C’è poco tempo prima che esploda l’eurobomba

C’è poco tempo prima che esploda l’eurobomba Bisogna andare contro le regole per evitare di ritrovarsi in una situazione in cui non ci sarà più alcuna regola? È quello che pensa Jean-Paul Fitoussi, che senza mezzi termini indica la via dell’illegalità per salvare la Grecia e l’Europa tutta da una pericolosa spirale in cui sembra essersi avviluppata. L’economista francese parla dopo il deludente summit del Fondo monetario internazionale a Washington e i continui rinvii delle euronomenclature che continuano a lanciare proposte in cui nessuno sembra credere. Come l’aumento delle risorse a disposizone dello speciale fondo Salvastati (EFSF). E intanto la valanga dei debiti continua a rotolare, tra i sussulti dei mercati che, così come rispondono emotivamente a un annuncio azzardato (il piano da 3 mila miliardi), altrettanto rapidamente sono pronti a cambiare direzione al primo stormire di previsione negativa.

Se si arriva a pensare di infrangere la Costituzione europea, che pretende un’unanimità impossibile di tutti i Paesi membri, è perché è arrivato il momento di pensare l’impensabile, come ha scritto nei giorni scorsi il Financial Times, ricordando che la finestra per risolvere il problema dell’eurodebito si sta chiudendo molto più rapidamente di quanto i politici avevano previsto. Sono, quindi, giorni decisivi. Giovedì 29 Angela Merkel deve verificare se il Parlamento la segue nella sua linea europea, ratificando l’impegno economico nel fondo salvastati. Una votazione che condizionerà l’incontro dei ministri delle Finanze dell’Eurozona in programma il 3 ottobre. Una settimana dopo, l’11, toccherà alla Slovacchia ratificare le operazioni di salvataggio: è l’ultimo Paese a farlo e potrebbe bloccare tutto, anche se ha le dimensioni economiche di una ricca provincia italiana. Un passaggio decisivo in vista del nuovo incontro dei ministri economici, previsto il 13, che dovrebbero  deliberare gli aiuti alla Grecia, giusto sul limite del collasso. Metà ottobre è, infatti, indicato come il momento in cui cominceranno a mancare i soldi e si potrà davvero parlare di default. Se così accadesse, nel G20 d’inizio novembre avranno di che discutere e litigare. Anche perché, caduto un Paese, nessuno è in grado di  prevedere quel che potrebbe accadere. I cinici dicono che un fallimento ha anche i suoi vantaggi: si ricomincia da zero, le banche sarebbero più disposte a concedere prestiti, anche se a tassi elevati. Ma chi è rimasto scottato ci penserebbe due volte. E Atene dovrebbe dimostrare di riuscire a raccogliere risorse con nuove tasse. Ma se la «rottura» si allargasse, l’effetto domino sarebbe incontrollato. Ed è per questo che Barack Obama continua ad agitarsi di fronte all’inerzia dell’Europa e i giapponesi si dichiarano pronti a correre in soccorso.

La storia si ripete, in forme diverse. Nel 1927 venne sciolta l’Unione monetaria latina creata nel 1866 e arrivata a riunire ben 32 Paesi, ben oltre i confini dell’Europa. Anche allora Francia e Germania (si chiamava Prussia) litigavano e l’Italia aveva problemi fiscali. Ma a dare il colpo di grazia fu la Grande guerra. Nel Terzo millennio fortunamente non ci sarebbe spargimento di sangue. Ma di povertà, tanta povertà, sì. Ecco perché è il momento di pensare l’impensabile. Anche contro le regole.

Fonte: Panorama.it