41 anni dopo la scomparsa di De Mauro

di Aaron Pettinari – 17 settembre 2011
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Palermo, Via delle Magnolie 58, ore 21 e 10 del 16 settembre 1970. Il giornalista del quotidiano  ”L’Ora”, Mauro De Mauro, parcheggia e sul portone scorge la figlia Franca ed il fidanzato Salvatore, anche loro appena giunti. Avrebbero dovuto mangiare assieme a pochi giorno dal loro matrimonio. Anche loro si accorgono di lui e lo aspettano davanti all’ascensore. Passa qualche attimo. Franca torna sui suoi passi perché il padre, che avrebbe dovuto averli raggiunti, non arriva.
Giusto in tempo per sentire qualcuno dire “Amuninni!” e vedere il padre “con la faccia tirata”, allontanarsi in macchina in compagnia di altre persone. “Amuninni”, una parola detta con tono fermo, quasi di comando. E’ l’ultima volta che Franca vede il padre. Undici ore dopo la famiglia denuncia la scomparsa ed iniziano le indagini.

A distanza di quarantuno anni si è arrivati ad una prima sentenza processuale, per un caso che comunque sembea non avere mai fine.
L’unico imputato del rapimento dello storico cronista del quotidiano “L’Ora”, Totò Riina, è stato assolto, lo scorso 9 giugno dalla corte di Assise di Palermo, presieduta da Giancarlo Trizzino, dall’accusa di essere il mandante del sequestro e dell’omicidio del giornalista. I giudici nel dispositivo di sentenza hanno fatto riferimento all’articolo 530 comma 2 del codice di procedura penale che riguarda la “incompletezza della prova” con formula dubitativa.
Così è stata respinta la richiesta del carcere a vita fatta al termine della requisitoria dai pm Antonio Ingroia e Sergio De Montis. Ma la Corte non si è limitata a questo. Infatti sono stati trasmessi gli atti al Pubblico Ministero perchè proceda per falsa testimonianza nei confronti dell’ex funzionario del Sisde Bruno Contrada, dei giornalisti Pietro Zullino e Paolo Pietroni, dell’avvocato Giuseppe Lupis e di Domenico Puleo. Tutti avrebbero avuto un ruolo depistante nelle indagini e questo verrà approfondito in un nuovo dibattimento.
Il pm Ingroia durante la requisitoria aveva ribadito che “questo è un processo di mafia, ma non solo”. E poi ancora: “Non fu solo Cosa nostra a volere la morte del cronista de L’Ora c’erano anche altri ambienti e personaggi interessati, altre organizzazioni non mafiose alleate con Cosa nostra: dalla massoneria deviata alla destra eversiva golpista, dai servizi segreti infedeli a un certo mondo della finanza e della politica”.
Le dichiarazioni di vari collaboratori, tra cui Rosario Naimo, forse non sono state sufficienti a collegare la  scomparsa di De Mauro a Totò Riina, anche se la procura presenterà appello. Per quanto la sentenza possa generare “sorpresa”, questa segue comunque un percorso logico che solo leggendo le motivazioni si potrà svelare. E come ha detto lo stesso Ingroia, ora “la ricerca della verita’ sul caso De Mauro proseguirà su due fronti”. E con il processo bis ai “depistatori” si cercherà di capire chi e perché ha ostacolato appunto “la ricerca della verità”. E forse si scoprirà che il delitto “De Mauro” è in realtà un “delitto di Stato”.

Fonte:Antimafiaduemila