ratigan di tenere un atteggiamento appropriato. A dicembre personale della diocesi ha trovato le foto sul computer di Ratigan; la diocesi ha detto di aver contattato un funzionario di polizia e di aver descritto alcune delle foto più significative, chiedendo se si trattasse di foto pedopornografiche, e la risposta è stata che non lo erano. La polizia ha confermato che il cap. Richard Smith ha dato la sua opinione; ma sembra che in realtà non abbai visto tutte le foto.

La diocesi ha sollevato Ratigan dai suoi doveri pastorali alla chiesa di St. Patrick e lo ha mandato a vivere in una casa missionaria a Indipendence. E secondo le accuse, mentre era là, ha cercato di prendere foto osé di una ragazzina di 12 anni. L’accusa nei suoi confronti è quella di possedere – e aver tentato di produrre – foto pronografiche. Dopo l’arresto di Ratigan, il vescovo Finn ha chiesto pubblicamente scusa per la sua gestione dell’affare. Il mese scorso, un’inchiesta commissionata dalla diocesi e guidata dall’ex procuratore Todd Graves ha rilevato che i leader diocesani hanno mancato di seguire le procedure da essi stessi stabilite nel caso di notizia relative ad abusi sessuali. “Individui in posizione di responsabilità hanno reagito ai fatti in maniere che potrebbero aver messo in pericolo la sicurezza dei bambini nelle scuole, nelle famiglie e nelle parrocchie della diocesi”.

Graves ha notato che l’inchiesta ha rilevato “inazione, mancanze e procedure confuse, ma siamo convinti che il vescovo Finn e la guida della diocesi capiscano la gravità del problema e prendano seriamente queste raccomandazioni”. La diocesi ha pubblicato l’inchiesta di Graves e Finn ha descritto le raccomandazioni “dettagliate, ponderose e esaustive. Capiamo la loro importanza e ci stiamo focalizzando su di esse così da stabilire chiare in equivoche procedure per tutto il personale della diocesi e i volontari allo scopo di assicurare la sicurezza dei nostri bambini oggi e nel futuro”, ha dichiarato il vescovo. Il massimo della pena sarebbe di un anno di prigione, e 1000 dollari di multa per Finn, e di 5000 dollari per la diocesi.

Fonte: lastampa.it